GONG! CDR DI ''REPUBBLICA'' CONTRO GIULIANO FERRARA – “SUL ''FOGLIO'', CHE RICEVE IMPORTANTI FINANZIAMENTI PUBBLICI, LEGGIAMO UN EDITORIALE CON UNA TESI FANTASIOSA: LA REDAZIONE DI 'REPUBBLICA' DOVREBBE LIMITARSI A TUTELARE GLI INTERESSI DEL SUO EDITORE” – ELEFANTINO: “NON HA SENSO BATTERSI CONTRO CHI RISCHIA DEL SUO PER TENERTI A GALLA E FARTI EVENTUALMENTE PROSPERARE. LA COSA VALE SIA NEL CASO DI UN EDITORE CHE PRODUCE AUTOMOBILI O CHE PRODUCE SOLO GIORNALI - SIETE APPESI ANCORA ALLA DEONTOLOGIA FARLOCCA DEL GIORNALISTA IL CUI UNICO PADRONE, BUM, È IL LETTORE”

LE DICHIARAZIONI DI JOHN ELKANN SUL GIORNALISMO INDIPENDENTE - DA REPUBBLICA

Dal Foglio.it

Il comitato di redazione di Repubblica, ieri, in risposta a un nostro editoriale, ha inviato una comunicazione interna ai giornalisti del quotidiano diretto da Maurizio Molinari. Qui di seguito il testo e una risposta dell'Elefantino.

 

IL CDR DI REPUBBLICA

Sul Foglio, quotidiano dalla forte impostazione per un mercato libero senza regole e che al contempo riceve importanti finanziamenti pubblici diretti, leggiamo un editoriale rigorosamente anonimo con una tesi fantasiosa: la redazione di un giornale con la storia e l'identità di Repubblica dovrebbe limitarsi a tutelare gli interessi del suo editore, abdicando così alla funzione per il quale i giornali esistono (informare i cittadini e l'opinione pubblica).

 

maurizio molinari john elkann

Lo scritto è per una parte fallace sul piano etico e deontologico e per un'altra paradossalmente sbagliata. E' fallace perché i giornali sono imprese, e l'editore investe del denaro per ricavarne un profitto. Qui dovrebbe esaurirsi il suo ruolo, come sancito anche dall'articolo 21 della Costituzione. Tutto ciò che esula da questo aspetto rappresenterebbe l'insussistenza della cosiddetta “editoria pura”, che invece funziona e genera profitti (pur nelle mille difficoltà di questa fase storica) in larga parte del mondo.

GIULIANO FERRARA

 

In Italia, ahimè, la storia (ben rappresentata dalla ricostruzione giornalistica del Foglio) ci dice che i giornali sono serviti e continuano a servire troppo spesso ad altro, ma il fatto che si sia sbagliato per decenni non vuol dire che bisogna continuare a sbagliare ancora .

 

Inoltre, per assurdo: anche ammesso che l'editorialista anonimo del quotidiano in questione aveva ragione e che un direttore dovrebbe fare il proprio lavoro con la finalità prevalente di tutela degli interessi extra-giornalistici del proprio editore, ci chiediamo: mandare al macero 100 mila copie di un inserto al quotidiano già approvato e obbligatorio in stampa, con i relativi danni economici, ambientali e reputazionali, oltre alle continue sgrammaticature a cui abbiamo cercato in questi anni di porre un freno, aiuta davvero la proprietà?

 

eugenio scalfari carlo de benedetti

O, piuttosto, gli causa ulteriori problemi di immagine e un'esposizione controversa di cui avrebbe fatto volentieri a meno? Lasciamo alle lettrici e ai lettori la risposta, ringraziandoli nel contemporaneo per la grande solidarietà che questa redazione ha avuto nelle ultime ore dopo la scelta di sfiduciare il direttore.

