LA SERA ANDAVAMO A PALAZZO GRAZIOLI – ADDIO AD ARCORE, IL CAV HA SCELTO IL BUNKER ROMANO PER LA BATTAGLIA FINALE – I PARLAMENTARI PDL: “SARÀ LA NOSTRA RIDOTTA”

Mattia Feltri per "La Stampa"

«Palazzo Grazioli sarà la nostra ridotta», dicono i parlamentari pidiellini. Nei prossimi mesi il clan sarà riunito lì, attorno al capo umiliato e costretto dentro le mura invalicabili di un fortino che è anzitutto dell'anima. Come è stato scritto, Silvio Berlusconi ha chiesto e ottenuto la residenza a Roma perché è a Roma che vuole scontare la pena, ai domiciliari o ai servizi sociali, comunque sia.

Addio ad Arcore. O arrivederci, e in ogni caso è un commiato a un mondo, alla casa monumentale ma familiare, con la cappella, il parco per le passeggiate, i cani di Piersilvio, i fiori da curare nei lunedì di congedo dalla politica, le tracce dei ragazzi, del trionfo imprenditoriale, in cui non sono richiesti gli estenuanti compromessi della trattativa romana. La guerra si è deciso di combatterla in trincea, in prima linea, non nelle retrovie lombarde dove un po' di dolce smarrimento sarebbe stato un'opportunità, e niente altro.

Mercoledì, Berlusconi era a Palazzo Grazioli. Quando ha raggiunto la sala da pranzo erano già tutti lì. Denis Verdini, Daniela Santanché, Renato Schifani, Fabrizio Cicchitto, Sandro Bondi, Renato Brunetta. Aspettavano il presidente, e che dalle cucine uscisse uno spuntino. Il cuoco Michele lavora da mattina a sera, i fuochi sempre accesi. Sforna pizzette, guarnisce tartine, e poi i pasti, il risotto, le penne al pomodoro e basilico, la tagliata di manzo. Sui tavoli ci sono acqua e coca cola e aranciata. I cioccolatini in vasi di Murano. C'è sempre qualcuno in arrivo da accogliere come si conviene. E insomma erano già tutti lì, seduti, pronti a rievocare gli spettri che da due mesi tengono Silvio sveglio la notte.

Dicono che fino al giorno precedente fosse un po' più sereno, gli era piaciuta Barbara a Ballarò , c'era Marina a Roma. Di colpo è crollato tutto. «Sono stati gli avvocati», dice uno che c'era. Forse, chissà, poi si è soffiato sul fuoco. «Ti arresteranno», gli hanno detto. Ci sono le procure in competizione a chi emetterà per prima la richiesta di custodia cautelare: Bari, Milano, Napoli. Nel giro di minuti si è deliberato di andare all'ultimo scontro con la baionetta innestata. E se dovrà scorrere il sangue, scorrerà.

Palazzo Grazioli è stato arredato nel 1995 da Giorgio Pes, allievo di Renzo Mongiardino, architetto e scenografo che ebbe due nomination agli Oscar e che nel Novecento si applicò alle case dei potenti d'Italia. Anche Pes lavorò per il cinema. Curò le scenografie del Gattopardo e di Boccaccio 70 . Negli anni Novanta sistemò Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli, con una predilezione per lo stile classico che Berlusconi ama in forma ridondante, fino al rischio dell'effetto mausoleo.

Palazzo Grazioli è rivestito di damascati giallo oro, tende in sintonia, mobili con decorazioni auree, sedute purpuree, colonnette di marmo, capitelli, legni intarsiati, caminetti. Ogni stanza è un armamentario di soprammobili che si sono moltiplicati negli anni, omaggio dopo omaggio: piccoli obelischi di granito, coppe di cristallo, argenteria barocca, calamai, candelieri, cornici portafoto, miniature del Colosseo, anfore, presepi.

Ci muove passando dalla sala da pranzo alla sala riunioni, dalla zona notte agli uffici con scrivanie e computer, e personale iperattivo, dove vita privata e pubblica si contagiano geograficamente. Ed è lì, nelle notti romane, destinate a diventare la regola, che Berlusconi si aggira insonne fin quasi all'alba. Qualcuno attende alle sue necessità in un'atmosfera sfiancata e annichilita.

