COM’È BELLA LA CITTA’ DI JEP GAMBARDELLA - SERVILLO: ‘VENGO DALLA STESSO PAESE DI PULCINELLA, SONO UN PROVINCIALE. L’UNICO CONTATTO CHE HO CON JEP È NELLA BRAMA DI CONQUISTARE LA CITTÀ NEI PANNI DEL FORESTIERO’

Malcom Pagani per "GQ"

Mario è un bambino di quasi novant'anni. Ha la borsa marrone sulle spalle e rincorre i giorni felici nelle ombre di Perugia, come ai tempi in cui fotografava Beckett, e Dondero era solo il cognome in cui incasellare storie di partigiani e di poeti, viali francesi, colori e piccole giamaiche in Brera.

«Il mio compito», dice il fotografo mentre con l'appendice di una vita ferma abbraccia, scatta e coinvolge sudditi e regnanti, maestranze, cassiere, elettricisti e grandi artisti, «è far emergere la simpatia». Ha un volto levigato dai venti e dalle epoche, i solchi tra gli zigomi. Oltre le porte del teatro Morlacchi di Perugia lo aspettano le rughe di Toni Servillo da Afragola. Che dice: «È un paesone a cinque chilometri da Napoli, nel triangolo atellano, dove secondo la leggenda è nato Pulcinella. Mi piace immaginare che il destino fosse scritto nel Dna del luogo».

In quasi due ore di colloquio a più voci, il nostro attore più prezioso apre lo scrigno. Salta da una quinta a un retropalco, da un camerino a Los Angeles, recita il ruolo più difficile da interpretare e si racconta. Quando Toni Servillo è di spalle - la luce sullo sfondo, il loggione deserto - Mario Dondero agita la sua estensione. Clic, clic, clic. Il resto, un silenzio pieno di parole. Una luce tra il manifesto e lo specchio: «I camerini italiani sono sporchi, ordinari, spesso arredati con oggetti di risulta. Raccontano molto della nostra esistenza zingaresca».

Tony Pisapia, il primo personaggio da lei indossato per Paolo Sorrentino, lo teorizzava: «Mi ricordo tutti i teatri in cui mi sono esibito, tutte le canzo- ni che ho cantato, i camerini, i flash dei fotografi, le dediche sui dischi, gli autografi, le tournée, i ristoranti, le risate, le lacrime degli spettatori».
«Non ne ho dimenticato uno neanche io. Le regge della Comédie-Française e le luci al neon, da bagno pubblico, che ammantano la fredda, affascinante atmosfera délabré del Berliner. Se la compagnia è come una famiglia, allora i camerini sono le case della nostra parabola vagabonda».

Servillo, adesso però lei abita senza abusivismi anche sotto le volte del cinema.
«Né io né Paolo avremmo mai potuto immaginarlo. Ai tempi de L'uomo in più, Sorrentino era poco più di un ragazzo. Ruotava intorno alla comunità di Teatri Uniti, una factory che univa l'esperienza di Mario Martone e Antonio Neiwiller alla mia. Mi propose una sceneggiatura, ma io stavo portando in scena Il misantropo di Molière e con un atteggiamento un po' snobistico rifiutai persino di leggerla: "Ma cosa vuoi che mi freghi del tuo copione?". Allora Paolo e Angelo Curti, il mio produttore storico, ricorsero a un espediente. Finsero di rinunciare: "Lo facciamo leggere a un altro, non preoccuparti". Mossero l'amor proprio. Vinsero».

Dunque, alla fine lesse.
«E me ne innamorai immediatamente. Chiamai Paolo: "Questo film lo faccio subito". Non mi immaginavo come attore di cinema, mi sentivo tutt'al più membro di un'esperienza che, attraverso il teatro, faceva passi ponderati in un universo legato a doppio filo alla nostra poetica di allora».

Insieme siete arrivati a lambire le lande dell'Oscar.
«L'uomo in più mi offrì la consapevolezza di potermi assumere una responsabilità. Illuminare un film attraverso la prospettiva di un grande personaggio disegnato da uno straordinario scrittore di racconti, capace di cambiare sempre il proprio punto di vista sulle cose. Nessuno dei quattro profili che mi ha offerto Paolo mi assomiglia davvero, ma se penso a Pisapia, al Titta Di Girolamo de Le conseguenze dell'amore, all'Andreotti de Il divo o a Jep Gambardella de La grande bellezza, non riesco a immaginare niente di più eterogeneo. Nessun punto di contatto. Nessun manierismo. Un capitolo sempre nuovo».

