AMMUTINATI A 5 STELLE – 13 SENATORI ERANO PRONTI A VOTARE IL GOVERNO BERSANI E ORA IL GRUPPO DISSIDENTI M5S GUARDA A RODOTA’ E BARCA…

1. BERSANI POTEVA ESSERE SALVATO DAL MOVIMENTO
Loris Mazzetti per "Il Fatto Quotidiano"


Ha ragione Beppe Grillo: all'interno del M5S esiste un gruppo di dissidenti, per questo, con l'aiuto dei fedelissimi, si è messo sulle loro tracce con l'obiettivo di non fare prigionieri. Più che dissidenti sono clandestini, perché da oltre due mesi si stanno incontrando discutendo sul fatto che finora, seguendo le indicazioni del capo, non hanno onorato il mandato degli elettori: cambiare la politica nel Paese e contribuire a fare le riforme indispensabili. Grillo può dire tutto quello che vuole, ma chi ci mette la faccia in Parlamento non è lui.

La maggior parte di loro accusa il leader di aver buttato al vento una grande occasione non appoggiando, con le dovute garanzie, un governo Pd, permettendo così a Berlusconi di essere l'ago della bilancia di un esecutivo a larghe intese che oltre due terzi degli elettori non avrebbe mai voluto.

Alcuni dei clandestini raccontano che dopo le promesse fatte in campagna elettorale nel Nord-Est, fabbrica per fabbrica, non hanno più il coraggio di presentarsi di fronte a chi li ha votati. Grillo preferisce un movimento al 15% ma coeso, senza ripensamenti , e grida ai quattro venti il rispetto degli accordi firmati dagli eletti in Parlamento altrimenti: la porta.

Per i ballottaggi ha dichiarato: "Nessuna alleanza, la sinistra ci prende per il culo più della destra". L'attacco di Grillo al candidato al Quirinale Rodotà, dopo l'intervista al Corriere della sera: "Un ottuagenario miracolato dalla rete", e la successiva arrampicata sugli specchi per smentirla, sono state le goccia che hanno fatto traboccare il vaso.

Sulla storia dei clandestini M5S e dei rapporti con il Pd si stanno scrivendo tante leggende. Un contatto tra loro e Bersani si è consumato all'inizio di aprile. Allora il gruppo era formato da circa 30 eletti (Camera e Senato) in Sicilia, Calabria, Emilia, Piemonte, Lombardia e Nord-Est.

Un personaggio serio e credibile come Sonia Alfano da sempre vicina ai clandestini, viene da questi incaricata di portare un messaggio di disponibilità a lasciare il Movimento per creare un gruppo autonomo, a votare la fiducia al Senato a un governo Pd, in cambio della condivisione di alcuni punti del programma e di garanzie di protezione mediatica contro l'inevitabile attacco del duo Grillo-Casaleggio.

Contatta Bersani in modo riservato attraverso la Batteria del Viminale. Come il segretario sente il motivo della telefonata interrompe la comunicazione pensando ad uno scherzo del solito Cruciani della Zanzara. La Alfano mi chiama per un aiuto. Informo il portavoce Di Traglia che la telefonata non è uno scherzo e insieme creiamo un nuovo contatto tra i due, che si parlano più volte. Bersani, che non ha mai voluto un governo con Berlusconi, manda un suo stretto collaboratore, il senatore Miguel Gotor, in Sicilia per un incontro.

Qualcosa non ha convinto i clandestini, ma soprattutto quella parte del Pd, che dal giorno dopo il voto pensava già ad un governo a larghe intese con Berlusconi e Monti mandando a casa Bersani.

