polanski geimer

POLANSKI INTERVISTATO DA MARTIN AMIS NEL ‘79 – “MI RENDO CONTO CHE SE AVESSI AMMAZZATO QUALCUNO L’INGORDIGIA DELLA STAMPA NON SAREBBE ARRIVATA FINO A QUEL PUNTO. CHE C’E’ DI MEGLIO DI UNA SCOPATA, E PER DI PIU’ CON UNA RAGAZZINA? AI GIUDICI PIACE SCOPARSI LE RAGAZZINE. ANCHE AI GIURATI. TUTTI SE LE VORREBBERO SCOPARE! E ALLORA MI SONO RESO CONTO CHE QUELLA SAREBBE DIVENTATA UNA FACCENDA DAVVERO GROSSA, GROSSISSIMA”...

Martin Amis per "la Repubblica" - Traduzione di Fabio Galimberti e Elisabetta Horvat

 

Quest´intervista, fatta a Parigi, risale al 1979. Un anno prima Roman Polanski, in attesa di processo per l´accusa di aver stuprato una minorenne, era fuggito dall´America. «Mi hanno prelevato in albergo, e mentre mi portavano al commissariato, in macchina ho sentito la radio: stavano già commentando la notizia. Prima ancora del mio arresto i cronisti avevano chiamato la polizia per riuscire a mettere a segno lo scoop.

Polaski e Sharon Tate

Mi sembrava una cosa incredibile... Pensavo di dovermi svegliare da quell´incubo. Mi rendo conto che se avessi ammazzato qualcuno l´ingordigia della stampa non sarebbe arrivata fino a quel punto. Che c´è di meglio di una scopata, e per di più con una ragazzina? Ai giudici piace scoparsi le ragazzine. Anche ai giurati. Tutti se le vorrebbero scopare! E allora mi sono reso conto che quella sarebbe diventata una faccenda davvero grossa, grossissima».

ipo23 ro polanski

La frase che a volte si sente dire: «Cose del genere a me non possono succedere» non si addice a Roman Polanski. Se qualcosa di strano deve accadere, sembra inevitabile che capiti ai tipi come lui. Nonostante la sua reputazione di traffichino, di stralunato, di tipo tosto dalla pelle dura, per molti aspetti è sempre stato uno zimbello della fortuna.

Quando parla con entusiasmo e con una punta di sentimentalismo di tutte le promesse, del senso di apertura e di libertà degli anni Sessanta, si è colpiti dal pensiero che proprio a lui è toccato in sorte di essere una delle più spettacolari vittime dell´abissale ironia di quel decennio. Per lui quello era stato un tempo di straordinaria energia e di grandissimi risultati.

Ma quel periodo finì (come d´altronde per chiunque, in un altro senso) il 9 agosto 1969, con il cruento assassinio di sua moglie, Sharon Tate, in avanzato stato di gravidanza. Nel periodo successivo, mentre si stava riprendendo, fu bersagliato dall´odio insistente della stampa, che accusava i coniugi Polanski di aver aperto le porte alla propria nemesi con l´uso di droghe, strani rituali, un tipo di vita decadente.

ipo24 ro polanski

E tuttavia quella non era stata la sua prima esperienza di sofferenza e umiliazione estreme. Oggi, a dieci anni di distanza, Roman Polanski si ritrova di nuovo in un mare di guai, anche se in maniera del tutto diversa.

Dapprima sono andato a trovarlo nel suo arioso appartamento a metà strada tra gli Champs Elysées e la Senna: un vero gioiello, nello stile di Hockney, di certo una delle più eleganti dimore parigine. In quello stesso stabile hanno soggiornato personaggi come Marlene Dietrich, oltre a diversi membri più o meno meritevoli della famiglia Pahlavi.

Roman Polanski

Ho atteso per pochi minuti in un soggiorno spoglio di libri; l´agile domestico di Polanski mi ha chiesto come preferivo la birra: con o senza cappuccio di schiuma. Ho optato per la schiuma e non me ne sono pentito. Poco dopo ecco Roman uscire dalla sua stanza con passo indolente, in jeans su misura e camicia azzurra con monogramma. Alto uno e sessanta o poco più, vivacissimo nell´andatura e nei gesti, ha l´aria di un ragazzo di sedici anni: un´impressione che permane anche dopo aver passato molte ore in sua compagnia.

Contemplando la sua smilza figura mi è venuto in mente che questa sua aria da ragazzino spiega in gran parte i suoi considerevoli e ben documentati successi con le donne. Ad attirarle non è tanto il desiderio di lasciarsi manipolare da questo regista estroso e priapico, quanto la voglia di portarsi in camera il povero trovatello e acquietarne i singhiozzi cullandolo tra le braccia.

Ma evidentemente, avere l´aria di un sedicenne non autorizza a portarsi a letto le adolescenti. Contrariamente a quanto sostiene Polanski, non tutti vorrebbero scoparsi le ragazzine. Non ci si può nascondere dietro un falso universalismo, né cercare rifugio nei grandi numeri. D´altronde, molti di quelli che avrebbero voglia di fare sesso con una minorenne rinunciano a farlo.