La descrivono schivo.
«In realtà non sono interessato alle mitografie, alla monumentalità, al ricostruire il principio di una vocazione. Le vocazioni non mi interessano e in fondo mi annoiano. Preferisco i bilanci. Anche se sono prematuri e sono in un processo che è in pieno svolgimento, capirò esattamente che cos'è questo mestiere quando avrò intuito cosa mi è accaduto come uomo e a che cosa ho rinunciato per consacrarmi totalmente a tournée da 180 date all'anno».

È un atteggiamento rischioso?
«Igienico. Se leggere un libro è l'Omega-3 che per- mette al cervello di nettare il rumore di fondo e il chiacchiericcio inutile, non entrare nella corrida delle opinioni a gettone altro non è che rispettare il modello a cui mi ispiro. Risparmiarsi bordeggiando la dimensione pubblica legata all'esercizio del proprio mestiere non è un vezzo, è un'esigenza. Significa credere nella forza del tuo lavoro e attribuirgli una nobiltà. Credere che le cose più importanti che dici, le esprimi quando fai bene il tuo mestiere, nel momento in cui reciti. Per noi attori, "momento" è la parola più importante».

Perché?
«Perché chi ti guarda partecipa a un momento estate riempire quell'istante di intelligenza, significato, senso e cuore, per trasmetterlo e condividerlo. È un crinale sottile. Saper conservare lo stupore sorgivo è sempre una specie di miracolo».

Come ci riesce?
«Con il costante esercizio dell'immaginazione, che se fai un la-voro legato all'espressione sei costretto a praticare in solitudine. Provo a conservare un'energia pre-espressiva, una riserva di comportamenti nascosta e coltivata. È un po' come sottrarre altre ipotesi all'esistenza perché l'esistenza che vuoi mettere in luce è un'esistenza finta che in determinate condizioni può risultare straordinariamente autentica. Tutto il contrario del genio e sregolatezza. È un percorso fatto di curiosità e osservazione. A ottant'anni Elias Canetti giurava che la cosa che più gli piacesse era prendere il tram e vedere le facce delle persone e Dino Risi sosteneva con magnifica leggerezza una tesi non dissimile: "Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?"».

Lei avrebbe saputo convincerla?
«Sono legato al racconto orale e so che fin quando ci sono una persona che racconta e una che è disposta ad ascoltare, il teatro esisterà sempre. Sono stato educato a rimettere al centro la parola, il linguaggio organizzato in maniera intelligente, a cogliere l'incantesimo del mondo e il suo stupore declinato attraverso la rappresentazione. Napoli è una Comédie-Française en plein air. Lì un attore è come un pesce in un acquario».

Servillo, però, sguazza da sempre a Caserta.
«Sono un provinciale e la provincia ti mette al riparo dalle ritualità e dal vuoto esercizio sociale. La mia formazione, con i suoi limiti e le sue ambizioni, è la stessa che la letteratura francese ha raccontato in maniera non eguagliabile. Anche se l'unico vero contatto che ho con Jep Gambardella è nella brama di conquistare la città nei panni del forestiero, a Caserta sto benissimo. Ho 54 anni. Non venti, non trenta, non quaranta.

Forse domani le cose cambieranno, ma oggi, tutto quel che sono e quel che ho fatto l'ho vissuto e sviluppato in un territorio verso cui sento ancora un debito enorme. Caserta è un satellite di Napoli. E Napoli è un luogo in cui si sta al mondo in un certo modo. Una città unica in cui camminando non incontri la gente, ma piuttosto l'uomo. Un posto in cui gli artisti possono muoversi con disinvoltura approfittando della tradizione. A Napoli non l'ha spazzata via nessuno. È viva. Come diceva il mio amato Eduardo, "la tradizione è la vita che continua"».

A volte la tradizione opprime, non crede?
«O blocca. Càpita quando il passato incombe, si annaspa nella palude e come ne La grande bellezza non si riescono a trasformare fantasmi, vestigia e lezioni eterne in occasioni di riscatto. Il film ha l'indefinibile quinta di Roma come proscenio, ma non parla di Roma».

Cosa racconta davvero?
«Jep è un cinico sentimentale, deluso dal presente e non estraneo a un atteggiamento moralistico. Segue, attraversa e a tratti asseconda con passo lieve i riti della mondanità intellettuale o pseudointellettuale, dissipando il proprio talento. Lascia dietro di sé una lunga serie di occasioni mancate, una scia di rimpianto, un'illusione. Una tragica impasse da cui si vorrebbe evadere senza averne la forza. Da qui l'identificazione transnazionale, il tema universale, lo specchio in cui si sono osservati anche quelli che un passaporto italiano non lo possedevano».

