REALITY PD! - D’ALEMA CHE SI RITIRA PER “SPIAZZARE” RENZI? - IL “RINNOVAMENTO” DEI DIRIGENTI ORA SAREBBE ADDIRITTURA UN’IDEA DI BAFFINO! (E DI BERSANI) - MENTRE MATTEUCCIO STA FACENDO TUTTA LA CAMPAGNA ELETTORALE ALL’INSEGNA DEL “D’ALEMA A CASA!”,1 IL LEADER MASSIMO E VELTRONI FANNO TRAPELARE LA LORO DISPONIBILITA’ A FARE UN PASSO INDIETRO - IL BALLETTO SULLE “DEROGHE” AL LIMITE DEI MANDATI…

Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

«Quella di Renzi è un aggressione». Massimo D'Alema consegna questa frase con l'aria non dell'offeso ma di chi sottolinea un dato di fatto. A questo tipo di "rottamazione" il presidente del Copasir non offrirà mai la sponda di un'analisi seria sul rinnovamento. Ma nei colloqui con Bersani l'atteggiamento è molto diverso. «Se affrontiamo il ricambio come una questione politica, il Pd può e deve gestire il problema», dice D'Alema. È l'apertura a un eventuale non ricandidatura, è il rimettersi alle scelte del partito secondo le regole di una scuola antica.

Alcuni dicono che l'ex premier vorrebbe essere difeso di più dal gruppo dirigente, soprattutto quando l'attacco è personale. Che rimproveri all'inner circle bersaniano, composto in larga parte di ex dalemiani di ferro come Vasco Errani, una ingenerosa freddezza. Ma questa versione non sembra coincidere con il carattere del personaggio. A Renzi nessuna risposta, al partito e a se stesso sì: questa è la posizione di D'Alema.

D'altra parte il sindaco di Firenze non fa nulla per smentire la simbologia che attribuisce al più importante leader della sinistra degli ultimi 18 anni: «Se io vinco le primarie non finirà il centrosinistra, certamente finirà la carriera parlamentare di D'Alema», ha ripetuto anche ieri a Matera. Lo fa, sera dopo sera, in tutte le piazze italiane, recitando un copione teatrale che sembra non deludere la platea. Molto diverso è il ricambio al quale pensa Pier Luigi Bersani. Non meno profondo, ma senza strappi.

Il segretario e l'ex premier ne hanno parlato a lungo in molti colloqui riservati. Nelle sue chiacchierate con i colleghi di partito alla Camera D'Alema oscilla tra una posizione altezzosa e una orgogliosa. «Se la legge elettorale cambia e ci sono le preferenze, penso di candidarmi nel 2013. E di avere buone chance», dice con un ghigno ricordando la corsa delle Europee nel 2004 e gli 800 mila voti personali presi in una sola circoscrizione. Altre volte, indispettito, prevede un passo indietro: «Potrei stupire tutti e andarmene».

Immaginando per lui, già premier, già ministro degli Esteri, un ruolo politico da protagonista anche fuori dal Parlamento. Come quello che svolge Giuliano Amato, per dire. Con Bersani però la riflessione non ha niente di umorale. I due discutono partendo dalla stessa disciplina. «La questione del rinnovamento è politica. I nostri successi, i nostri errori, le nostre storie. Come tale va gestita dal partito», è la posizione di D'Alema. Sarà quindi compito del segretario e degli organismi dirigenti trovare una soluzione.

«È necessario - ha spiegato Bersani a D'Alema - dare l'impronta di un ricambio. Ma non bisogna umiliare nessuno». Per questo il leader del Pd ha visto e vedrà tanti dirigenti finiti nel mirino dei proclami di Renzi. Ma che anche Bersani non nasconde di voler mettere di lato. Walter Veltroni ha incontrato Bersani venerdì scorso prima dell'assemblea del Pd. Nel Pantheon dei rottamandi disegnato da Renzi c'è anche il suo nome. La sua posizione è speculare a quella di D'Alema: è il partito a decidere come e quando si fanno i passi indietro. Ad alcuni la sintonia dei due suggerisce la solita immagine di "Walter" e "Massimo" che si marcano stretto, che osservano l'uno le mosse dell'altro.

Per capire chi farà per primo l'eventuale gesto di un ritiro volontario, guadagnando naturalmente un vantaggio su tutti gli altri. Malignità che nascono in un clima di veleni ma anche di rivoluzione. Anna Finocchiaro ha confidato agli amici di essere «amareggiata» per le voci che si addensano sulla sua lunga carriera parlamentare. Pensa di non meritare il trattamento da "dinosauro". È stata una dirigente leale al gruppo storico, ha messo a disposizione la sua figura anche nelle cause perse rischiando la faccia. E adesso il capogruppo del Pd al Senato non sente di meritare lo scaricamento anche dei vertici.

Franco Marini e Rosy Bindi si rimettono alle decisioni del partito. Ma senza rinunciare alla guerra contro Renzi, alla difesa di una storia e di un ruolo. La presidente del Pd anche ieri a In Mezz'ora non ha rinunciato a denunciare il rinnovamento generazionale. «Basta vedere il giovane Fiorito». «Quello del tutti a casa, tutti uguali, è un messaggio molto berlusconiano. Nella nomenklatura viene inserito anche Beppe Fioroni. Che per reagire si affida al peso della sua corrente. Sui territori, raccontano, sta dividendo le truppe tra Bersani e Renzi. Per giocarsi una fiche al secondo turno.

Bersani lo ha detto anche in assemblea: «Io ascolto tutti, conosco le perplessità di molti». Ma ha chiesto coraggio. E nei colloqui con i big avverte: «Ci saranno pochissime deroghe al limite dei mandati. Non più di 4 o 5, per le figure istituzionali». E alla Camera spingerà perché venga discussa al più presto la proposta di legge Ginefra che sancisce il limite di 3 legislature per i parlamentari. Una legge vale più dello Statuto interno.

 

MASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegWALTER VELTRONI E MASSIMO DALEMA jpegMASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegRENZI E BERSANI sagome B jpegWALTER VELTRONI PRESENTAZIONE LIBRO MORANDO TONINI PIERLUIGI BERSANI IN PREGHIERA VASCO ERRANIANNA FINOCCHIARO GIULIANO AMATO

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