prezzolini benjamin junger

SUICIDI D’AUTORE! AMMAZZARSI PUO’ ESSERE UN “CULMINANTE PENSIERO DI RIBELLIONE” - ECCO GLI SCRITTORI CHE HANNO FATTO DEL SUICIDIO IL SUGGELLO DELLA LORO ESISTENZA - ANCHE CERONETTI NON DISDEGNAVA L'IDEA: “MOTIVI IDEALI PER USCIRE DA QUESTA MORTA VITA SONO UN SOLLIEVO E UN RIPARO” - PREZZOLINI: “IL SUICIDIO È LA PIÙ SICURA AFFERMAZIONE DI LIBERTÀ” - QUELLA VOLTA CHE CHATWIN ANDO’ A TROVARE L’ULTRAOTTANTENNE JUNGER E QUEI FOGLI SPORCHI DI SANGUE

prezzolini

Stenio Solinas per il Giornale

 

Ci sono molti motivi per uccidersi, e molti modi e naturalmente molte età: il suicidio attrae i giovani come i vecchi, ma non disdegna gli uomini o le donne nell'età della maturità, trent'anni, quaranta, cinquanta...

 

 

Nel suo Suicidi d'autore (Stampa alternativa, pagg. 190, euro 14), riedizione ampliata di un libro uscito una quindicina d'anni fa, Antonio Castronuovo ne allinea venticinque «esemplari», nel senso di compiuti in quanto dietro di essi c'è un artista, un poeta, un grande pessimista... Nella loro storia vissuta all'insegna dell'arte, il suicidio è a volte suggello della loro esistenza, scrive l'autore nel dar conto della tragicità di Sylvia Plath, Antonia Pozzi, Sarah Kane, Irme Seidler, lì dove l'essere da subito ai ferri corti con la vita rende la morte di propria mano una liberazione. Oppure può essere un «culminante pensiero di ribellione», come nel volo dalla Torre della Garisenda di Attilio Formiggini (1878-1938), l'editore che aveva fatto del ridere il suo marchio di fabbrica e che si sfracellò al suolo per protesta contro le leggi razziali e contro un regime che infamandolo in realtà infamava se stesso.

benjamin

 

Nella categoria del suicidio Castronuovo inserisce anche dei casi di autodistruzione programmata: Alfred Jarry (1873-1907) che annega la sua esistenza nell'assenzio, Raymond Roussel (1877-1933) che si consuma nella droga. Più pertinenti sono però i gesti di deliberata volontà di sottrarsi a ciò che la storia, ovvero il destino, potrebbe avere in serbo per chi li mette in atto. Nicolas de Condorcet (1743-1794), uno dei teorici e filosofi della Rivoluzione francese, si avvelena nel carcere dove il Terrore giacobino lo ha rinchiuso in attesa che la ghigliottina trovi la sua testa; Walter Benjamin (1892-1940) si avvelena nell'alberghetto spagnolo di Port Bou per evitare il campo di concentramento che probabilmente lo aspetta in Francia; Drieu La Rochelle (1893-1945) si avvelena fra le quattro mura della casa che lo ospita per sottrarsi a «un processo imbecille» e al giudizio dei vincitori...

 

castronuovo cover

Secondo Castronuovo, «il suicidio è generalmente considerato l'esito di una sofferenza, di una incapacità, di una delusione: un atto debole e negativo». Non ha torto, ma vale la pena di vedere le cose anche da un altro punto di vista, sulla scorta delle riflessioni di Henry de Montherlant (1896-1972) anche lui facente parte della «pattuglia dei venticinque» selezionata in questo volumetto. Scriveva dunque Montherlant che «la prima ragione per amare il suicidio, è che è calunniato. Il suicidio condivide, con un certo numero di azioni proprie alle minoranze, il terribile onore d'essere considerato un delitto, pur senza esserlo».

 

E ancora: «Che il suicida sia o non sia uno sconfitto, ha poca importanza, se col suo suicidio ha testimoniato due cose: il suo coraggio e il suo dominio». Un'eco di queste considerazioni lo si avverte nell'apocalittico Ceronetti quando nel Silenzio del corpo osserva che «motivi ideali per uscire da questa morta vita sono un sollievo e un riparo, una specie di capitale in una banca sicura: si sa che basta uno scarabocchio per riaverli tutti in un colpo. Li vado, per ora, accumulando e ogni tanto passo allo sportello, che non è blindato». Un'eco di queste considerazioni lo si avverte nel laico e disincantato Prezzolini dei Diari: «Il suicidio è l'atto più puro del pensiero. È un assoluto che non lascia nulla da risolvere. È la più sicura affermazione di libertà».

CERONETTI

 

Montherlant si uccise che aveva superato i settant'anni. Stava diventando cieco, aveva un tumore, sapeva che da tempo ormai il corpo non rispondeva più ai comandi, temeva il buio, l'immobilità, il dipendere dagli altri. Aveva avuto una vita vissuta nel godimento dell'istante, mai obbligarsi a fare cose sgradite, non nutrire ambizioni: «Una dopo l'altra ho visto sparire le mie ragioni di agitarmi, sommerse, ciascuna a suo turno, dalla marea montante dell'indifferenza. La religione, poi il fascino delle anime, poi la fraternità (che ho avvertito solo durante la guerra), poi la curiosità e il gusto che avevo di me stesso. È rimasta soltanto la volontà di costruire un'opera letteraria».

 

Era una maschera, Montherlant, costruita ad arte per meglio imprigionare i volti che non dovevano apparire. La maschera del seduttore impenitente, dietro cui c'era un pedofilo inguaribile; la maschera dell'eroe di guerra, dietro cui c'era stata la spasmodica ricerca della ferita da esibire; la maschera del coraggio, dietro cui si nascondeva l'uso accorto del rischio e delle vie di fuga... Eppure era anche la maschera che più gli assomigliava, il modello ideale a cui attenersi, un'idea di grandezza a cui aspirare. Come osserverà Cioran: «Suicidio di Montherlant. Si è riscattato ai miei occhi. Fine di ogni atteggiamento, di ogni posa. O piuttosto: atteggiamento supremo, posa suprema». E aveva ragione Paul Morand: «Non era fatto per vivere un'epoca vile. Era fatto per un'epoca di tornei e non di rapine. Muore all'inizio dell'autunno, come un eroe solare».

 

junger

Si uccise, Montherlant, ingerendo del cianuro e poi sparandosi un colpo di rivoltella nel suo appartamento parigino il 21 settembre 1972, ultimo giorno d'estate, scelta non casuale. Via via che l'età avanzava, aveva lavorato nel segno della perfezione: voleva che di sé sopravvivesse il solo campo dello stile che aveva arato e dissodato. Quando un quarantenne Bruce Chatwin andò a intervistare l'ottantenne Ernst Jünger questi, annoiato dalla sua invadenza, gli mostrò una lettera di Montherlant che citava una frase di Tolstoj: «Fare visita a un grande scrittore non ha senso, perché egli si incarna nella sua opera». Sempre un po' petulante, Chatwin allora spostò il suo interesse su quest'ultimo e così Jünger per tutta riposta tirò fuori una xerocopia piena di macchie sulla quale era scritto a penna: «Il suicidio fa parte del capitale dell'umanità». La citazione era di Jünger, la scrittura di Montherlant. Le macchie erano fotocopie del sangue di quest'ultimo. Serviva altro?

PrezzoliniGuido Ceronetti il 25 maggio 1974prezzolini 1

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...