marina ripa di meana

MEMORIE DI MARINA STRA-RIPA DI MEANA: 'QUANDO MORAVIA MI DISSE 'SENTI QUANTO E' DURO' - ''ALBERTO VENNE SUBITO A CASA MIA. CI SEDEMMO SUL DIVANETTO E, MENTRE IO GLI SPIEGAVO I GUAI IN CUI SI ERA CACCIATO SCHIFANO, LUI SENZA TANTI COMPLIMENTI MI PRESE UNA MANO E SE L’APPOGGIÒ SULLA PATTA, DICENDOMI: “MARINA, SENTI QUANTO È DURO”

MARINA RIPA  Colazione al Grand HotelMARINA RIPA Colazione al Grand Hotel

Estratti dal libro di Marina Ripa di Meana - COLAZIONE AL GRAND HOTEL Moravia, Parise e la mia Roma perduta

Editore Mondadori

 

Marina Ripa di Meana Goffredo Parise Marina Ripa di Meana Goffredo Parise

Fu un periodo come fuori dal tempo. Non avevo una lira in tasca, ma vivevo come una miliardaria, viziata e coccolata. Al mio carlino Banana veniva servita la pappa su un piatto d’argento e al mattino un portiere in livrea accompagnava Lucrezia a scuola. Per alleviare quella specie di clausura di lusso invitavo spesso a colazione due amici, Alberto Moravia e Goffredo Parise. Erano i miei dioscuri, i miei cavalieri del cielo, Castore e Polluce, miei complici di avventure, miei paladini e più tardi anche miei testimoni di nozze.

Marina Ripa di Meana in un collage fotografico di Franco Angeli Marina Ripa di Meana in un collage fotografico di Franco Angeli

 

………………………..

 

Una sera, verso la metà degli anni Sessanta, ero seduta al bar Rosati, in piazza del Popolo, col solito gruppo di amici pittori: mancava solo Mario Schifano, perché il giorno prima era stato arrestato per “possesso di droga”. Leggasi marijuana. Aspettavamo Alberto Moravia, al quale volevamo chiedere di darci una mano per tirar fuori dal gabbio il nostro amico già superstar. Diversamente da Franco Angeli, Tano Festa e gli altri, io ancora non conoscevo Moravia e lo aspettavo con grande curiosità.

Marina e Carlo Ripa  Meana2(Ap)Marina e Carlo Ripa Meana2(Ap)

 

Poco dopo, Alberto ci raggiunse. Veniva da via dell’Oca, dove era andato a trovare la sua ex moglie Elsa Morante, dalla quale in realtà non aveva mai formalmente divorziato.

Aveva un’aria energica, scattante, una bella testa di capelli bianchi e un viso asciutto, serio, sotto i folti sopracciglioni. Zoppicava leggermente e sembrava un ragazzetto scontroso, irritato.

 

Era molto più grande di noi, era già famoso, quasi in odore di quel Nobel che non avrebbe mai preso. Doveva avere più di una sessantina d’anni, mentre nessunodi noi arrivava ai trenta. Si mise subito a parlare di Elsa, in maniera non proprio garbata. Sbuffava, si esprimeva con frasi brevi, smozzicate, molto taglienti, quasi crudeli. Pensai non fosse carino che parlasse a quel modo di sua moglie.

 

Marina Ripa con Carlo Ripa di Meana e Moravia Marina Ripa con Carlo Ripa di Meana e Moravia

Si erano conosciuti nel ’36 – li aveva presentati il pittore Capogrossi – e si erano sposati nel ’41, in piena guerra, con un matrimonio religioso perché Elsa era profondamente cattolica, ma la loro relazione era sempre stata tempestosa. All’inizio avevano vissuto ad Anacapri, frequentando spesso Curzio Malaparte. Poi si erano trasferiti a Roma, e nel ’48 Elsa aveva pubblicato un romanzo, Menzogna e sortilegio, che le era valso quello stesso anno il premio Viareggio. Il suo libro più famoso, La storia, uscì nel ’74, quando si era separata da Alberto ormai da dodici anni; fu un vero e proprio bestseller: vendette seicentomila copie, un record per quegli anni, ma suscitò anche molte polemiche.

