1. UCCELLINI IN GABBIA: QUANDO UN CINGUETTIO SU TWITTER BASTA PER FINIRE IN GALERA 2. IN AMERICA È CAPITATO DIVERSE VOLTE, SOPRATTUTTO A RAGAZZI MOLTO GIOVANI, CHE USANO A SPROPOSITO DEI TERMINI SENSIBILI QUALI “STRAGE” E “BOMBA”, O CHE MINACCIANO QUESTO O QUELLO SENZA RENDERSI CONTO DELLA GRAVITÀ DI CIÒ CHE SCRIVONO. E SI SA CHE I SERVIZI SEGRETI ESERCITANO UN CERTO CONTROLLO SUI SOCIAL NETWORK 3. IN KUWAIT, UN UOMO È STATO CONDANNATO A CINQUE ANNI PER AVER INSULTATO L'EMIRO 4. ECCO 10 CASI DI PERSONE FINITE IN CARCERE PER AVER POSTATO FALSE MINACCE, INGIURIE O ADDIRITTURA SOLO PER AVER CITATO IL TITOLO DI UNA CANZONE (“TIMEBOMB”)

Da "Business Insider.com"
http://read.bi/13xYQK5

Twitter ce l'ha insegnato: con 140 caratteri si può fare di tutto. Litigare, scherzare, amare, commentare. Perfino andare in galera. Certo non sarà una cosa molto frequente, ma in America è capitato diverse volte, soprattutto a ragazzi molto giovani, che usano a sproposito dei termini sensibili quali "strage", "bomba" e così via, o che minacciano questo o quello senza rendersi conto della gravità di ciò che fanno. E si sa che i servizi segreti esercitano un certo controllo sui social network.

Così "Business Insider" riporta dieci casi in cui un "cinguettio" è bastato per finire dietro le sbarre.

Un quindicenne di Chicago, prima che uscisse la sentenza su Zimmerman, il vigilantes che uccise il ragazzo di colore Trayvon Martin, scrisse su Twitter che nel caso di un'assoluzione avrebbe compiuto un omicidio di massa in una scuola. Fu portato in centrale e rilasciato solo dopo che la polizia si accertò che non poteva in nessun modo venire in contatto con le armi.

Stessa sciocchezza fu commessa da un adolescente della Florida del Sud, che minacciò di compiere una strage in una scuola poco dopo il tragico episodio della Sandy Hook.

Nel settembre 2012, prima della convention democratica a Charlotte, in North Carolina, il 21enne Donte Jamar Sims scrisse ripetutamente di voler assassinare Obama. Stessa cosa fece il 26enne Jarvis Britton, che lo scorso settembre incoraggiò altre persone a uccidere il presidente. Entrambi sono stati arrestati.

Dalla politica allo sport. Un 17enne, deluso dalla prestazione del nuotatore britannico Tom Dailey alle Olimpiadi di Londra del 2012, lo minacciò di morte. L'atleta gli rispose via Twitter, poi il ragazzino fu fermato e interrogato dalla polizia.

A volte però la "minaccia" è in realtà solo un grosso equivoco. Ne sa qualcosa il 16enne australiano che fu fermato durante un concerto di Pink perché poche ore prima scrisse su Twitter che era pronto con la sua "bomba", facendo riferimento alla canzone "Timebomb".

Caso particolare fu quello di Wanda Podgurski, che era ricercata per truffa e sembrava aver fatto perdere le sue tracce. In un eccesso di arroganza, scrisse sul social network un messaggio di sfida rivolto alle autorità: "Prendetemi se ci riuscite". Proprio grazie a quel tweet fu trovata e arrestata.

Ma per finire in carcere non serve una minaccia, basta un'ingiuria. Peggio ancora se contro delle persone morte, ulteriormente peggio se si tratta di soldati. Un 22enne e un 23enne scrissero su Twitter dei commenti offensivi contro un soldato britannico ucciso, suscitando l'indignazione di tutti e guadagnandosi un bel po' di grane con la polizia.

Attenzione anche a sfogare la frustrazione sui social network. Quanti di noi si lamentano ogni giorno per i disservizi dei trasporti twittando o postando commenti su Facebook? A Paul Chambers, nel gennaio 2010, lo sfogo costò caro. Scrisse su Twitter che avrebbe distrutto l'aeroporto nel caso in cui il suo aereo fosse stato soppresso a causa della neve.
Fu arrestato due giorni prima della partenza.

2. KUWAIT, UN UOMO CONDANNATO A CINQUE ANNI PER AVER INSULTATO L'EMIRO
lettera43.it

Un post su Twitter può trasformarsi in anni di carcere. Succede in Kuwait dove il tribunale ha condannato un uomo a cinque anni di reclusione per aver insultato l'emiro con un commento sul social network. Mohammad Eid al-Ajmi ha ricevuto la pena massima riservata a questo genere di reati. Si tratta dell'ultimo caso di una lunga serie di episodi di repressione dei media online.

EMIRO INVIOLABILE. Negli ultimi mesi il Kuwait ha perseguito diversi utenti di Twitter per aver criticato l'emiro, figura che la Costituzione del Paese descrive come inviolabile. «Chiediamo al governo di ampliare le libertà e rispettare le convenzioni internazionali sui diritti umani», ha detto l'avvocato Mohammad al-Humaidi, direttore della Società per i diritti umani del Kuwait.

CASO NON ISOLATO. Amnesty International ha documentato che dallo scorso novembre in Kuwait sono aumentate le restrizioni alla libertà di espressione e di riunione. Lo scorso giugno un uomo è stato condannato a ben 10 anni di carcere dopo essere stato accusato di mettere in pericolo la sicurezza dello Stato insultando il Profeta Maometto e i governanti di Arabia Saudita e Bahrain sui social media.

 

 

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