1- BEH. L’IMMAGINE DI CROCETTA VINCITORE COL MEGAFONO IN MANO BATTE QUALSIASI COMMEDIA ALL’ITALIANA. O DI BERSANI ALLA POMPA DI BENZINA IN DIRETTA TV CON LUCIA ANNUNZIATA. MA CHE BISOGNO ABBIAMO DI ANDARE AL CINEMA, SE IL VERO CINEMA LO ABBIAMO IN TV? E CHE BISOGNO ABBIAMO DI REALITY ALLA GARRONE SE IL VERO REALITY È QUELLO CHE VEDIAMO CON RENZI VS BERSANI NEL GRANDE GIOCO DELLE PRIMARIE? 2- E’ STATO IN QUALCHE MODO UN MIRACOLO SE UNA COMMEDIA DI SATIRA POLITICA, FRACASSONA MA SINCERA NELLA SUA INGENUITÀ SUI MALI E LA CORRUZIONE DEL PAESE, COME “VIVA L’ITALIA” DI MAX BRUNO È RIUSCITO A VINCERE LA CORSA AL BOX OFFICE 3- UN SUCCESSO ALLA FACCIA DELL’ODIO SECOLARE DELLA CRITICA VERSO I NOSTRI FILM COMICI, LE COMMEDIE. E IL DILEGGIO VERSO I CINEPANETTONI? FANNO I SOLDI. E ALLORA? COSA ALTRO DOVREBBERO FARE? DOVREBBERO ESSERE ANCHE DEI CAPOLAVORI?

Marco Giusti per il manifesto

Beh. L'immagine di Crocetta vincitore in Sicilia col megafono in mano batte qualsiasi commedia e commediola all'italiana. Per non parlare di Fiorito, Er Batman del PDL, nel suo completino con cravatta Marinella e Igor Taormina a fianco nei talk show. O di Bersani alla pompa di benzina in diretta tv con Lucia Annunziata. E delle terribili vecchie incazzate mostrate da Del Debbio il lunedì sera. O dei golfini improponibili degli esperti della società civile di Gad Lerner. O di Grillo che attraversa a nuoto lo Stretto di Messina. O del reboot politico di Berlusconi con discorsetto scritto da Giuliano Ferrara.

Ma che bisogno abbiamo di andare al cinema, se il vero cinema lo abbiamo in tv o nei ristoranti o per le strade? E che bisogno abbiamo di reality alla Garrone se il vero reality è quello che vediamo con Renzi vs Bersani vs Vendola nel Grande Gioco delle Primarie del PD?

E' stato in qualche modo un miracolo se una commedia di satira politica, fracassona ma sincera nella sua ingenuità sui mali e la corruzione del paese, come "Viva l'Italia" di Max Bruno, presentato con ben 500 copie, è riuscito (finalmente!) a vincere la corsa al Box Office della Settimana con 1.430.000 euro.

E dire che nei giorni dell'anteprima non era piaciuto granché ai critici rosiconi che ne decretavano un sicuro insuccesso. E il teatrino non si è fermato con gli incassi del primo giorno di proiezione. Non capisco, davvero, l'odio secolare della nostra critica post-aristarchiana, post-fofiana verso i nostri film comici, le commedie, i film di genere. E il dileggio verso i cinepanettoni? Fanno i soldi. E allora? Cosa altro dovrebbero fare? Dovrebbero essere anche dei capolavori? E perché mai? Il PD lo voterò, che altro potrei fare, ma non dirò certo che mi piace. Ma non capisco neanche il prendersela tanto perché va male o non così bene un film di Bellocchio o di Bertolucci o di Garrone.

Ma perché dovrebbero andare bene? Sono film da festival? Che vadano ai festival, che vengano venduti all'estero. Che ci raccontino la loro versione sulla realtà italiana. Il problema è quando i film comici, unico nostro genere rimasto, non fanno ridere, hanno un costo e non incassano nulla, e questo ultimamente è capitato, purtroppo. E quando i film da festival non raccontano né la nostra realtà né mostrano un nuovo linguaggio. Quando abbiamo di fronte i film sull'italietta democristiana di Pupi Avati o tratti dai romanzi di Veltroni. E ci domandiamo, in parecchi, perché siano stati prodotti o scelti. O perché qualcuno li ha visti come prodotto di interesse culturale.