 

Marina Ripa e MoraviaMarina Ripa e Moravia

Ci furono opposti schieramenti; a storcere il naso fu soprattutto la sinistra e particolarmente feroce fu la lettera di Nanni Balestrini, Letizia Paolozzi, Elisabetta Rasy e Umberto Silva, pubblicata da “il Manifesto”, in cui si affermava: “Di grandi scrittori reazionari corre voce che ce ne siano ancora, certo però non pensavamo ci fosse ancora spazio per bamboleggianti nipotini di De Amicis” e si definiva La Storia “una scontata elegia della rassegnazione”. A scrivere a Elsa una lettera di commosso apprezzamento fu invece Anna Maria Ortese, che amava il mondo della Morante.

MARINA RIPA DI MEANA E BETTINO CRAXI MARINA RIPA DI MEANA E BETTINO CRAXI

 

marina ripa di meana  PLAYMEN-1991marina ripa di meana PLAYMEN-1991

Quel giorno, tuttavia, quando al bar Rosati conobbi Moravia, ancora non sapevo quanto anche Elsa Morante potesse essere a volte sgradevole. Evidentemente fra lei e Alberto c’erano forti contrasti: non erano solo una coppia di separati, erano soprattutto due scrittori in eterna competizione. Elsa poteva essere dolce e simpatica, ma anche diventare di colpo insopportabile: tutto dipendeva da quante anfetamine prendeva, come Ginevra Bompiani ha recentemente confidato a Paolo di Stefano sulle pagine del “Corriere”.

Marina Ripa con la figlia Lucrezia Marina Ripa con la figlia Lucrezia

 

Alberto a volte si lasciava scappare quanto gli desse fastidio che per ragioni alfabetiche in libreria e in biblioteca i suoi libri fossero sempre accanto a quelli di Elsa, ma immediatamente dopo.

 

Nel ’62 Alberto aveva lasciato Elsa per Dacia Maraini, una ragazza graziosa e dolce, più giovane di lui di quasi trent’anni. Moravia si era prestato a scrivere sotto forma di lettera la prefazione al primo libro di Dacia, la Vacanza, pubblicato dall’editore Lerici. Ebbe così inizio la loro relazione, che suscitò molto scalpore per la grande differenza di età.

 

marina ripa di meana  PLAYMEN-1989marina ripa di meana PLAYMEN-1989

L’anno dopo, nel ’63, Alberto Moravia fece fuoco e fiamme perché il Premio Internazionale degli Editori “Formentor” fosse assegnato a Dacia per l’inedito L’età del malessere: ne nacque una vera e propria bagarre nel mondo letterario. Famoso lo scontro nella saletta Einaudi in via Veneto tra Dacia Maraini e Giuseppe Berto, che senza mezzi termini disse che esisteva una “mafia culturale” e che quel premio assegnato alla giovane amante di un grande scrittore era un vero e proprio abuso di potere, anzi di strapotere. Lei gli diede dello stronzo e scappò via in lacrime. Probabilmente Dacia quel premio lo avrebbe vinto anche senza le pressioni di Moravia. Ha continuato a scrivere e oggi i suoi libri sono letti e venduti in tutto il mondo.

PARISE PARISE

 

Più tardi, quella sera, andammo a cena da Cesaretto e si unì al nostro gruppo anche Bernardo Bertolucci, con Mapi Maino. Bernardo era molto carino a quel tempo, aveva un viso dolce, quasi infantile, sotto un caschetto di bei riccioloni castani.

 

MARINA RIPA E SCHIFANO 16dMARINA RIPA E SCHIFANO 16d

Moravia si diede da fare in qualche modo per Mario Schifano, visto che, qualche giorno dopo quella cena, il “puma”, come lo chiamava Goffredo, era già fuori da Regina Coeli. Una vicenda più seria fu invece l’arresto di Mario diversi anni più tardi, nel ’74, per uso e detenzione di cocaina.

