giampaolo pansa

PANSA FA IL FUNERALE AL NUOVO IBRIDO ''REPUBBLICA-STAMPA'' E ALL'ORFANO ''CORRIERE'' - ''HO LAVORATO IN TUTTI I GIORNALI COINVOLTI, CHE UN TEMPO SI FACEVANO UNA GUERRA SENZA SCONTI. È LA FINE DELLA LIBERTA E DELLA COMPETIZIONE. PIÙ CHE UNA CONCENTRAZIONE, È UN CONCENTRAMENTO''

Giampaolo Pansa per “Libero Quotidiano

 

Giampaolo  PansaGiampaolo Pansa

Da quando è emersa la storia della concentrazione tra Repubblica, la Stampa, l' Espresso e chi più ne ha più ne metta, sono sopraffatto dalle telefonate di parecchi colleghi. Tutti mi domandano che cosa pensi di quest' epoca nuova che si apre per i giornali italiani.

 

E a tutti rispondo nello stesso modo: non so che cosa pensare, devo ancora capire il senso dell' intera faccenda. Adesso credo di averlo compreso: siamo al funerale di una regola che ha sempre governato i giornali di tutte le epoche e in tutto il mondo.

 

Ha un nome semplice: la concorrenza. Oppure, se volete, la competizione, il desiderio di fare un giornale migliore degli altri, di non affogare nel grigiore della mediocrità. Non soltanto per ricambiare lo stipendio, di solito più generoso di quelli odierni, ma per l' orgoglio di esercitare al meglio la professione che avevamo e che abbiamo la fortuna di fare. Oggi, almeno per le testate maggiori, siamo al funerale di questa regola. Quando al corteo funebre si aggregherà anche il Corriere della sera, il suicidio sarà completo.

GIULIO DE BENEDETTIGIULIO DE BENEDETTI

 

Sono uno dei pochi ancora al chiodo dopo aver lavorato in molte delle testate che si sposeranno con il rito concentratorio, celebrato da un solo padrone. E mi rammento come ragionavano i direttori che ho conosciuto.

 

Giulio De Benedetti, il mitico Gidibì che avrebbe guidato la Stampa per un ventennio, sino all' età di 78 anni, ripeteva: «Se un giornale vuole avere successo, deve stampare una notizia in più rispetto agli altri. Se poi la notizia è anche vera, tanto meglio». Una sera andò a trovarlo lo scrittore Primo Levi che gli domandò: «È difficile dirigere un giornale?». Gidibì gli offrì un sorriso beffardo: «No. Basta fare come al circo equestre: avere sempre la frusta in mano e sostituire un numero che non va più con un numero nuovo».

GIULIO DE BENEDETTI LASCIA LA DIREZIONE DELLA STAMPAGIULIO DE BENEDETTI LASCIA LA DIREZIONE DELLA STAMPA

 

De Benedetti, che non era parente dell' Ingegnere oggi sulle prime pagine, sorrideva beffardo sul primato del Corriere della sera. Diceva: «In via Solferino fanno un giornale vivace come una lapide mortuaria». Ma guai a non avere una notizia importante che i concorrenti possedevano. Era il "buco" che lo mandava fuori dai fogli.

 

ALBERTO RONCHEYALBERTO RONCHEY

Non gli sfuggiva, anche perché a segnalarglielo ci pensavano i cosiddetti "revisori". Due giornalisti della Stampa in pensione che arrivavano in Galleria San Federico all' alba, per confrontare la "Bugiarda" con gli altri quotidiani nazionali. E segnalavano in un verbale notizie che ci mancavano.

 

Le loro scoperte finivano sulla scrivania di Gidibì e allora erano dolori per tutti.

CLAUDIO RINALDI EUGENIO SCALFARICLAUDIO RINALDI EUGENIO SCALFARI

Altrettanto orgoglioso si dimostrò il suo successore, Alberto Ronchey, che Gianni Agnelli, l' Avvocato, aveva voluto alla Stampa. Il suo obiettivo era fare meglio del Corriere. Ero il suo inviato a Milano, mi telefonava all' alba per dirmi: «Ho appena parlato con l' Avvocato e lui si congratula perché anche questa volta abbiamo fatto un giornale migliore di quello di Spadolini e dello squadrone corrierista!».