Anche il politico da lei interpretato in Viva la libertà cercava un'Arca con la quale salpare altrove.
«Sarebbe molto bello se in tutte le cose della vita e anche nella politica ci fosse più corrispondenza tra le persone che si è e il mestiere che si fa».

Ora, fuori dal teatro, nell'immutata grazia medievale di Perugia, piove. Toni e Mario si stringono uno all'altro come vecchi amici. Gatti randagi dalla comune discendenza. Parla Mario: «È come quando ti innamori: bruci le tappe, gli anni, le distanze. Per farlo bastano due ore». Servillo si allontana. Nessuno lo ferma. Ha un ombrello rosso in mano. Non lo apre. Dondero preme ancora. Prova ancora. Clic, clic, clic. Il linguaggio dei segni. La materia impercettibile dei sogni.

 

TONI SERVILLO FOTO DI MARIO DONDERO TONI SERVILLO FOTO DI MARIO DONDERO TONI SERVILLO FOTO DI MARIO DONDERO TONI SERVILLO FOTO DI MARIO DONDERO TONI SERVILLO FOTO DI MARIO DONDERO La grande bellezza Toni Servillo Servillo e Sorrentino db fef e eab afcbb b e f Toni Servillo Matteo Garrone BUCCIROSSO E SERVILLOVERDONE E SERVILLO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI, BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

donald trump vladimir putin benjamin netanyahu volodymyr zelensky

DAGOREPORT – TRUMP HA FINALMENTE CAPITO CHE NON POTEVA PERMETTERSI, COME È SUCCESSO A FERRAGOSTO IN ALASKA, DI FARSI PRENDERE DI NUOVO PER CULO IN MONDOVISIONE DA PUTIN - L’INCONTRO DI BUDAPEST NON POTEVA ASSOLUTAMENTE FINIRE CON UN NUOVO FALLIMENTO, MA DI FRONTE AL NIET DI MOSCA A OGNI COMPROMESSO, HA DOVUTO RINUNCIARE – ORA CI SONO DUE STRATEGIE: O RIEMPIE KIEV DI TOMAHAWK, MISSILI IN GRADO DI COLPIRE IN PROFONDITÀ LA RUSSIA, OPPURE SCEGLIE LA STRADA MORBIDA CHE VERRÀ LANCIATA DOMANI DAL CONSIGLIO EUROPEO (L’INVIO A KIEV DI 25 BATTERIE DI MISSILI PATRIOT) – L’INNER CIRCLE “MAGA” LO PRESSA: “L’UCRAINA? LASCIA CHE SE NE OCCUPI L’UE” –  IN USA MONTA L’ONDATA DI SDEGNO PER LA SALA DA BALLO ALLA CASA BIANCA - LA STRIGLIATA A NETANYAHU DEL TRIO VANCE-WITKOFF-KUSHNER… - VIDEO

niaf francesco rocca daniela santanche arianna meloni claudia conte zampolli peronaci

DAGOREPORT: METTI UNA SERA A CENA…I FRATELLI D’AMERICA! -SEMBRAVA DI ESSERE IN UN FILM DEI VANZINA AL GRAN GALA DEL NIAF, 2180 INVITATI, 218 TAVOLI DA 150MILA DOLLARI OGNUNO, OCCUPATI DAI BOSS DELLE PARTECIPATE DI "PA-FAZZO CHIGI" (DONNARUMMA, CATTANEO, FOLGIERO, ETC.), JOHN ELKANN CHE HA TRASFORMATO IL GIARDINO DELL'AMBASCIATA IN UN AUTOSALONE (TRA MASERATI E FERRARI, TRONEGGIAVA UN TRATTORE!), FINANZIERI VARI E DE LAURENTIIS, IL GOVERNATORE ROCCA E SANTANCHÉ - CAUSA SHUTDOWN DEL GOVERNO USA, NON C'ERA ALCUN TIRAPIEDI DI TRUMP: DELUSI COLORO CHE SOGNAVANO, ATTRAVERSANDO L'ATLANTICO, DI BANCHETTARE CON SUA MAESTÀ "THE DONALD" E LA SUA "RAGAZZA PONPON" GIORGIA MELONI - QUELLI DEL NIAF HANNO "COPERTO" IL BUCO DELLE AUGUSTE PRESENZE INVITANDO ARIANNA MELONI, UNICO SEGRETARIO POLITICO PRESENTE, CHE HA COSÌ RICEVUTO IL SUO BATTESIMO NELL'AGONE INTERNAZIONALE - NON POTEVA MANCARE L’ONNIPRESENTE CLAUDIA CONTE CHE SI È FATTA RITRARRE INSIEME ALL’AMBASCIATORE PERONACI, GIA’ CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI PIANTEDOSI, E A QUEL MARPIONE DI PAOLO ZAMPOLLI, INVIATO SPECIALE DI TRUMP - LA PASTA SCOTTA E L’ESIBIZIONE DEL PREZZEMOLONE BOCELLI - VIDEO

