FINITE LE INAUGURAZIONI, VENEZIA SI è Già AMMOSCIATA - LA MARINI VUOLE SFILARE E MARIOTTI LA STOPPA - CRONISTI DELLA CARTA STAMPATA DETRONIZZATI DA RAGAZZINI CHE RECENSISCONO VIA TABLET IN TEMPO REALE - “GIANNOLI (REGISTA DI “SUPERSTAR”) RISCOPRE L’EFFETTO “RETARD” DELLA TV: “LA LASCIO ACCESA QUANDO SCOPO COSÌ VENGO PIÙ TARDI” (RIEDIZIONE DEL “VENGO DOPO IL TIGGÌ” DI ARBORE?) - CHI COMANDA ALLA MOSTRA? I SUPERSPONSOR LANCIA, MOËT E L’OREAL…

Malcom Pagani per Il Fatto Quotidiano

Volo Roma-Venezia di mercoledì, ore 13:15. Voce cantilenante, ossessiva: "Spegnete i telefonini, per carità di Dio". A Venezia, Valeria Marini voleva arrivare ad ogni costo. Sfilare sullo stesso Red Carpet di Marina Ripa di Meana, occasionale compagna di viaggio aereo con corna d'ordinanza, ammessa tra mille onori sul tappeto, nel Festival della sventolata sobrietà.

Trattativa serrata, nelle mani di Franco Mariotti, storico consulente di 30 anni di Lido. Frase preferita, propinata ai veri affetti come agli sconosciuti: "Come stai? Amico mio!" e diplomazia vana: "Valeria, abbi pazienza, ma io che ci posso fare?" sovrastata dall'unica vera leonessa vista finora. Fatta giustizia e archiviate passerelle, proteste, ministri di diporto e cene inaugurali, Venezia si scopre già affaticata.

Mentre i turisti dell'orrore si mettono in posa davanti all'inquietante voragine dove in luogo del sognato Palazzo del cinema, giace l'incubo dell'amianto: "Ma hai visto i teloni di plastica con le pietre sopra, sarà mica pericoloso?" e poliziotti abbigliati come a novembre in Alaska imprecano barocchi contro i superiori: "Lascialo perdere il capo, quello c'ha più complessi dei cantanti del primo maggio", altri si saziano.

Con le nuvole in testa, la musica molesta degli altoparlanti e l'umidità di Managua, all'ora del desco, sembrano sandinisti anche i moderati. Bruno Vespa e augusta consorte, dottoressa Iannini, a pranzo, tra i comuni mortali, con piatti di plastica e improbabili cous cous al Bar due leoni, divisi tra confuse passioni: "Ho visto un bellissimo film, mi creda. A proposito, ma al Fatto avete davvero le intercettazioni del Presidente?".

Altri cronisti (e le loro abitudini trascinate da una sala all'altra) detronizzati e sempre più irrilevanti. Gadget da grande albergo. Reliquie. Lo certifica un ciclostile appoggiato alle transenne: "Si informa che l'edicola si trova dentro l'Hotel Excelsior" e lo dimostra il brulicante formicaio che dividendo panini di dubbia provenienza, si riunisce carbonaro al termine di ogni proiezione.

Ragazzini moderni, armati di computer, gente rapida. Recensiscono in tempo reale anche il documentario uzbeko, rendendo modernariato il quotidiano del giorno dopo e nervosi, inviati già confinati in alberghi lontanissimi dagli antichi fasti. "Il direttore mi ha detto di tornare martedì, non era mai accaduto, è uno scandalo".

La festa sta per finire, Internet domina, la competenza dicono stizziti i depositari del verbo "è diventata un lusso" e anche i film in concorso non stanno tanto bene. Nella medesima linea filologica della liberalizzazione dei mestieri, si è mosso il secondo film in competizione, Superstar del francese Giannoli. "Oggi qualsiasi coglione può girare un film con un telefonino" dice l'autore di un programma tv che tanto ama il mezzo, da lasciarlo acceso al massimo volume, per lo sgomento dell'amante (la magnetica Cécile De France) anche quando scopa: "Così vengo più tardi".

Nella crisi di identità di Martin Kazinski (il dimesso, credibile Kad Merad, operaio informatico improvvisamente illuminato da un'effimera fama da reality che lo trascinerà a fondo) scorre il tema, non proprio originale, dell'individuo comune cannibalizzato dai media: "Quel che non è successo può sempre succedere".

Seconda carta in gara e seconda mezza delusione. Se ascesa e caduta dell'uomo senza qualità sono sostenuti da dialoghi parafavolistici e parodie degli squali mediatici molto divertenti e l'affresco della solitudine dell' idiota dostojesvskiano è efficace, il regista non resiste, farcendo l'ultima mezz'ora di moralismo.

Quando in conferenza evoca persino Strauss-Kahn, pare un ricordo anche l'ovazione del mattino. Bivaccando fuori dalle sale, sognando la Biennale e le visioni di Norman Foster, si svelano arcani e spoetizzanti segreti di Pulcinella. Cosa saranno mai i parallelepipedi rossi che cingono da destra a sinistra l'architettura della Sala Grande?

Petali di fiori, figure geometriche, unghie giganti? Ma no, ingenui. Solo stilizzazioni della Lancia che qui insieme a Moët & Chandon e l'Oreal (la giurata Casta ne è addirittura testimonial, altro che il risibile conflitto di interesse di Kasia Smutniak) scrivono tavole e dettano legge. Questione di identità. Quella trasfigurata del grande Cimino, approdato per presentare la versione restaurata de I Cancelli del Cielo:

"Essere tristemente famoso non è divertente", quella dei protagonisti del bellissimo documentario di Vincenzo Marra, quella dei familiari di Giovanni Falcone e l'ultima, stropicciata, di Valerio Mastandrea (metamorfosi impressionante e prova eccellente) ne Gli Equilibristi di Ivano De Matteo, produzione Rai Cinema, distribuzione Medusa (altro che compromesso storico) e viaggio all'inferno di un padre ai margini, in rotta con la moglie, che pur di non mostrarsi debole davanti ai figli, lavora al comune di giorno, ai mercati generali di notte, dorme in macchina, mangia alla Caritas e finisce quasi per dar del tu alla morte. Capita anche a molti altri, ma lo stipendio, in questo caso, è un dettaglio.

 

Venezia Superstar trailer e poster del film di Xavier Giannoli superstar superstar jpegsuperstar VALERIA MARINI FOTO ANDREA ARRIGA MARINA RIPA DI MEANA GIANNI MOLARO kad-merad-cecile-e-xavier-giannoli.

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