walter siti ammucchiate

SITI...PER SCAMBISTI! LO SCRITTORE WALTER SITI RACCONTA LE SCORRIBANDE IN UN “CLUB SEGRETO” DI MILANO DOVE SI FANNO “AMMUCCHIATE CURIOSE”: “SONO STATO SUBITO RICONOSCIUTO, ANCHE PERCHÉ MI SI NOTAVA PER UN CAPPOTTO FUORI CONTESTO. UN GIOVANE SCRITTORE È VENUTO A SALUTARMI IN GONNELLINA SCOZZESE E TACCHI ALTI (CHI E’? FUORI IL NOME!) PER FORTUNA, NON MI SONO LASCIATO ANDARE E MI ACCOMPAGNAVA IL MIO CONSORTE" - "SE FOSSI RIMASTO SOLO UN CRITICO LETTERARIO MI SAREI UCCISO. LA SVOLTA? GRAZIE ALLA MIA COLLEZIONE DI PORNO. CAPII CHE LA COSA CHE MI INTERESSAVA ERANO GLI UOMINI NUDI…”

Candida Morvillo per corriere.it - Estratti

 

 

walter siti

Walter Siti sta scrivendo un saggio sulla fragilità dei giovani. Dal balcone di casa sua a Milano, si possono spiare i ragazzi che si affollano in uno di quei posti dove si comprano abiti griffati facendo l’aperitivo e i selfie. Siti guarda fuori: «Vede la posa, l’abbigliamento, le unghie smaltate per i maschi... È come se fossero sempre pronti per diventare un’immagine. Non sono quello che sono, ma quello che è bene che siano per i social».

 

Di questi ragazzi ha già scritto nell’ultimo romanzo, I figli sono finiti, uscito l’anno scorso per Rizzoli, in cui uno di loro, solitario e geniale, stringe amicizia con un anziano professore, innamorato di un escort palestrato e capriccioso.

 

Siti racconta che l’ha aiutato un ventenne conosciuto per caso: «Mi ha dato la sua playlist e, per documentarmi, mi ha portato al Tempio, un club segreto di Milano dove si fanno ammucchiate curiose. E lì sono stato subito riconosciuto, anche perché mi si notava per un cappotto totalmente fuori contesto».

 

Quindi, c’era gente che conosceva?

«Una ragazza che lavora nell’editoria mi fa: noi ci siamo conosciuti in altro contesto. Un giovane scrittore di cui non farò il nome è venuto a salutarmi calorosamente in gonnellina scozzese e tacchi alti. Per fortuna, non mi sono lasciato andare e mi accompagnava il mio consorte».

 

Perché a 76 anni le interessano tanto i giovani?

«Forse, perché vivo attraverso di loro un’adolescenza mai vissuta. A 15 anni, ne dimostravo 40: non uscivo mai, passavo la giornata a leggere. La cosa strana è che tengo a questi ragazzi, faccio il tifo per loro. Sto cercando di capire se la fragilità che attribuiscono loro è vera. Nelle università americane ci sono safe zone dove gli studenti possono rifugiarsi se l’argomento di una lezione li turba».

walter siti 1

 

Alla fine, che idea si è fatto?

«Mi ostino a pensare che sono gli adulti ad aver bisogno di un’immagine così fragile dei ventenni perché, non potendo migliorare il mondo, pensano: almeno, mi occupo dei miei figli. Come se fosse l’unica attività non narcisistica che possano permettersi».

 

Dice di fare il tifo per i ragazzi, ma il protagonista del suo ultimo romanzo sterminerebbe mamme e bambini. E lei, in Troppi Paradisi, scriveva «sono l’occidente perché detesto i bambini e il futuro non mi interessa».

«Intanto, i giovinotti e i bambini che metto nei miei libri sono un po’ anomali: piccoli geni, super intelligenti».

 

Ride. Chi le ricordano?

walter siti cover

«Mi ricordano la maestra che il primo giorno di scuola mi mette alla lavagna e dice: scrivi casa, cassa, gnomo... Poi: sciatore, soqquadro, scarabocchio... Un po’, i miei protagonisti più giovani, sono proiezioni mie. E poi capisco quella specie di nichilismo, tipo “non me ne frega niente, andassero tutti a quel paese”. Lo capisco perché non è lontano da me. Infatti, nei libri, mi sono sempre interessato degli aspetti più grotteschi del neocapitalismo e del neoconsumismo ed è stato un modo per dire: vediamo come ci siamo ridotti, che mondo abbiamo creato».