Purtroppo il cinema italiano, seguendo linee di estetica di partito, ha sempre fatto una netta divisione fra il cinema d'autore e il cinema di genere. Il cinema d'autore riempiva le pagine di "Cinema Nuovo", ma anche dei più innovativi "Ombre rosse" e "Cinema e Film", mentre il cinema di genere, commedie, spaghetti western, fantascientifici, sotto 007, porno, incassavano e basta.

La produzione e il sistema culturale funzionavano così. In anni che si facevano 250, anche 300 film all'anno. E la nostra critica, tutta, ha messo reticolati belli altri fra i due mondi, che ci tormentano ancora oggi. Non capendo, ad esempio, il cinema di Sergio Leone almeno fino al 1968, quando i Cahiérs segnalarono come un evento "C'era una volta il West". E allora qualcuno si svegliò. Ma fino allora non c'è un Kezich pronto a dedicargli due righe.

Per non parlare di Mario Bava, adorato in tutto il mondo, che, tuttora, non ha avuto una vera retrospettiva in un grande festival italiano. Ma la base più solida del nostro cinema era proprio quella dei piccoli film di genere da esportazione. Alberto Grimaldi, che produrrà alcuni dei più importanti film di Leone, si fa ricco con i primi piccoli western italo-spagnoli e solo dopo passerà a produrre in grande Leone, Fellini, Pontecorvo, Bertolucci, mantenendo però aperta la produzione più bassa o media.

E proprio in quella stagione d'oro del nostro cinema si tentano grandi film popolari e d'autore. Forti dell'esperienza di Leone e della fama del nostro cinema. Una scia che da "Novecento" arriva a "C'era una volta l'America", entrambi massacrati dalla distribuzione americana perché capaci di competere col grande cinema hollywoodiano.

Il fatto che proprio in questi giorni sia andata così bene in sala la nuova versione di "C'era una volta in America" di quattro ore, un film che nel nostro immaginario può valere quanto certi capolavori americani come "Il padrino" o "Scarface", ci fa capire che proprio questa divisione fra cinema d'autore e cinema di genere se, da una parte, ha alimentato incredibilmente la produzione più piccola rendendo liberi i registi di Bmovie di scatenarsi, da un'altra è stata la nostra piaga d'Egitto sia nel modello produttivo che nel dibattito culturale casalingo.

Fino a oggi. Dove, in piena confusione, chiediamo a un film d'autore di fare degli incassi che non potrà mai fare e non ci accorgiamo che quello che davvero non sta funzionando è sia il palinsesto distributivo che quello produttivo del nostro cinema.
Alto, medio e basso. Il fatto che una serie di commedie di media grandezza, ma di forti incassi (Brizzi, Miniero) non siano stati girati, o siano stati spostati nel palinsesto invernale, ha massacrato negli incassi la nostra produzione. Non il fatto che non incassino i dieci film da festival, più o meno riusciti, che sono usciti, anche lì un po' stupidamente, uno sull'altro dagli inizi di settembre a oggi.

Ovvio che doveva andar bene "Viva l'Italia". Era il prodotto giusto nel momento giusto. Ovvio che abbia fatto il suo una piccola commedia gentile con attori ignoti come "Tutti i santi giorni" di Paolo Virzì. Perché c'era la richiesta di un film di quel genere, in contatto col suo pubblico e non costruito per finire in un festival. Ne avessimo avuti altri prima, sarebbero andati bene ugualmente.

Come dovrebbe andar bene il nuovo film di Paolo Genovese, "Una famiglia perfetta", con Sergio Castellitto e Marco Giallini, giustamente spostato dalla uscita di gennaio a quella di fine novembre da Medusa, in attesa dei film italiani di Natale, il secondo Cetto Laqualunque e il secondo "Soliti Idioti". E forse potrebbe esserci spazio per altro.

