RICCARDO, CUOR DI VESPE - CHIABERGE RACCOGLIE LE SUE “PUNTURE” LETTERARIE IN UN LIBRO, PREFATO DA TRAVAGLIO PRIMA DEL SUO “CONFINO” DAL “FATTO” - “RICCARDO HA PERPETUATO UN GENERE GIORNALISTICO SEMPRE PIÙ DESERTIFICATO, IN UNA CULTURA VIEPPIÙ ASFITTICA, MAFIOSA E MARCHETTARA E CORPORATIVA COME QUELLA ITALIANA: QUELLO DELLA STRONCATURA LETTERARIA” - COME ASSAGGIO, CHIABERGE DISTRUGGE LA LISTA DEI 150 GRANDI LIBRI “CHE CI HANNO RESI UN PO’ PIÙ ITALIANI”…

È uscito in libreria il volume ‘'Vespe-Fatti e misfatti della cultura italiana negli anni di Berlusconi'', che raccoglie i corsivi di Riccardo Chiaberge (tra cui quelli pubblicati sul supplemento culturale del Fatto Quotidiano, "Saturno"). Prefazione di Marco Travaglio e una delle "vespe".

1 - DOVE VOLANO LE VESPE
Marco Travaglio per il "Fatto quotidiano"

Tremate, tremate, le "Vespe" son tornate. E, si badi bene, rigorosamente al plurale. Dopo qualche mese di quarantena dovuta all'allora direttore del Sole 24 Ore Johnny Raiotta, che pensò bene di prepensionarle insieme al loro trainer Riccardo Chiaberge, reo di fare un inserto culturale troppo bello, i pungigliuti insetti cari ad Aristofane hanno ricominciato a ronzare dalle parti del Fatto Quotidiano, precisamente ogni venerdì sulle pagine di Saturno. In questo libro Riccardo ha catturato le migliori dell'ultimo anno, assieme a una scelta delle "Vespe" e dei "Contrappunti" usciti sul ‘Domenicale' del Sole.

E ha così perpetuato un genere giornalistico sempre più desertificato, in una cultura vieppiù asfittica, mafiosa e marchettara e corporativa come quella italiana: quello della stroncatura letteraria. Mi viene in mente quel che scrisse Montanelli nel post-scriptum all'ultimo volume della sua Storia d'Italia: "La cultura italiana è nata nel Palazzo e alla mensa del Principe, laico o ecclesiastico che fosse, e non poteva essere altrimenti, visto che il Principe era, in un Paese di analfabeti e quindi senza un pubblico mercato, il suo unico committente.

Mentre la Riforma aveva sgominato l'analfabetismo facendo obbligo ai suoi fedeli di leggere e d'interpretare i testi sacri senza la mediazione del Pastore autorizzato a dare solo qualche consiglio; la Controriforma, che faceva del prete l'unico autorizzato interprete delle Scritture, dell'analfabetismo era stata la fabbrica, che lasciava l'intellettuale alla mercé (in tutti i sensi) del suo patrono o protettore. Il quale naturalmente se ne faceva ripagare non solo con la piaggeria, ma anche con la difesa del sistema su cui si fondavano i suoi privilegi".

Non è cambiato molto, da allora a oggi, se non in peggio s'intende. Per questo dobbiamo difendere e nutrire le rare "Vespe" in circolazione come si fa con le specie protette. E ringraziare quei pochi intellettuali (senza offesa), come Riccardo, che seguitano ad affilare il pungiglione per conficcarlo nel ventre molliccio della cultura italiana.

Senza timori riverenziali né rispetto per nessuno. Nemmeno, anzi tanto-meno, per i mostri sacri. Ma senza acredine, solo con una punta di leggera perfidia tipica delle "Vespe". Il libro tira giù dal piedistallo i santuari della Premiopoli nazionale (dallo Strega al Campiello), ma soprattutto i maîtres e le maîtresses à penser o prêt à porter italiani e stranieri. Come per esempio lo zazzeruto Bernard-Henri Lévy, che paragona l'assassino latitante Cesare Battisti a "uno ‘scrittore imprigionato'... come Gramsci, come Havel, come Solenicyn", ironizza Chiaberge.