 

Figli ne ha desiderati?

«Prima del ’68, mi è capitato di aspettarne uno. Io avevo vent’anni e anche la ragazza e, soprattutto, io ero omosessuale e lei lo sapeva. Ci hanno aiutato ad abortire i Radicali. Dopo, non ho più pensato di diventare padre. Oggi, il mio consorte dice che ho sei anni e che il bambino sono io. Però, ho pianto quando ho letto il finale de Gli sdraiati di Michele Serra.

 

C’è il padre che, per tutto il libro, cerca di convincere il figlio a scalare con lui il colle della Nasca e, quando finalmente vanno e si accorge che il figlio è in vetta, dice: ora, posso diventare vecchio. Il fatto che quel giovane lo hai fatto tu e solo quando diventa indipendente puoi permetterti di diventare vecchio mi ha commosso perché ho pensato che, allora, io vecchio non lo posso diventare mai. Io sono condannato a essere un adolescente eterno».

 

 

walter siti

Quando a 47 anni scrisse Scuola di Nudo, con quel ritratto impietoso di se stesso e della sua passione per i culturisti e dettagli feroci sui suoi colleghi professori dell’università di Pisa, gli amici dicevano che sarebbe stato licenziato, sbeffeggiato. Perché, invece, pubblicò?

«Ci ho messo dodici anni a scrivere quel mio primo romanzo. Nell’86-87 era intervenuta una crisi. Preparavo un saggio su Giacomo Leopardi e mi dissi: se continuo a fare il critico letterario, mi ammazzo, mi butto dalla finestra».

 

Perché uccidersi?

«Non potevo occuparmi per tutta la vita di cose scritte da altri. O riuscivo a scrivere qualcosa che mi interessasse davvero o tutto era inutile. Era questione di vita o di morte. La folgorazione fu che la cosa che mi interessava davvero erano gli uomini nudi».

 

E come le venne questa folgorazione?

«Guardando la mia collezione di film porno, ero nella mia soffitta, a Pisa. Il colpo di fortuna intellettuale fu capire che questo interesse così ossessivo aveva a che fare col rapporto con mia madre ed era legato a un rapporto di potere fra me e gli altri uomini, quindi, a un discorso più pubblico, quello del desiderio su cui fa leva il consumismo, dell’esplosione del corpo come merce. Questo rese il romanzo più presentabile».

WALTER SITI

 

(…)

 

Questa ossessione c’è in tutti i suoi romanzi eccetto Resistere non serve a niente, che ha vinto il Premio Strega. Un caso?

«Non credo. Era il libro più massificabile. L’ho considerato una sorta di premio alla carriera. Ma, alla fine, se c’è una cosa di cui ho ossessivamente scritto per tutta la vita è il disagio di stare al mondo, la non appartenenza al mondo di tutti. Mamma raccontava la mia nascita come una scena horror: nato in ritardo di 15 giorni, podalico, uscì prima un piede e l’infermiera, per tirarmi fuori, si mise a saltarle sulla pancia. Sono cresciuto con l’idea che non volevo venir fuori da lì. Ultimamente, ho riletto America di Kafka e mi sono immedesimato nel ragazzo che va a New York e trova tutto incomprensibile, come se il mondo fosse un posto di farfalle, per cui, a forza di fare l’entomologo, diventa un insetto».

Walter Siti

 

(...)

 

Quando sarà pubblicato l’ultimo libro nella storia dell’umanità?

«Ho chiesto a ChatGPT di scrivere un incipit alla Carlo Emilio Gadda e uno alla Fabio Volo. Quello di Volo era verosimile: parlava di un ragazzo in vespa, che pensava alle ragazze che l’avevano lasciato eccetera. Quello di Gadda, non c’entrava niente con lui. ChatGPT non riuscirà mai a imitare Gadda perché, se presto avrà una coscienza, sarà molto difficile che acquisti un inconscio. Già oggi, molti libri appartengono a categorie retoriche: il patriarcato, il migrante e le fatiche di attraversare il mare... Cose talmente stereotipate che per l’intelligenza artificiale non saranno difficili da riprodurre».

 

Quindi, l’ultimo libro nella storia dell’umanità?

«Mi piacerebbe che fosse quello di un giovane ribelle con la voglia di scrivere dei propri incubi e ossessioni. Lo immagino scritto a mano, distribuito per strada mentre il ragazzo si dà alla macchia perché quei fogli sono considerati molto disdicevoli».

walter siti coverWalter Siti WALTER SITI Walter Siti

 

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