Purtroppo, malgrado l'insegnamento di Sergio Leone, che per primo si rese conto che con i suoi incassi si sovvenzionavano sia i film d'autore che i nostri festival, non siamo stati in grado di portare avanti un cinema che fosse sia popolare che di alto livello. "Django Unchained" di Quentin Tarantino, sofisticata lezione sul cinema violento di Sergio Corbucci, lo avremmo potuto fare noi.

 

VIVA L ITALIA ROCCO PAPALEOBERSANI ALLA POMPA DI BENZINA DI BETTOLAmatteo garrone VIVA L ITALIA DI MASSIMILIANO BRUNO VIVA L ITALIA MAURIZIO MATTIOLI MICHELE PLACIDO bertolucci carrozzellaSergio LeonePAOLO VIRZI SUL SET DI TUTTI I SANTI GIORNI QUENTIN TARANTINO

Ultimi Dagoreport

alfredo mantovano papa leone xiv italia agenti servizi segreti

FLASH – OGGI ALLE 11 ALFREDO MANTOVANO E I VERTICI DELL’INTELLIGENCE ITALIANA SONO STATI RICEVUTI IN UDIENZA DA PAPA LEONE XIV, A CITTÀ DEL VATICANO – SARANNO PRESENTI I COMPONENTI COPASIR, IL DIRETTORE GENERALE DEL DIPARTIMENTO DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA (DIS), VITTORIO RIZZI, I DIRETTORI DELLE AGENZIE INFORMAZIONI E SICUREZZA ESTERNA (AISE), GIOVANNI CARAVELLI, E INTERNA (AISI), BRUNO VALENSISE. È LA PRIMA VOLTA DI UN PAPA TRA GLI SPIONI (DI CERTO NON E' LA PRIMA VOLTA DI SPIE INTORNO A UN PAPA...)

brunello cucinelli giorgia meloni mario draghi massimiliano di lorenzo giuseppe tornatore nicola piovani

DAGOREPORT - L’AUTO-SANTIFICAZIONE DI BRUNELLO CUCINELLI È COSTATA CARA, NON SOLO AL “SARTO CESAREO” DEL CACHEMIRE, MA ANCHE ALLE CASSE DELLO STATO - IL CICLOPICO DOCU-FILM “IL VISIONARIO GARBATO”, DIRETTO DAL PREMIO OSCAR GIUSEPPE TORNATORE E BATTEZZATO CON TANTO DI PARTY ULTRACAFONAL IN UNO STUDIO DI CINECITTÀ ALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI, È COSTATO LA SOMMETTA DI 9.987.725 MILIONI DI EURO. DI QUESTI, I CONTRIBUTI RICEVUTI DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON IL MECCANISMO DEL TAX CREDIT RAGGIUNGONO LA CIFRA DI 3.955.090 MILIONI - DA PARTE SUA, PEPPUCCIO TORNATORE AVREBBE INTASCATO 2 MILIONI PER LA REGIA E 500 MILA PER SOGGETTO E SCENEGGIATURA – A PRODURLO, OLTRE A BRUNELLO STESSO, LA MASI FILM DI MASSIMILIANO DI LUDOVICO, CHE IN PASSATO HA LAVORATO SPESSO CON IL PRODUTTORE MARCO PEROTTI, COINVOLTO NEL CASO KAUFMANN (FU LUI A INOLTRARE LA DOMANDA DI TAX CREDIT PER IL FILM “STELLE DELLA NOTTE” DEL FINTO REGISTA-KILLER) - IL MONUMENTO A SE STESSO GIUNGE AL MOMENTO GIUSTO: DUE MESI FA, UN REPORT DI ''MORPHEUS RESEARCH'' ACCUSO' L'AZIENDA DI CUCINELLI DI VIOLARE LE SANZIONI UE ALLA RUSSIA…

