AL PEGGY NON C’È MAI FINE – SCOPPIA LA LITE TRA GLI EREDI GUGGENHEIM –IL RAMO FRANCESE CHIEDE IL RITIRO DELLA DONAZIONE AL MUSEO DI VENEZIA: ‘NON RISPETTATE LE SUE VOLONTÀ, RIVOGLIAMO INDIETRO TUTTI I QUADRI’

Carlo Antonio Biscotto per il "Fatto quotidiano"

Peggy Guggenheim, il cui vero nome era Marguerite, ha svolto un ruolo di straordinaria importanza nella storia dell'arte del Novecento. Ricca e affascinante ereditiera americana - suo padre aveva avuto la malaugurata idea di attraversare l'Atlantico a bordo del Titanic - Peggy, nata nel 1898 ed è morta a Padova nel 1979, ha collezionato mariti, amanti, cani e opere d'arte. Quale sia stata la collezione a lei più cara non è dato sapere con certezza. Sono tutti passati a miglior vita. Le opere d'arte moderna invece furono riunite a Venezia, a Palazzo Venier dei Leoni che affaccia sul Canal Grande.

Purtroppo - come riporta Le Monde in un articolo a firma Harry Bellet - secondo alcuni suoi discendenti, la collezione non ha più nulla a che vedere con il gioiello voluto da nonna Peggy e ora la spinosa questione è in mano agli avvocati e ai giudici che dovranno decidere se revocare la donazione fatta da Peggy Guggenheim alla Fondazione Solomon Guggenheim, accusata tra l'altro di "violazione di sepolcro".

Nel 1976, Peggy aveva deciso di mettere fine a decenni di polemiche con la Fondazione newyorchese di suo zio Solomon, donando allo zio, con riserva di usufrutto, il palazzo veneziano e tutto quanto conteneva. Ma il passaggio di proprietà era sottoposto a tre precise condizioni, la principale delle quali vietava di smembrare la collezione e prestare singoli pezzi. La sola eccezione era prevista per la statua equestre in bronzo di Marino Marini, "L'angelo della città", che in particolari occasioni poteva sfilare in processione lungo il Canal Grande.

Fu la stessa Peggy Guggnheim nelle sue "Memorie" a chiarire come stavano le cose: "Siamo giunti a un accordo. La collezione resterà intatta a Venezia e a mio nome, ma sarà amministrata dalla Fondazione Guggenheim. Nulla dovrà essere toccato". Quando era ancora in vita, la stessa Peggy Guggeheim aveva rifiutato di prestare un Picabia, un Dalì e un Ernst all'amico André Breton, spiegandogli: "Non presto mai singoli pezzi della collezione. La collezione rappresenta un unicum che desidero sia esposto nella sua totalità".

Alla sua morte, avvenuta il 23 dicembre 1979, l'urna funeraria di Peggy fu sepolta, nel giardino del palazzo accanto alle tombe dei suoi amati cani, e la Fondazione Solomon Guggenheim cominciò ad amministrare la collezione. Peggy aveva avuto due figli - Simbad e Pegeen - dal primo marito Laurence Vail. La figlia Pegeen ha avuto tre figli dal primo marito, il pittore francese Jean Helion, e un altro figlio, Sandro, dal secondo marito, l'artista britannico Ralph Rumey.

Furono i nipoti che, in occasione di una visita a Venezia nei primi anni Novanta, constatarono che lo spirito della collezione della nonna non era stato rispettato . L'ala del palazzo dedicata alla figlia Pegeen, morta prima della madre, era stata svuotata delle opere, il giardino trasformato in una caffetteria, alcune opere trasferite e altre opere estranee alla originaria collezione esposte nel palazzo. In breve Palazzo Venier dei Leoni, riflesso del gusto personale di Peggy e del gusto di un'epoca, era diventato la banale dependance di un qualunque museo americano.

I nipoti si rivolsero al Tribunale di Parigi. All'iniziativa giudiziaria non si associarono gli eredi di Simbad la cui figlia, Karole Vail, lavora come conservatrice della Fondazione Solomon Guggenheim di New York dal 1997. Nel 1996 le parti raggiunsero un accordo che obbligava la Fondazione Solomon Guggenheim a consultare sempre i discendenti di Peggy Guggenheim prima di prendere qualunque decisione riguardante la collezione.

Tutto bene, quindi? Niente affatto. Nel 2013, in occasione di una visita alla Biennale di Venezia, i discendenti di Peggy Guggenheim hanno scoperto che 75 delle 181 opere esposte nel palazzo figurano "donate da Hannelore Schulhof" e che il giardino nel quale riposa Peggy è occupato da una serie di sculture provenienti in gran parte dalla collezione dei miliardari texani Patsy e Raymond Nasher. All'ingresso del giardino, accanto al cancello, una placca in metallo dice "The Nasher Sculpture Garden". Da qui nasce l'accusa di "violazione di sepolcro".

Ai nipoti di Peggy non è restato che rimettere tutto in mano agli avvocati, i quali hanno chiesto al tribunale di Parigi - prima udienza fissata il 21 maggio prossimo - di revocare l'originaria donazione della nonna. La battaglia legale si prevede lunga e senza esclusione di colpi.

 

 

CLAIRE FALKENSTEIN, CANCELLO FONDAZIONE GUGGENHEIM , VENEZIApeggy guggenheim marinomarini langelodellacittapeggy guggenheim tettopalazzo venierdeileonipeggy guggenheim coll palazzo venierdeileonipec Peggy Guggenheim

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

edmondo cirielli maria rosaria campitiello paolo di maio

“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN VICEMINISTRO DELLA REPUBBLICA: EDMONDO CIRIELLI, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D'ITALIA E NUMERO DUE DI TAJANI AGLI ESTERI, CHE SBROCCA SU FACEBOOK E INSULTA IL SINDACO DI NOCERA INFERIORE, PAOLO DI MAIO – A FAR ANDARE FUORI GIRI CIRIELLI È STATO UN POST DEL PRIMO CITTADINO SU ALCUNI INCARICHI DELLA COMPAGNA AL MINISTERO DELLA SALUTE, MARIA ROSARIA CAMPITIELLO – LA VIOLENTISSIMA REPRIMENDA DI CIRIELLI: “NELLA VITA PRIVATA NON HAI MAI FATTO NIENTE DI BUONO" - COME MAI CIRIELLI SE L’È PRESA COSÌ TANTO? FORSE SENTE LA SUA CANDIDATURA A GOVERNATORE DELLA CAMPANIA CHE SI ALLONTANA? O TEME UNA SCONFITTA BRUCIANTE, ASSAI PROBABILE SE IL CENTROSINISTRA RITROVA L’UNITÀ?

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...