matteo salvini alberto stefani luca zaia

DAGOREPORT - LUCA ZAIA MINACCIAVA DI DIVENTARE UN SERIO “PROBLEMA” PER MATTEO SALVINI E FORSE LO SARÀ: NON POTENDO IL “DOGE”, PER ORDINE DI SALVINI IN COMBUTTA CON MELONI, GUIDARE UNA LISTA A SUO NOME, UNA VOLTA SBATTUTO A CAPOLISTA IL SUO ENTUSIASMO POTREBBE SCEMARE E LA LEGA IN VENETO CORRE IL RISCHIO DI UN SORPASSO DI FRATELLI D'ITALIA - EVENTUALITA' CHE METTEREBBE DI NUOVO IN DISCUSSIONE LA LEADERSHIP DEL "CAPITONE" - I RAS LOCALI HANNO CRITICATO PER ANNI SALVINI, SENZA MAI AVERE IL CORAGGIO DI SFIDUCIARLO. QUESTA VOLTA, TRA UN VANNACCI CHE SI PRENDE I PIENI POTERI NEL PARTITO E I MALUMORI PER LA "CESSIONE" DELLA LOMBARDIA A FDI, UN FLOP IN VENETO POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO - SE SALVINI NON RIDE IN VENETO, ELLY SCHLEIN POTREBBE PIANGERE IN CAMPANIA: IL GRILLONZO ROBERTO FICO NON ENTUSIASMA E FA INCAZZARE DE LUCA CON LE SUE LEZIONCINE ETICHE SUI CANDIDATI. TANT'E' CHE TRA I FEDELISSIMI DI DON VICIENZO È PARTITO IL FUGGI FUGGI VERSO LE SIRENE DELLA DESTRA DI POTERE...

orcel messina

FLASH! – AVVISO AI NAVIGATI: ALLA CHIUSURA DELLA GIORNATA BORSISTICA DI OGGI LA CAPITALIZZAZIONE DI MERCATO DI UNICREDIT REGISTRA 98,20 MILIARDI, E' SUPERIORE A QUELLA DI BANCA INTESA CHE SI SI ATTESTA A 97,67 MILIARDI – CON L’ARRIVO DI ANDREA ORCEL A UNICREDIT È INIZIATO IL CAMMINO DI SORPASSO SULLA PRIMA BANCA ITALIANA GUIDATA DA CARLO MESSINA – A PIAZZA GAE AULENTI, MENTRE SI AVVIA LA RICERCA DEL SOSTITUTO DEL PRESIDENTE PADOAN, ORCEL STA PREPARANDO I “BOTTI” DI NATALE, RICCHI DI SORPRESE…

luca zaia giorgia meloni matteo salvini

FLASH! – LUCA ZAIA, ABBAIA MA NON MORDE: SONO IN MOLTI A CHIEDERSI PERCHÉ IL GOVERNATORE USCENTE DEL VENETO ABBIA ACCETTATO DI FARE DA CAPOLISTA IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI, ALLE PROSSIME REGIONALI, MALGRADO NON ABBIA OTTENUTO NÉ IL TERZO MANDATO, NÉ LA POSSIBILITÀ DI PRESENTARE UNA LISTA A SUO NOME (CON CUI AVREBBE POTUTO PESARE LA SUA FORZA ELETTORALE E SOTTRARRE CONSIGLIERI REGIONALI A FRATELLI D’ITALIA) - PERCHÉ ZAIA SI È PRESTATO A UN’OPERAZIONE DI COSÌ PICCOLO CABOTAGGIO? UNA MOSSA CHE AVVANTAGGIA SOLO SALVINI E FA FELICE LA MELONA, CHE NON CORRONO IL RISCHIO DI FARSI FREGARE I VOTI DA UNA LISTA ZAIA...