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin valery zaluzhny

DAGOREPORT - ZELENSKY, FINITO NELLA TENAGLIA PUTIN-TRUMP E SOSTENUTO SOLO PARZIALMENTE DA UNA UNIONE EUROPEA BALCANIZZATA, CERCA LA MOSSA DEL CAVALLO PER SPARIGLIARE LE CARTE E SALVARE IL SALVABILE: PORTARE L’UCRAINA A ELEZIONI NEL GIRO DI 2-3 MESI. SAREBBE UNA VITTORIA DI PUTIN, CHE HA SEMPRE CHIESTO DI RIMUOVERE IL PRESIDENTE (DEFINITO “DROGATO”, “TOSSICOMANE”, “MENDICANTE”). IN CAMBIO “MAD VLAD” DOVREBBE ACCONSENTIRE A UNA TREGUA PER PERMETTERE IL VOTO, SOTTO ATTENTO CONTROLLO DEGLI OSSERVATORI OCSE – IN POLE POSITION L’EX CAPO DI STATO MAGGIORE, VALERY ZALUZHNY. MA SIAMO SICURI CHE UN INTEGERRIMO GENERALE COME LUI SIA DISPOSTO A METTERE LA FACCIA SULLA RESA?

giorgia meloni volodymyr zelensky viktor orban vladimir putin antonio costa

DAGOREPORT – IL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO INIZIERÀ IL 18 DICEMBRE, MA NON SI SA QUANDO FINIRÀ, NÉ COME: IN BALLO C'E' IL FUTURO DELL'UNIONE - DA TRUMP ALL'UCRAINA, I 27 LEADER DOVRANNO PRENDERE DECISIONI CRUCIALI E NON PIU' PROCASTINABILI, PENA LA TOTALE IRRILEVANZA NELLA GEOGRAFIA MONDIALE - E QUI VIENE IL BELLO: CHI SI METTERA' DI TRAVERSO PONENDO IL DIRITTO DI VETO E MANDANDO ALL'ARIA TUTTO? ORBAN FARÀ IL SOLITO GUASTAFESTE FILO PUTIN? E GIORGIA MELONI, CHE HA FATTO ORMAI LA SUA DEFINITIVA SCELTA TRUMPIANA, PRESSATA DAL SUO VICE PREMIER SALVINI CHE HA GIÀ CONSEGNATO L'UCRAINA ALLA RUSSIA, RIUSCIRÀ A CONTINUARE A TENERE IL PIEDINO IN DUE STAFFE? AH, SAPERLO....

a lume di candela federica panicucci fabio rovazzi tommaso cerno pio e amedeo elonoire casalegno barbara d urso

DAGOREPORT BY CANDELA - BARBARA D’URSO E IL PROGETTO ARENATO CON URBANO CAIRO - NUOVO SHOW DI PIO E AMADEO SU CANALE5 IN PRIMAVERA - FEDERICA PANICUCCI CONDURRÀ CAPODANNO IN MUSICA" SU CANALE 5: AL SUO FIANCO POTREBBE TORNARE FABIO ROVAZZI. TRA I DUE, L’ANNO SCORSO, NON ERA SCATTATA LA SCINTILLA - SI CERCA CONDUTTORE SOVRANISTA PER NUOVO TALK DI RAI2: POTREBBE ESSERE COINVOLTO IL MELONIANO CERNO - RAI1 E CANALE 5 COPRIRANNO I LORO BUCHI “SPOSTANDO” IN PRIMA SERATA “AFFARI TUOI”, “L’EREDITÀ” E "LA RUOTA DELLA FORTUNA" - ELENOIRE CASALEGNO SI PAPPA DUE NUOVE CONDUZIONI - NELLA REDAZIONE DI ''LIBERO'' ESPLODE IL “TAXI GATE” - UNA VIVACE SIGNORINA STA CERCANDO DI VENDERE A DIVERSI GIORNALI, PROVE ALLA MANO, LA SUA "RELAZIONE SEGRETA" CON L'ATTACCANTE FIDANZATISSIMO. INDIZIO: LUI GIOCA IN UNA SQUADRA DI ALTA CLASSIFICA IN SERIE A E IN NAZIONALE. DI CHI SI TRATTA?