 

mario calabresi eugenio scalfarimario calabresi eugenio scalfari

Ronchey era un maniaco della perfezione. Un refuso lo mandava in tilt. Un giorno mi confessò: «Soffro di psicosi da accertamento. Quando torno a casa la sera tardi, controllo la prima edizione. Se scopro un piccolo errore, non riesco più a prendere sonno». Il suo rigore era così totale che finì per dimettersi prima del tempo.

 

Quando arrivai al Corriere della sera, mi resi conto che Piero Ottone amava la competizione con una sfrenatezza senza pari. Il suo scopo esistenziale era di fare un quotidiano tutto diverso dagli altri. E ci riuscì, a costo di perdere Indro Montanelli che fondò il Giornale per metterlo in quel posto al "Corrierone".

 

carlo de benedetti saluta eugenio scalfaricarlo de benedetti saluta eugenio scalfari

Piero arrivò a stampare in prima pagina il disegno di una bistecca. Poi pubblicò gli articoli di Pier Paolo Pasolini che la borghesia lombarda definiva un frocio comunista. Quando la cronaca non volle acquistare la foto diventata storica del pistolero di via De Amicis che sparava contro la polizia, Ottone si infuriò. E sollevò dall' incarico il capocronista e il suo vice.

 

Il direttore di Repubblica, Eugenio Scalfari, era un leader drogato dal piacere della competizione. Il giorno che mi assunse, mi avvertì: «Dobbiamo a tutti i costi strappare al Corriere il titolo di primo giornale italiano!». Ci riuscì, grazie anche al ciclone della Loggia P2 che travolse Angelone Rizzoli e il direttore in carica, Franco Di Bella.

GIORGIO FORATTINI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO GIORGIO FORATTINI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO

 

Per non restare un quotidiano minoritario, nei primi tempi Repubblica usò tutti i sistemi, compreso quello di inventarsi le notizie. Quando le Brigate uccisero a Genova il procuratore Francesco Coco e la sua scorta, Scalfari arrivò a pubblicare in prima pagina il servizio di un inviato che sosteneva: «I carabinieri sapevano dell' agguato».

 

La competizione di Eugenio con gli altri giornaloni si giovò di un' arma che nessuno possedeva: la vignetta quotidiana del grande Giorgio Forattini. Poi Forattini passò alla Stampa e per Barbapapà fu un giorno di lutto profondo. A Torino, Giorgio venne accolto a bandiere spiegate. E con mille ragioni. Oggi, dopo il concentramento delle grandi testate, sarebbe un passaggio impossibile.

 

massimo mucchettimassimo mucchetti

Anche Claudio Rinaldi, direttore di Panorama e poi dell' Espresso, aveva il gusto dello scontro con i concorrenti. Era pronto a usare qualsiasi arma, persino le fotografie di bellezze nude come mamma le aveva fatte. Un giorno pubblicammo una bionda strepitosa, seduta su un bidet.

 

Quando il nostro editore, Carlo De Benedetti, incappò nella rete di Mani pulite, mi spedì a Ivrea per intervistarlo all' arma bianca. La copertina di quel numero recava una caricatura dell' Ingegnere, opera di un giovane disegnatore tedesco.

Claudio me la mostrò e gli dissi, inorridito: «Sembra la copertina della "Difesa della razza", il giornale fascista che voleva lo sterminio degli ebrei». Lui mi replicò: «Noi possiamo farlo perché siamo l' Espresso».

 

Il settimanale di Rinaldi non si distingueva soltanto per queste bizzarrie. Era un giornale di battaglia. Il capo della redazione di Milano era Massimo Mucchetti, un esperto di economia, indipendente e lucido, in seguito passato al Corriere della sera e oggi senatore del Partito democratico. È sufficiente il suo articolo pubblicato ieri dal Foglio per comprendere tutti i rischi di questa nuova concentrazione.

 

EZIO MAURO MARIO CALABRESIEZIO MAURO MARIO CALABRESI

Che a me viene da chiamare "concentramento". Che cosa succede nei veri campi di concentramento? Se non ti ammazzano e ti fanno morire di inedia, comunque ti tolgono la libertà di parlare e di scrivere. Arriveremo a questo punto? Non so dirlo. Ma alla verde età di ottant' anni, non mi sento più tanto sicuro.

 

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....