TV NON TI GUARDO PIÙ - CRESCE IL NUMERO DI ITALIANI CHE CERCA NOTIZIE ONLINE - SEMPRE MENO TELE-MORENTI S’AGGRAPPANO A TG E A TALK SHOW PER INFORMARSI: PIACE SOLO “REPORT” - “BALLARÒ” PERDE CONSENSI

1. TV NON TI GUARDO PIÙ - CRESCE IL NUMERO DI ITALIANI CHE CERCA NOTIZIE ONLINE
Ilvo Diamanti per ‘La Repubblica'

Gli italiani continuano a informarsi, in larga maggioranza, seguendo la tivù. Anche se ne hanno sempre meno fiducia e usano, in misura crescente, la Rete. Perché la considerano il canale più libero e indipendente. E permette loro di informarsi navigando tra diversi media. È il ritratto che si scorge scorrendo i risultati della VII Indagine di Demos-Coop su "Gli italiani e l'informazione". Otto persone su dieci, infatti, affermano di informarsi quotidianamente in televisione, il 47% su Internet.

Sei anni fa, coloro che utilizzavano Internet erano poco più della metà (25%), mentre il seguito della tv era più elevato di 7 punti. Si tratta di una tendenza chiara, precisata dalla tenuta della radio (circa il 40%) e dalla riduzione significativa dei giornali. Oggi, sostanzialmente sullo stesso livello di un anno fa (25%), ma in calo di 5 punti rispetto al 2007. La popolazione italiana, dunque, si serve sempre più e sempre più spesso della Rete, come fonte di informazione diretta, ma anche per accedere ad altri media, in particolare i giornali.

Due navigatori di Internet su tre (e quasi metà sulla popolazione intervistata) affermano, infatti, di leggere regolarmente i quotidiani online. Reciprocamente, i giornali (e i notiziari radio-tv) si connettono alla Rete, attraverso edizioni online e digitalizzate. Inoltre, utilizzano i Social Network, in particolare Twitter, come canale diretto con i leader e gli opinion maker.

Questa evoluzione è favorita dalla rapida diffusione delle tecnologie di comunicazione. Nell'ultimo anno, non a caso, la quota di coloro che si collegano a Internet mediante i cellulari oppure i tablet è cresciuta sensibilmente. Di 20 punti: dal 37% al 57%.

Tuttavia, la tv resta ancora, di gran lunga, il riferimento più frequentato. Come si è visto alle ultime elezioni politiche. Le più "televisive" della storia, nonostante la diffusione della Rete.

Eppure, come si è detto, la tv gode di un grado di fiducia limitato. Solo due persone su dieci la considerano un medium davvero indipendente e libero. Peraltro, gran parte dei programmi di informazione televisivi appare in calo di credibilità. I tg, soprattutto. Il Tg3 (56,7% di valutazioni positive) e il Tg1 (52,4%) continuano ad essere i più accreditati, fra gli italiani. Ma subiscono, entrambi, un declino. Particolarmente rilevante, nel caso del Tg1, rispetto al 2007.

Come, d'altronde, il Tg2. Il calo di fiducia colpisce, a maggior ragione, le testate giornalistiche delle reti Mediaset. Il Tg di La7, invece, segna un aumento di credibilità, rispetto al 2007, ma, per la prima volta dopo tanti anni, arretra, seppur di poco, rispetto al 2012. Gli unici tg che registrano una crescita costante, anche nell'ultimo anno, sono quelli sulle reti all news. Rai News24 e Sky Tg24.

Insomma, l'informazione tivù ha perduto e sta perdendo credito, in misura diversa, un po' dovunque. La stessa tendenza coinvolge i programmi di approfondimento e i talk legati all'attualità politica e sociale. Molti, fra i più conosciuti e considerati, fino ad oggi, subiscono un brusco calo di fiducia.

Ballarò, Servizio Pubblico, Otto e mezzo, In mezz'ora: pérdono tutti intorno ai 4-5 punti, nella valutazione degli italiani (intervistati). Solo Report, un programma di inchiesta, e Piazza Pulita, un talk di battaglia, fanno registrare una crescita di consensi significativa. Così, Ballarò si conferma primo, nella graduatoria della fiducia. Ma, per la prima volta, da quando viene condotta l'indagine di Demos-Coop, il talk condotto da Giovanni Floris condivide il primato. Con Report, appunto. Il programma di Milena Gabanelli.

Perfino i talk satirici e l'infotainment suscitano minore confidenza. Il grado di fiducia verso Striscia la Notizia, in particolare, nell'ultimo anno, è sceso di 5 punti e di 2 quello verso Che tempo che fa, il talk condotto da Fabio Fazio. Mentre le Iene tengono. E Crozza contribuisce agli ascolti di Ballarò. Così, i programmi pop-talk e di satira politica si allineano, tutti, intorno al 50% di gradimento. Nessuno svetta sugli altri.