 

RISPOSTA DI GIULIANO FERRARA

La prima cosa che sarebbe in teoria richiesta a un comitato di redazione così agguerrito come quello di Repubblica è distinguere tra un articolo non firmato, rubricato in una serie quotidiana di editoriali appunto “non firmati”, e un articolo “anonimo”. Anonimo allude, testualmente e con una sfumatura di sospetto o di disprezzo, a uno scritto senza accertabile paternità o maternità, al riparo di ogni responsabilità personale.

De Benedetti Scalfari

 

I nostri piccoli editoriali di terza pagina, in un giornale che cominciò quasi trent'anni fa con una maggioranza di articoli non firmati, sono sul modello che a Repubblica dovrebbero conoscere, quello dell'Economist, sono di responsabilità, anche legale, di chi è direttore responsabile del giornale, nome e cognome.

…………………………..

elkann Molinari

Quanto ai finanziamenti pubblici all'editoria….non abbiamo la stessa propensione al melodramma degli enti lirici, ma siamo un po' come loro, dalla Scala in giù, e il nostro bilancio è fatto per un terzo di sbigliettamento, per un terzo di pubblicità e sponsor, per un terzo di contributi pubblici a favore del pluralismo e della conservazione di un bene particolare, che ha qualcosa a che fare con la libertà di stampa e la sua effettiva condizione di esercizio.

 

Giuliano Ferrara, Berlinguer, Fassino

Veniamo al dunque. Noi ci siamo limitati a dire con umorismo e una punta di cattiveria che il comitato di redazione di Repubblica dovrebbe pensarci su due volte, quando fa lo sciopero delle firme, voi direste incongruamente dell'anonimato, perché un direttore, subito sfiduciato, decide di non pubblicare servizi in aperto conflitto con gli interessi dell'editore, che fa molti quattrini con l'industria e la finanza, e ne perde molti con l'editoria italiana, cioè con Repubblica.

 

La tronfia libido scalfariana dell'editore puro, contro tutti gli altri impuri, finì notoriamente con la vendita di Repubblica al finanziere Carlo De Benedetti, allo scopo di assicurare una dote alle figlie del Fondatore. Poi è venuta la famiglia Elkann, gli eredi Agnelli.

 

ELLY SCHLEIN MAURIZIO MOLINARI

Repubblica, cambiata tanto, è purtuttavia sempre la stessa con il passare degli anni. Puro o impuro, ha un editore. Resta un giornale, che dovrebbe tenere a un certo grado di pluralismo interno, che non ha mai avuto, e che è garanzia di libertà per chi scrive e chi legge, più che all'insana mania di considerare i fattori del prodotto, prima di tutto i giornalisti, come una razza speciale di dipendenti indipendenti, custodi della linea generale e dei valori generalissimi, fino al punto di dipendenza del tutto da chi investe e rischiando nel prodotto che essi fanno e per fare il quale percepiscono un giusto stipendio da dipendenti e detengono le garanzie della buona coscienza civile e del coraggio personale e di gruppo.

 

valter mainetti e giuliano ferrara

Perfino in un'impresa cooperativa come la nostra piccola impresa, quando l'editore pensò che sarebbe stato meglio appoggiare il governo del contratto Conte-Salvini, invece di sbeffeggiarlo come facemmo nel corso della sua breve e non illustre durata, pubblicammo in prima un suo scritto sotto il titolo ironico “La voce del padrone” (e l'editore si comportava da uomo di mondo).

 

Si può dunque tenere il punto, ma non ha senso battersi contro chi rischia del suo per tenerti a galla e farti eventualmente prosperare. La cosa vale sia nel caso di un editore che produce automobili o altro sia nel caso di un editore che produce solo giornali. Anche nel secondo caso un editore “puro” sta nel gioco della politica, ha interessi e valori da difendere e promuovere, è un potere tra i poteri e non un romantico contropotere, e dalla nascita di una stampa libera o borghese o indipendente si sa che il succo della libertà sta nella possibilità sociale di avere più editori in conflitto liberale tra loro, non dalla deontologia farlocca del giornalista il cui unico padrone, bum, è il lettore.

CLAUDIO CERASA E GIULIANO FERRARA Caracciolo Scalfari De Benedettide benedetti scalfari

 

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