LA WEB TAX DELLA DISCORDIA - ADDIO ALLE CANZONI SU ITUNES E AI LIBRI SU AMAZON, A MENO CHE GLI STRANIERI NON APRANO PARTITA IVA - LO FARANNO, SCAPPERANNO A GAMBE LEVATE O FATTA LA LEGGE SI TROVERÀ L’INGANNO?

Carlotta Scozzari per Dagospia

Il Pd trova un altro motivo per esercitarsi in uno degli sport che ultimamente meglio gli riesce: litigare. A rappresentare il pomo della discordia, questa volta, è la web tax, che proprio questa mattina - salvo colpi di scena che in politica, specie di questi tempi, non possono mai escludersi - dovrebbe essere votata in Commissione bilancio del Senato.

Se dovesse passare così com'è, l'emendamento alla Legge di stabilità presentato dai senatori del Pd Francesco Russo, Valeria Fedeli e Rita Ghedini, in linea con il provvedimento di legge promosso dal deputato Francesco Boccia, d'ora in poi dovremo scordarci di scaricare musica da Itunes (Apple) o di comprare un libro su Amazon. Questo almeno fino a che Apple, Amazon e in generale tutti gli operatori stranieri attivi qui da noi non decideranno di dotarsi di partita Iva italiana.

L'emendamento prevede, infatti, che "i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana".

Il provvedimento mira evidentemente a evitare che chi vende prodotti e servizi in Italia finisca poi per pagare le tasse altrove. Una questione di recente tornata alla ribalta dopo che l'Espresso ha scoperto che la Apple è sotto inchiesta a Milano per una frode da oltre 1 miliardo, alla base della quale ci sarebbe la contabilizzazione in paesi dalla fiscalità più leggera di profitti realizzati in Italia.

"Le aziende straniere - tuonava Boccia all'inizio di novembre - senza commettere nulla di irregolare, in questi anni hanno approfittato di un vuoto normativo che consente loro di non pagare le tasse nel paese dove producono profitti. Nel nostro caso, in Italia, ci ritroviamo così con migliaia di piccole e medie imprese italiane che continuano a pagare regolarmente le tasse mentre ad altri soggetti è consentito fare profitti non tassati.

È evidente - proseguiva il presidente della Commissione bilancio della Camera - che questo è un classico esempio di concorrenza sleale e lo Stato ha il dovere di porvi rimedio. Mi auguro, quindi, che tutte le forze politiche si rendano conto della portata del fenomeno perché il ristabilire regole uguali per tutti ci consentirebbe di produrre un gettito di centinaia di milioni di euro da destinare alla riduzione del cuneo fiscale".

Tuttavia, i detrattori dell'iniziativa, tra cui l'American Chamber of Commerce in Italy, ossia la Confindustria americana, che guida le fila delle posizioni contrarie, fanno notare che l'emendamento ostacolerebbe lo sviluppo dell'economia digitale in Italia e cozzerebbe con gli obiettivi del recente piano del Governo "Destinazione Italia". Non solo.

Sempre secondo chi critica l'emendamento, la web tax, così com'è formulata, potrebbe esporre l'Italia a una procedura d'infrazione da parte della Commissione Europea, per possibili violazioni dei trattati e delle direttive Ue sui principi del mercato unico e della libera circolazione dei servizi. La questione, insomma - è la posizione di coloro che sono contrari - pone un problema legittimo, che però andrebbe risolto a livello sovranazionale e non di singolo paese.

Chi nei giorni corsi si è unito al coro dei detrattori è, Gianni Pittella, fresco fresco di uscita dalla corsa per le primarie del Pd, che ha dichiarato che "l'emendamento alla Legge di stabilità che riguarda la vendita di servizi on line rischia di influenzare negativamente lo sviluppo dell'economia web, uno dei pochissimi comparti che ancora resiste alla crisi" e per questo motivo, "va cancellato".

Sebbene non si sia ufficialmente espresso, il provvedimento promosso da Boccia non sembra entusiasmare nemmeno il viceministro dell'Economia del Pd, Stefano Fassina. A questo punto, non resta che attendere di vedere come la commissione bilancio del Senato si esprimerà sull'emendamento. E se il provvedimento dovesse passare chissà che faranno gli operatori esteri: decideranno di aprire la partita Iva, lasceranno l'Italia o, fatta la legge, qualcuno, al solito, troverà anche il modo per aggirarla?

 

ITUNES 11iTUNESMAGAZZINO AMAZON IN INGHILTERRA Francesco Boccia Steve Jobs Apple Gianni Pittella Stefano Fassina

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