“AL VOTO!” - IL PDL È SPACCATO IN DUE E GLI IRRIDUCIBILI TENTANO IL COLPO DI CODA A MILANO: MANIFESTAZIONE FERRARA-SALLUSTI, FELTRI E SANTANCHÈ - CONTRO L'IPOTESI DI UN GOVERNO TONTI DEI MONTI ARRIVERANNO MOLTI MEMBRI DEL GOVERNO: SACCONI, ROMANI, ROTONDI, MATTEOLI, LA RUSSA, MELONI, CARFAGNA E BRUNETTA - E IL BANANA IN MEZZO, NON SA CHE CAZZO FARE: RISCHIARE DI PERDERE L’IMPERO MEDIATICO O METTERE A RISCHIO IL GOVERNO DEL PRESIDENTE?...

Michele Brambilla per "la Stampa"

Il luogo scelto per l'ultima resistenza è suggestivo: il Teatro Manzoni di Milano. Fu lì, una trentina di anni fa, che Silvio Berlusconi vide sul palco una giovane attrice che si faceva chiamare Veronica Lario e se ne innamorò. E sarà in quel teatro, domani mattina alle 11, che si raduneranno i fedelissimi del premier (forse a quell'ora già ex premier) e gli chiederanno di non mollare, e di andare subito al voto.

In realtà la scelta del luogo è del tutto casuale. Giuliano Ferrara, che ha avuto l'idea della manifestazione chi altro poteva averla, se non lui? voleva il Dal Verme, il teatro milanese dove il 12 febbraio scorso aveva organizzato la famosa sfilata delle mutande, quella in cui ci si ribellava "alla politica del puritanesimo" e si difendeva Berlusconi dall'attacco mediatico sul caso Ruby. Ma domani mattina il Dal Verme era occupato, e così è spuntato il Manzoni, che tra l'altro guarda caso, è pure di proprietà di Berlusconi.

Lì al teatro Manzoni si cercherà di difendere il premier da un altro attacco, ben più insidioso del bunga bunga: il ballo dei mercati, dello spread, delle Borse in picchiata. Ferrara è convinto che Berlusconi non debba cedere alle imposizioni di quelle che secondo lui sono lobby affaristiche. Se Silvio deve morire, che sia fucilato dalla politica, non dalla finanza. E così ieri mattina ha telefonato ad Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, e in un attimo hanno organizzato il tutto.

Chi ci sarà? Di sicuro oltre a Ferrara e Sallusti sono annunciati Vittorio Feltri e Daniela Santanchè. Il direttore del Foglio è certo che arriveranno pure molti membri del governo: ministri e sottosegretari che non vogliono il governo Monti. Sarebbe Daniela Santanchè ad avere assicurato la loro presenza. È la truppa dei "giapponesi", gli ultimi a combattere quando la guerra è già finita? Così sembrava in un primo momento. Ieri mattina, quand'è arrivata la notizia della manifestazione di domani, pareva ormai certo che Berlusconi avesse dato il suo via libera al governo Monti.

D'altra parte perfino dalle sue aziende erano arrivate al Cavaliere le suppliche a lasciare, per il bene del Paese ma anche (e forse soprattutto) per il bene del patrimonio di famiglia. Le azioni Mediaset erano crollate in Borsa non appena si era sparso il timore che le dimissioni annunciate a Napolitano sarebbero state date con il rallentatore, diluite nel tempo, e magari chissà, forse solo annunciate. Di fronte al tracollo perfino un fedelissimo come Ennio Doris di Mediolanum aveva implorato il Cavaliere di dire sì a un governo tecnico.

Insomma in quel contesto organizzare una manifestazione per invitare il Cavaliere a resistere e a rituffarsi in una campagna elettorale che avrebbe il sapore di un'ordalia, sembrava appunto un'iniziativa da giapponesi. Forse addirittura da kamikaze.

Ma con il passare delle ore s'è visto che a volere le elezioni non è solo un manipolo di irriducibili. Il Pdl è spaccato in due. Nella riunione di ieri a Roma contro l'ipotesi di un governo Monti si sono espressi sicuramente Sacconi, Romani, Rotondi, Matteoli, La Russa, Meloni, Carfagna e Brunetta. Saranno loro i membri del governo che Daniela Santanchè ha annunciato tra i presenti domani mattina al Manzoni? O almeno qualcuno di loro? Vedremo. Tra l'altro la situazione è in continuo movimento, e non sono esclusi ripensamenti, da una parte e dall'altra.

Di sicuro non ci sarà, come qualcuno aveva ipotizzato, Augusto Minzolini, direttore del Tg1. Non dovrebbero esserci neanche Maurizio Belpietro (Libero) e Mario Sechi (Il Tempo). Lo zoccolo duro è quello che abbiamo detto prima, con Ferrara capobanda. Il direttore del Foglio ha stima di Mario Monti, ma è convinto che un governo guidato da lui sarebbe una prevaricazione dell'Europa e delle banche sulla politica.

È convinto anche che Berlusconi dovrebbe ricandidarsi, e che avrebbe non poche possibilità di rivincere. Ma la sua tesi di fondo è che anche un governo di centrosinistra, pur se scelto dagli elettori, sarebbe meglio di un governo nato al Quirinale sulla spinta dei mercati. Per questo vuole il voto subito.

Ma domani i giapponesi del Manzoni cercheranno di convincere il Cavaliere che, oltre al primato della politica sull'economia, c'è in ballo anche il suo interesse personale. La loro tesi è che, se cedesse a un governo Monti, Berlusconi scomparirebbe del tutto, e si ritroverebbe indifeso di fronte a tutto un mondo che non aspetta altro che farlo fuori una volta per sempre.

Ricordano al Cavaliere che cosa gli successe quando, nel '94, accettò di lasciare il posto a un suo ministro, Lamberto Dini: rimase poi sette anni all'opposizione. Adesso che ha 75 anni e che si ritroverebbe di fatto con un partito spaccato in due, non avrebbe più neppure la possibilità di una rivincita.

Certo lo scenario delle elezioni non è in realtà più rassicurante. Non lo è per il Paese ma non lo è neppure per lo stesso Berlusconi. Quanti italiani rivoterebberoun'alleanza Pdl-Lega dopo un simile disastro? È un rischio che il fronte dei berlusconiani pro voto subito mette in conto. Ma per loro sarebbe sicuramente più nobile una sconfitta sul campo che non una resa. È quel "cercar la bella morte" tanto caro a Giuliano Ferrara. Un elemento più di pancia, o se volete di cuore, che di calcolo. Ma non per questo meno importante, anzi.

 

FERRARA E BERLUSCONI daniela santanche alessandro sallusti cortina x VITTORIO FELTRI MARA CARFAGNA MAURIZIO SACCONI Gianfranco Rotondi - Copyright PizziNapolitano - MontiMARIO MONTIRONCHI ALFANO URSO

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