È indubbiamente più difficile astenersi quando la ragazzina in questione è disponibile. Ma anche Humbert Humbert si rendeva conto che le adolescenti non sanno bene se ne hanno voglia o no. Il pedofilo attivo è un ladro d´infanzia. E si ha l´impressione che questo, Polanski non abbia mai neppure tentato di capirlo.

Roman Polanski

«Bevi birra?», mi ha chiesto con un´incredulità di routine. La sua voce declamatoria, volteggiante, ha uno stile particolare che imprime con forza gli accenti. «Infatti», ho risposto. «Kenneth Tynan sostiene nel suo articolo che tu praticamente non bevi. Forse che...?».«Ah, quel Ken Tynan pieno di merda», ha detto voltandosi per mettersi a passeggiare su e giù per la stanza. «In realtà ieri sera ho bevuto tantissimo vino... ma ora ho una gran fame».

Siamo andati a colazione in un rumoroso ristorante tedesco dietro l´angolo. Polanski mangia come parla, con la stessa frenesia. «C´è l´aringa... È buona, ti va di assaggiarla? Una porzioncina con sopra un po´ di cipolla: eccoti servito!». Gli altri avventori lo osservano con curiosità e si scambiano commenti sottovoce, i camerieri immacolati lo vezzeggiano. Tipi come lui possono urlare a squarciagola: «Una birra, presto!» senza apparire offensivi, perché è chiaro che ne hanno un bisogno assoluto e immediato.

Roman Polanski

A quanto afferma la stampa, all´inizio del 1978, dopo la sua fuga dagli Stati Uniti, Polanski ha trovato a Parigi un´accoglienza fredda («Non l´ho cercato e non lo farò», ha detto Joseph Losey; e Robert Stack: «Una fuga da codardo, tutti gli voltano le spalle»). Ben consapevole della sua natura incline alle catastrofi, di fatto Polanski ha trovato a Parigi un buon posto per tenersi lontano dai guai.

«È proprio da adulti qui», dice, e poi aggiunge, in una di quelle esplosioni di ammaccata eloquenza che spuntano di tanto in tanto nel suo inglese bizzoso, staccato, sempre accattivante: «Sto cercando di estenuare quei contrasti del mio carattere che mi fanno sporgere dal mondo circostante come un pollice pesto».

Martin Amis

È determinato a tornare in America, nonostante l´accusa di aver drogato e stuprato una tredicenne e il rischio - per quanto remoto - di una condanna a cinquant´anni di carcere. «Ma a Parigi mi hanno accolto benissimo, e penso di restarci per qualche tempo. A meno che non capiti qualcosa».

Dopotutto lui era nato lì, nel 1933. I primissimi anni della sua vita furono relativamente immuni da catastrofi. Nel 1936 la sua famiglia fece ritorno a Cracovia. Quand´era bambino, Polanski vide erigere le barriere alla fine della strada. I nazisti stavano chiudendo il ghetto. Nel 1941 suo padre e sua madre vennero condotti nei campi di concentramento.

Pochissimo prima dell´invasione del ghetto, Polanski fuggì attraverso un buco nel filo spinato. «Un giorno, fuori dal ghetto, vidi la gente che marciava in colonna, sorvegliata dai tedeschi. Tra loro c´era mio padre. Per un po´ camminai a fianco della colonna, ma lui mi fece segno di correre via. Sopravvisse quattro anni in un lager, ma quella fu l´ultima volta che lo vidi». Sua madre morì ad Auschwitz.

Sharon Tate

La giovinezza di Polanski fu un continuo gioco a rimpiattino con la morte. Fu allevato da contadini cattolici in una campagna sperduta della Polonia. Un giorno, mentre era in giro a raccogliere more, dei soldati tedeschi gli spararono addosso, «come se fossi uno scoiattolo o roba del genere». Tornato a Cracovia liberata, nel 1945, l´unica bomba sganciata durante una delle ultime incursioni aeree tedesche lo colpì attraverso la porta di un gabinetto, ferendolo al braccio sinistro.

All´età di sedici anni, studente di arte a Cracovia, fu condotto in un bunker sotterraneo dall´amico di un amico che voleva vendere al giovane Roman una bici da corsa: «Avevo sempre voluto una bici da corsa». Polanski descrive in toni molto vividi quello che successe dopo, con i suoi misurati anapesti, chinandosi in avanti e scostandosi i capelli per mostrare le cicatrici sulla testa.

Polaski e Sharon Tate

«Io camminavo nel tunnel, no? Lui era dietro di me. Io continuavo a dire: "Ma dov´è la bicicletta, signore?". Poi mi sembrò di ricevere improvvisamente una scossa elettrica, pensai di aver toccato un cavo o qualcosa del genere, o che là sotto ci fosse qualcun altro che mi aveva aggredito. Non riuscivo a credere che fosse lui a colpirmi in testa».

E invece era proprio lui, con un sasso, per cinque volte. L´aggressore di Polanski, catturato quel giorno stesso, aveva già commesso tre omicidi. Quando uscì barcollando dal bunker, Polanski perdeva talmente tanto sangue che ogni volta che entra sotto una doccia ancora viene scosso da un tremito di terrore.