È come se, in tivù, l'informazione, l'approfondimento, la stessa satira, suscitassero interesse, ma anche stanchezza. E un po' di fastidio. Probabilmente perché la crisi, economica e politica, è difficile per tutti. Sentirne parlare non conforta. Produce, anzi, un senso di malessere che ha contaminato, in qualche misura, anche i media.

D'altronde, gran parte della popolazione sceglie i tg e i programmi di informazione in base alle proprie preferenze politiche. Il pubblico di centrosinistra dimostra fiducia per il Tg3 e il Tg di La7. Il quale risulta, in assoluto, il più apprezzato dagli elettori del M5S. D'altra parte, il Tg di Mentana è quello che ha riservato maggiore spazio e attenzione a Grillo e al M5S, ben prima del voto di febbraio. Gli elettori di centrodestra, invece, guardano con fiducia i tg delle reti Mediaset. E gli elettori di centro si fidano soprattutto del Tg1 e di Rai News 24. Come in passato, dunque, gli italiani, nella tv, cercano conferma alla loro identità politica.

Da ciò, la crescente sfiducia verso l'informazione televisiva. Se, infatti, il legame fra orientamento politico e consumo televisivo appare stretto, allora il clima di distacco e di ostilità verso la politica, che si respira nella società, non può non coinvolgere anche la televisione. Principale, quasi unico, "campo di combattimento" della politica italiana. Ma ciò genera un circuito vizioso. Così, paura e sfiducia, nello scambio tra pubblico e televisione, si rafforzano reciprocamente.

È l'Italia del disgusto politico e dei forconi. Prima che sia troppo tardi, qualcuno dovrebbe interrompere questo inseguimento senza fine. Ma è difficile che ciò avvenga per iniziativa del pubblico. Della società. E ho il sospetto che neppure i media, in particolare la tivù, siano disposti a cambiare una programmazione. Che garantisce ancora ascolti, anche se usurata. Così è probabile che lo "spettacolo" continui. Con gli stessi format. Con gli stessi effetti sul "pubblico". Tutti insieme: sfiduciati e scontenti. Fino al collasso del clima d'opinione. Che, in effetti, sembra ormai prossimo.


2. GIORNALI SUI TABLET, VIDEO SUL CELLULARE LE NEWS SONO UNA COSTRUZIONE PERSONALE
Luigi Ceccarini per ‘La Repubblica'

È un intreccio sempre più chiaro quello tra nuovi e vecchi media nel consumo di informazione degli italiani. Internet, giornali, tivù, si tirano l'un l'altra. E si intrecciano l'un l'altra. Nessuno vince, nessuno perde, in questa che non è una competizione, ma una interazione. I protagonisti sono i giovani, che hanno maggiore dimestichezza con i "nuovi" media.

Tanto che new media e mainstream media, soprattutto per loro, i nativi digitali, sono categorie poco definite: guardano la tivù nei tablet, ascoltano la radio nel cellulare e leggono i giornali nello smartphone.

Del resto basta guardarsi attorno, nei luoghi della quotidianità. Smartphone e tablet sono diventati accessori comuni. In molti li usano per accedere alla Rete. E anche per informarsi. Gli internauti che oggi si collegano in mobilità, con tablet e smartphone, sono quasi 6 su 10 (erano meno di 4 solo un anno fa). Questi strumenti per navigare hanno raggiunto, in poco tempo, il notebook: 60% (in calo di 8 punti percentuali).

E chi si informa tutti i giorni attraverso Internet (47%) ha un profilo ormai noto. Oltre ai giovani, sono più rappresentati gli uomini e i soggetti scolarizzati. Professionisti, impiegati e studenti. Anche i disoccupati (in larga misura giovani). Ma questi utenti non restano "imprigionati" nella Rete.

Un po' più della media leggono quotidiani e settimanali cartacei, seguono la radio, la tv satellitare e digitale, quindi i canali all news. Un po' meno (si fa per dire: 76 vs. 80%) la tivù generalista. Quindi, tutto si intreccia con tutto tra gli internauti. Del resto, è un po' quello che avviene anche tra i lettori assidui dei giornali quotidiani.

Sebbene questi sembrano privilegiare l'approfondimento informativo nei magazine settimanali. Meno proiettati sul web, invece, sono coloro che, pur seguendo l'informazione quotidianamente, preferiscono il canale tv.

C'è uno stile di consumo "ibrido", che ricorre a vari media contemporaneamente. Infatti, se il 73% di quanti si informano quotidianamente in Rete legge i giornali online, il dato scende, restando comunque alto, tra i lettori assidui dei quotidiani cartacei (49%), dei settimanali (43%) e di chi trae informazione dalla Tv (40%). Questa "ibridazione" non resta confinata all'atto dell'informarsi.

Coinvolge anche la discussione politica, che avviene sia online (nei blog ad esempio) che offline (discutendo "spesso" di politica in famiglia, con gli amici e colleghi). Dunque, usare insieme vecchi e nuovi media fa bene al cittadino e ad una opinione pubblica informata e coinvolta. Al tempo stesso, getta un ponte tra due sfere che non sono affatto distinte, ma comunicanti: online e offline.

 

 

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