Dopo la sconfitta del movimento alle amministrative il gruppo è aumentato a 40 eletti e la disponibilità di Rodotà (questa è la ragione dell'incomprensibile attacco di Grillo nei confronti del giurista) ed altri come Civati, Barca, Vendola di dare voce ai clandestini imbarcandoli nel progetto di costruzione di una nuova sinistra, pronta a non regalare per l'ennesima volta il Paese a Berlusconi, li sta trasformando sempre più in ammutinati pronti a mostrarsi alla luce del sole e Grillo, esaltato dall'idea di scontrarsi direttamente con Berlusconi, non a caso si è raffigurato sul sito nelle vesti dell'eroe scozzese di Braveheart, William Wallace: "Ci siamo solo noi: il capocomico e il nano, ne resterà uno solo", rischia di fare la fine di un altro William di cognome Bligh, il comandante della Bounty, la fregata del famoso ammutinamento raccontato in tanti film epici.

2. GOTOR: "MI DISSERO DI 13 SENATORI PRONTI A SEGUIRCI"
Eduardo di Blasi per "Il Fatto Quotidiano"

Da storico navigato ha conservato il biglietto aereo: "Le posso dire che volai a Palermo per incontrare Sonia Alfano lunedì 8 aprile", conferma il senatore democratico Miguel Gotor, nella cerchia più vicina all'ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani che in quei giorni riteneva ancora possibile la difficile ascesa verso Palazzo Chigi. Aveva ricevuto il mandato dal presidente Giorgio Napolitano il 22 di marzo, Bersani.

Aveva iniziato delle difficili consultazioni definite poi "non risolutive". Era infine stato "congelato" il giorno 28 di quel mese e sostituito da un gruppo di saggi di nomina quirinalizia. Eppure, come conferma lo stesso Gotor "ancora riteneva di poter essere inviato alle Camere, semmai dal successore di Giorgio Napolitano".

Perchè lei andò a Palermo?
Sonia Alfano, che da giorni lanciava "avvisi di chiamata" sui giornali, era riuscita a contattare il segretario. Aveva spiegato che c'era un gruppo di esponenti del Movimento Cinque Stelle che sarebbe stato interessato a discutere con noi...

Su cosa?
I temi del confronto erano quelli emersi anche dall'elezione di Pietro Grasso alla Presidenza del Senato: anticorruzione, legalità e lotta alla mafia. Io, per ovvie ragioni, ero interessato a comprendere quanti senatori fossero propensi a questo dibattito con noi. E potessero eventualmente consentire l'avvio di un governo a guida Bersani.

E quanti erano?

La Alfano mi spiegò che a Palazzo Madama erano circa tredici, quindi qualcuno in più dei sette che avevano votato in coscienza Grasso alla Presidenza del Senato. Per noi, con questi numeri, la pista diventava interessante.
Anche alla Camera c'erano grillini "tiepidi" pronti a far nascere un vostro governo...
Avevamo avuto dei segnali tramite Pippo Civati. Io mi occupavo fondamentalmente del Senato, dove non avevamo la maggioranza numerica per varare il governo.

Quei senatori non avrebbero votato il vostro governo...

Questo no. Avrebbero però consentito che partisse.
In quel viaggio in Sicilia incontrò anche esponenti dei Cinque Stelle?

Ebbi un solo incontro, in un ristorante, con l'europarlamentare Alfano, eletta da indipendente nelle fila dell'Italia dei Valori. Lei mi spiegò come stavano le cose. Quello che mi riferì mi risultò credibile. Tornai a Roma nella stessa giornata.

Perchè questa possibile intesa alla fine non è riuscita a concretizzarsi?

Le dò il mio parere: perchè bisognava attendere l'elezione del nuovo presidente della Repubblica.

All'operazione non fu dato alcun risalto...
Fu tenuta riservata, certo. Si riteneva di poterla rilanciare dopo l'elezione del Capo dello Stato. Ma quella partita finì come sappiamo.

 

BERSANI E GRILLO bersani grillo gotor-bersaniGRILLINI grillo su rodota e bersani Fabrizio Barca SONIA ALFANOgrillo casaleggio pietro grasso senato

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?