 

A quel tempo Moravia era ormai da anni anche amico mio e Franco insistette perché lo convincessi a chiedere al suo avvocato, il famoso penalista Adolfo Gatti, di assumere la difesa di Mario. Telefonai ad Alberto, che venne subito a casa mia. Ci sedemmo sul divanetto e, mentre io gli spiegavo i guai in cui si era cacciato Schifano, lui senza tanti complimenti mi prese una mano e se l’appoggiò sulla patta, dicendomi: «Senti quanto è duro». Ci rimasi di stucco, ma la buttai sul ridere e tenni botta. Tutto finì lì.

MARINA RIPA - MATRIMONIO MARINA RIPA - MATRIMONIO PARISE FIORONIPARISE FIORONI

 

Marina Ripa di Meana Goffredo Parise Marina Ripa di Meana Goffredo Parise

Il giorno seguente, andammo insieme nello studio di Gatti, in via Condotti, sopra la gioielleria Bulgari. Moravia, da uomo di potere qual era, incaricò il suo avvocato di difendere Mario. Al processo, Gatti fece una bellissima arringa, invocando per un grande artista come Schifano leggi diverse da quelle del codice italiano. Il giudice rimase sbalordito, ma alla fine condannò Mario soltanto a un periodo di detenzione in un manicomio, Santa Maria della Pietà.

 

Un paio di giorni dopo, Moravia e io lo andammo a trovare. Passai a prendere Alberto con la mia Austin Princess bianca. A quel tempo a Roma si viveva con niente, si campava di fantasia. La Austin Princess me l’aveva regalata un ammiratore e il garzone del fornaio sotto casa si prestava a fare da autista, quando non si offriva volontario il portiere di via Borgognona.

Schifano Schifano marina ripa di meana -a-via-veneto-con-un-amica-nel-1968marina ripa di meana -a-via-veneto-con-un-amica-nel-1968

 

Era un’auto di seconda mano, ma di rara bellezza, col cruscotto in radica di noce e il vetro divisorio interno. Qualcuno ogni tanto ci metteva la benzina, ma quando la benzina finiva, la Austin restava ferma. Una volta rimase ferma così a lungo in piazza Farnese che la dovetti abbandonare, perché ormai la notte ci dormivano i barboni e i gatti.

giosetta fioroni schifanogiosetta fioroni schifano

 

Quando passavo a prendere Moravia a casa sua, però, la Austin Princess era ancora perfetta e tirata a lustro. Ricordo che Alberto saliva tutto compunto e divertito i due gradini del predellino del mio macchinone. Poi insieme andavamo in pompa magna al Santa Maria della Pietà a trovare Mario, che ci accoglieva felice, coi suoi saltelli da “piccolo puma”. Tra un saltello e l’altro, Mario ci offriva addirittura qualche striscia bianca!

marina ripa di meana marina ripa di meana

 

In quegli stessi giorni ebbi modo di conoscere Elsa Morante. Una sera dovevamo cenare a La Carbonara in Campo de’ Fiori con Dario Bellezza, Sandro Penna e un suo amore, soprannominato Culo Zozzo, Carlo Cecchi, Laura Betti e la Morante. Io arrivai come al solito in ritardo e, quando ci presentarono, Elsa fece una faccia schifata e disse con tono acido: «Sarebbe tutta qui la famosa Marina, tutta qui ’sta gran bellezza?». Pensai fosse una sorta di scorbutica Maga Magò, ma dovetti ricredermi quando la sentii parlare del suo amore per un amico pittore gay. La Morante aveva la caratteristica speciale di innamorarsi di fascinosi personaggi gay: da Luchino Visconti, a Dario Bellezza, a Bill Morrow, il pittore americano che viveva a Roma e che morì suicida.

 

meana13 goffredo parise marinameana13 goffredo parise marinaGoffredo ParisiGoffredo Parisi

Qualche mese dopo quella serata, la rividi in piazza di Spagna. Io ero in compagnia di un amico fotografo, che le fece subito un sacco di complimenti melensi e le chiese se voleva posare per un settimanale. Lei allora gli rispose seccamente: «Fotografa pure la Lante, che sta sempre su tutti i giornaletti». Poi aggiunse: «Io non sono bella, sono vecchia, e tu e il tuo giornaluccio potete andare a fare in culo!». E si allontanò trascinandosi dietro un borsone di plastica, come una gattara qualsiasi, circondata però da un alone di divinità.

 

 

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