Che poi, dinanzi alla minaccia di un nuovo romanzo di Battisti scritto in francese, sghignazza: "Siamo freschi. Non bastava l'estradizione, già chiesta dal nostro Guardasigilli al collega brasiliano: pure la traduzione ci toccherà pagare...". La parte del leone punzecchiato dalle vespe la fanno, naturalmente, i signorini grandi firme dell'Italia letteraria, quasi tutti de sinistra anche perché a destra si scrive pochino e si legge anche meno.

Chiaberge non risparmia nemmeno i fuori classe come Eco, Scalfari, Mieli (affetto da "mieligalomania"), Scurati, Camilleri, Baricco ("il Salinger del Langheshire"). O Sandro Veronesi, pizzicato in un memorabile leccone d'oro su Repubblica all'ultima fatica (per i lettori ) di Uòlter Velvespe: "Veltroni dev'essere dotato di un particolare talento per la descrizione dei momenti terribili".

E, fin qui, nulla da ridire: con tutti i fiaschi che ha collezionato - infilza la vespa - ne ha di che. Ma ecco il seguito, un crescendo rossiniano: "La luce della sua scrittura si fa piena proprio laddove risulta più difficile gettare lo sguardo - la scoperta di un suicidio, il compiersi di una carneficina in uno stadio". E giù con la "potenza narrativa che investe il lettore" e la "travolgente energia" sprigionata da ogni pagina. Il seguito, della puntura antibuonista e di tutte le altre, lo trovate girando pagina.

2 - GADDA SI RIPESCA CON IL TELEVOTO
Riccardo Chiaberge

Fermi tutti, avevamo scherzato. Con l'agile guizzo di un emissario libico, il presidente del Salone di Torino, Rolando Picchioni dribbla le polemiche per la lista dei 150 Grandi Libri «che ci hanno resi un po' più italiani», compilata da un plotone di esperti in occasione del centocinquantenario. Fuori Il fu Mattia Pascal, dentro Piccolo mondo antico? Dentro Faletti, fuori Gadda? Niente Manzoni e in cambio il venerabile Graziadio Isaia Ascoli?

Che ci azzeccano i Canti Orfici di Campana, dedicati al Kaiser Guglielmo II? E perché nella lista degli editori c'è Sellerio e non Garzanti? Eh, non stiamo a guardare il capello! «Ci sarà sempre un dimenticato da ripescare - rassicura Picchioni. - Per questo abbiamo inventato il Pozzo degli esclusi. Ogni visitatore voterà il libro preferito». Un canone all'italiana, insomma, che si riapre e si spacchetta a colpi di televoto. Come al Festival di Sanremo e al Grande Fratello.

Che bisogno c'era, allora, di scomodare quaranta pseudoluminari sotto la guida di Gian Arturo Ferrari? Beh, ne valeva comunque la pena: la riforma è epocale. Anche per gli scrittori viene introdotta la separazione delle carriere: o libro o personaggio. Dato che Sciascia è personaggio, Il giorno della civetta non va in lista. Certo, le femministe avranno da ridire sulle quote rosa: nemmeno una donna tra gli autori dei 15 superlibri, e una soltanto (Oriana Fallaci) tra i personaggi che hanno costruito l'identità nazionale.

E nell'entourage di Cota c'è malumore per le quote verdi. Molti lamentano che il grosso della quindicina venga dal centro sud, e anche i 150 siano fortemente meridionalizzati. Tranquilli, il Pozzo degli esclusi sistema ogni cosa. Come Al Bano e Patty Pravo a Sanremo, trombati grandi e piccoli torneranno a galla col teleripescaggio. Protesta l'Unione Consumatori: «Procedura poco trasparente». E già circolano le prime intercettazioni (...).

 

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