OTTUA-GENIARIO - COMPIE 80 ANNI IL NOSTRO PIU’ GRANDE LETTERATO TRAGICOMICO CHE A TEMPO PERSO E PER ALZARE QUALCHE SOLDINO HA FATTO L’ATTORE AL CINEMA E IL GIULLARE IN TV MA SEMPRE CONTRO I BUONI SENTIMENTI, IL CONFORMISMO, L'HAPPY END, L'ARTISTICAMENTE CORRETTO - AL MIELE MEJO LA MELMA – PAOLO: “FANTOZZI OGGI È SOLO UNO STRONZO”…

Andrea Scanzi per "Il Fatto Quotidiano"

Contro non poche Cassandre per fortuna non autoavveratesi, Paolo Villaggio è sopravvissuto a se stesso. Oggi compie 80 anni, portati in direzione quasi sempre ostinata e contraria, come scriveva e scandiva Fabrizio De André. Cantautore e poeta, ma più che altro - qui - amico. Da sempre. Scorribande, zingarate bastarde, improbabili Carlo Martello ritornanti, giornate da fannulloni, soprannomi eternati ("Faber") e concertacci in crociera senza Schettino (però con Berlusconi). Ogni volta che gli chiedono di ricordare l'amico, non ne nasconde - anzi piuttosto ostenta - i difetti.

La santificazione che ha caramellato post-mortem la cartolina di De André, anarchico ribelle mai stato comodo, lo fa oltremodo incazzare ("arrabbiare" sarebbe un anelito all'edulcorazione che con Villaggio nulla c'entra). I testacoda continui e le esagerazioni feroci non costituiscono un controcanto da silenziare, rappresentando piuttosto ciò che a Faber permise di divenire Faber.

Probabilmente dai diamanti non nasce niente, di sicuro il letame non è mai stato innocente. Per questo, contro se stesso, il peccatore (spesso impenitente) è eccome prossimo alla meraviglia.

Paolo Villaggio ha sempre odiato i buoni sentimenti, che è poi un bene contraffatto e di contrabbando. Detesta il conformismo, l'happy end, l'artisticamente corretto. Al miele preferisce la melma, all'anoressia intellettuale la bulimia totale. Il buonismo non l'ha mai intaccato, il cinismo lo ha sempre attratto. Fino al punto da lasciarsi da esso intridere. Con voluttà. La misericordia, nei suoi libri e film, non è mai esibita. Dall'annullamento - dal calvario, dal ridicolo - dei suoi personaggi deriva per contrasto l'ironica aspirazione a una dolorosa pietà. Alla sua creatura più nota, prima letteraria e poi filmica, non ha mai voluto male: odiarla era troppo facile, dunque banale. Il grande successo finisce col fagocitare l'artista: il cantante è noto solo per quella canzone, lo scrittore solo per quel libro. Villaggio, per non pochi, soltanto per Fantozzi.

Villaggio sa bene che quel ragionier-fantoccio ha oscurato i non pochi libri splendidi, il connubio con Gassman, i premi alla carriera (che gli attirarono l'invidia di tanti, su tutti Nino Manfredi), il talento scoperto a fine Sessanta da Maurizio Costanzo. Ugo ha ingoiato quasi tutto, anche i film con Ferreri e Fellini (che Villaggio, sempre per bruciare preventivamente il proprio santino, non si stanca di ridimensionare). Ma li ha ingoiato bene. Così doveva essere: la maschera come parte del tutto. Un tutto fatto di televisione pionieristica, teatro coraggioso e tormentoni ("Com'è umano lei", anche se di umanità tutt'attorno non ce n'è quasi mai traccia).

Carattere imprevedibile, che è spesso l'eufemismo per alludere a una lunaticità estrema ("Mi vuole intervistare? D'accordo, ma solo se mi chiama alle 5 del mattino". E non scherza). Goloso di provocazioni, da quella epidermica del look (le tuniche, le ciabatte) a quella forsennatamente cattivista (in radio, in tivù: e giù polemiche, che lo divertono come gli accadeva da ragazzo). Penna vivida, lessico surreale, fantasia rara (e fortunatamente deviata). Di "cagate pazzesche", ennesima immagine da lui eternata, ne ha collezionate pure lui. Soprattutto dalla fine degli Ottanta. E' il primo a saperlo. Quando recitava in Carabinieri o con Neri Parenti, è presumibile che non lo facesse perché irretito dalle sceneggiature.