E, nonostante i suoi successi multinazionali, la vita di Polanski non è mai riuscita a scrollarsi di dosso il grottesco e il catastrofico. Nel corso degli anni, almeno una mezza dozzina dei suoi amici e collaboratori più cari sono andati incontro a morti violente e inusuali (suicidi, strane malattie, un anomalo incidente ferroviario).

È ormai un cliché dire di Polanski che i suoi film, con il ruolo centrale che vi giocano il terrore, l´isolamento e la follia, non sembrano altro che un commento demoniaco della sua esistenza. Ma è un´impressione a cui non si riesce a sfuggire di fronte agli atroci eventi di Cielo Drive, nel 1969. Polanski, verrebbe da pensare, ne ha sopportate abbastanza per venti vite.

samantha geimer

«Certo, la mia vita è stata molto strana, piena di cose strane. Ma a me non appare così, sì, insomma dal mio punto di vista. La mia vita è semplicemente qualcosa che vivo, capisce. Solo quando faccio un passo indietro mi rendo conto di quanto sia stata strana».

E ironicamente questo è il personaggio che Polanski interpreta nelle sue infrequenti apparizioni nei suoi stessi film. Il regista franco-polacco ha scarsa considerazione per gli attori («un attore intelligente è una rarità, quasi un paradosso») e non ha grande stima delle sue capacità dall´altro lato della macchina da presa: «Uso me stesso solo perché costo poco e non creo problemi. È un piacere lavorare con me, sa? Faccio sempre quello che mi dico di fare». In realtà è un attore non granché versatile, ma perfetto per un certo tipo di ruolo: ha un senso infallibile per la commedia e per il pathos della vulnerabilità.

Polanski

Nei suoi due ruoli più memorabili - il nervoso cacciatore di vampiri in Per favore non mordermi sul collo e il timido e vulnerabilissimo impiegato polacco de L´inquilino del terzo piano - Polanski mette in scena, con compassione autentica, il piccolo uomo a cui succedono cose strane. In quei film il piccolo uomo più o meno si aspetta che gli succedano cose strane, e reagisce a esse, fintanto che durano, con un orrore docile, rassegnato. Sembra pensare che se non gli accadessero queste strane cose gliene accadrebbero altre.

 

È un personaggio che è emerso più di una volta nel corso del pranzo, in particolare quando Polanski descriveva il suo recente soggiorno in prigione in relazione con il caso di "stupro", a Los Angeles. Prima con riluttanza, poi in uno spirito di grande ilarità, con sofferti uggiolii di deliziato ricordo, mi ha raccontato di com´era cominciata la sua prigionia di sei settimane.

«Quando sono arrivato, in piena notte, non riuscivo nemmeno a entrare in quell´accidenti di prigione! C´erano troppi giornalisti e telecamere! E tutti i detenuti nel cortile perché avevano sentito la notizia, che dicevano "Ehi, come ti va, Planski!". Ma è stato come una vacanza, un rifugio. È stato incredibile.

Samantha Geimer GiovaneRoman Polanski

Non sarebbe un problema tornare ora, ora che so com´è. È interessante andare dall´altra parte, dove ci sono i cattivi. Pieno di assassini incredibili! Ce n´era uno che aveva ucciso sedici persone!». Annuisce, aggiungendo con tono più pacato e con rassegnazione: «Questo è il problema: non sai mai quanto ti accoltelleranno, capisci? È l´unico problema, che puoi venire ucciso da un momento all´altro».

È stata forse l´eccellenza della rassegnazione, dell´estenuato stoicismo, che ha sedotto Polanski nel personaggio di Tess dei d´Urbervilles. L´ultima fatica di Polanski, intitolata semplicemente Tess, è stata presentata in Francia alla fine dello scorso anno, con un successo di critica e di pubblico incoraggiante.

È un film rispettoso, forse eccessivamente fedele, sicuramente troppo lungo e in generale imperfetto. Il problema del film (come, per altro verso, anche il problema del libro) riguarda il personaggio di Angel Clare, l´incantevole (teoricamente) contraltare del maialesco seduttore di Tess, Alec d´Urberville.

Polanski

Il fatto è che Hardy gioca su questi contrasti melodrammatici (Angel che strimpella l´arpa nella soffitta, Alec che fa capolino tra le fiamme con in mano un forcone), ma al tempo stesso fa capire chiaramente che Angel è più sottilmente spregevole di quanto possa mai essere Alec. Polanski era consapevole dell´ambiguità, anche se a mio parere non è riuscito a risolverla.

Samantha Geimer - Ieri e oggi

«Sì, parliamo di cinema. Il cinema è il mio settore, la mia specialità». Alza lo sguardo meravigliato. «Credo che mi prenderò un sigaro. Tu ne vuoi uno?... Quello che mi ha attirato del personaggio di Tess è stata la sua incredibile integrità combinata con la sua... sottomissione? No, remissività, e il suo fatalismo. Non si lamenta mai. Le succedono tutte queste cose molto... ingiuste, e lei non si lamenta mai, fino all´ultimo il libro è più complicato moralmente di quanto penseresti».

 

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