Villaggio ha lottato contro Brancaleone, direttori megagalattici, belve umane. Sensibile come pochi alla ferocia quotidiana, suole esibirla fino al parossismo, come esorcizzazione apparentemente ilare di una contemporaneità implosa. Spesso gli artisti non sanno invecchiare. Villaggio sì, proprio perché non ha mai voluto invecchiare (men che meno bene). Coscienza più spietata che critica. Talento autolesionista. Vaccino alla melassa, antidoto al nulla telegenico. A volte antitutto, per certo antitaliano. Auguri, Paolo Villaggio. Anche se, quando qualcuno te li fa, avverti subito una gran voglia di mandarli (mandarci) a quel paese.

2. VI RISPONDO UNA VOLTA PER TUTTE: FANTOZZI OGGI È SOLO UNO STRONZO
di Paolo Villaggio per Il Fatto


Quasi ogni mattina al mercato rionale semi deserto dove mi avventuro, venditori di "fettine", "fruttaroli" e massaie rurali mi chiedono: "Come sono i Fantozzi di oggi?". Quasi ogni pomeriggio mi telefonano intervistatori di giornalini provinciali: "Scusi se la disturbo, ma le faccio la domanda che forse le fan tutti: che differenza c'è tra i Fantozzi dei suoi tempi e quelli di oggi?".

Rispondo una volta per tutte. Quelli degli anni '60 non erano soddisfatti della loro riuscita nella vita, ma si credevano parte di un miracolo economico e uscendo dalla Finsider o dalla Finmeccanica, pensavano di uscire dal grattacielo di vetro di un "colosso", da una impresa moderna e "galattica" (oggi siamo una pura colonia di compagnie multinazionali).

È anche vero purtroppo che i politici degli anni '70 avevano la vivacità del "furbetto", di colui che mette il banchetto delle tre carte in qualche sottopassaggio di una stazione. Quelli di adesso, invece, sono terribilmente opachi. Dei gentiluomini o delle signore a modo, lontanissimi da quell'aria rallegrante di "bauscia" e da quel coro di persone di bell'aspetto o di "pompinare".

Al confronto questa nuova casta ha vagamente l'odore di una nuova "destra" giustificata da una grande competenza tecnica. La Fornero sembra la caricatura di una signorina per bene di una certa vecchia Torino, e quando parla del lavoro subordinato sembra un'Alice caduta a Mirafiori anziché a Wonderland. Monti sembra un professore gentile, che fa la spesa in un supermarket a 200 metri da casa mia. Il problema è che, come aprono bocca, tutti questi signori parlano come i personaggi letterari creati da De Amicis. Sono piccoli patrioti, piccoli scrivani, maestrine dalla penna rossa.

I fantozzi di quegli anni si vestivano nelle maniere più disparate: spigati siberiani, pantaloni ascellari, cappotti che rendevano difficile le entrate e le uscite negli ascensori (molti dovevano quasi denudarsi per raggiungere il posto di lavoro). Avevano tutti degli odori diversi: di conigli, topi grigi e di cani bagnati in una giornata di pioggia. In ascensore, degli aliti come se avessero appena tracannato una tazza di merda.

Quelli di adesso sono lampadati nei solarium dal barbiere sotto casa. Hanno capelli a riccio, alla Balotelli, orecchini ad anello: quattro o cinque per orecchio, piercing sulla lingua, tatuati definitivamente come tutti i calciatori italiani e stranieri. Ovviamente tutti hanno comperato in centri specializzati i jeans stracciati sulle ginocchia, alle volte unghie con i colori dell'arcobaleno, con ascelle sudate devastanti. Sono tutti "presenzialisti" e vanno nel mese d'Agosto a lbiza a vedere i vip, credendo di farne parte. Con quelli di un tempo hanno in comune degli aliti tipo fogna di Calcutta nella stagione monsonica.

 

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