Il punto è questo: ad Arcore ci si deve andare apposta, a Palazzo Grazioli si passa appena c'è un momento. Se il giudice di sorveglianza consentirà, Berlusconi avrà dai suoi visite quotidiane. Lo aggiorneranno sui piani di battaglia mentre la battaglia infuria lì attorno, a Montecitorio che dista dieci minuti di cammino, Palazzo Madama qualcosa di meno, il Quirinale appena di più.

Se piacciono i riferimenti suggestivi, oltre il cancello presidiato dai carabinieri, a chiudere la vista ci sono le mura di Palazzo Venezia. Non c'è fiato. Ci si cala psicologicamente nell'idea del bunker, in un contesto in cui il nemico non è più la magistratura ma la politica, tutta, cioè il resto del mondo. Arrivano uno dietro l'altro parlamentari in gara a chi meglio si straccia la camicia per parare i dardi col petto. A mettere in guardia sui disfattisti, sui traditori.

Una volta arrivavano imprenditori, uomini delle banche, registi, sportivi. Tutto finito, soltanto colonnelli e sottocolonnelli che si attaccano a Berlusconi confidando nella grande arma segreta. Aspettano in un salottino con due divani e una poltrona, intrattenuti da una segretaria, da un collaboratore. Poi vengono ricevuti. Anche a piccoli gruppi. Si recitano geremiadi, si studiano le carte militari. L'ultimo è quello che condiziona l'umore del capo, sinché non arriverà il prossimo. Qualche volta lui si alza: «Scusate, sono stanco, devo andare a riposare». Si abbandona al sonno per pochi minuti.

Solamente il medico, Umberto Zangrillo, ha accesso diretto alle stanze del presidente. I due viaggiano i coppia. Dove va Berlusconi, va Zangrillo. E poi forse arriva Francesca Pascale. C'è Maria Rosaria Rossi, senatrice e attendente. Ci sono Alessia ed Elisabetta, giovani e impeccabili segretarie. Seguono gli orari impossibili del capo e i prossimi mesi non promettono riposo. Le cene - eleganti e non - sono state pressoché abolite.

Quell'andirivieni di un tempo, quando si finiva di lavorare e si passava da palazzo a sentire per la centesima volta la medesima barzelletta, è interrotto. Non si guardano nemmeno le partite del Milan, quando Fabrizio Cicchitto difendeva roccioso la fede romanista. Non si ride. Rimangono consigli di guerra, parole risentite, scenari plumbei sempre più dettagliati. «O adesso o mai più». «Tutti insieme, costi quel che costi». Poi, quando è sera, gli ospiti mollano la presa e se ne vanno, lasciando Berlusconi nel suo labirinto.

 

Sandro Bondi sul balcone di Palazzo Grazioli Il balcone di Palazzo Grazioli VIA DEL PLEBISCITO RIPRISTINATA FERMATA DAVANTI PALAZZO GRAZIOLI jpegVILLA SAN MARTINO, ARCOREMANIFESTAZIONE PDL A VIA DEL PLEBISCITO AGOSTO DENIS VERDINI DANIELA SANTANCHE MANIFESTAZIONE PDL A VIA DEL PLEBISCITO AGOSTO RENATO BRUNETTA NITTO PALMA MANIFESTAZIONE PDL A VIA DEL PLEBISCITO AGOSTO RENATO BRUNETTA FRANCESCA PASCALE FRANCESCA PASCALE E SILVIO BERLUSCONI FRANCESCA PASCALE MARIA ROSARIA ROSSI Francesca Pascale e Maria Rosaria Rossi

Ultimi Dagoreport

friedrich merz - elezioni in germania- foto lapresse -

DAGOREPORT – LA BOCCIATURA AL PRIMO VOTO DI FIDUCIA PER FRIEDRICH MERZ È UN SEGNALE CHE ARRIVA DAI SUOI "COLLEGHI" DI PARTITO: I 18 VOTI CHE SONO MANCATI ERANO DI UN GRUPPETTO DI PARLAMENTARI DELLA CDU. HANNO VOLUTO MANDARE UN “MESSAGGIO” AL CANCELLIERE DECISIONISTA, CHE HA STILATO UNA LISTA DI MINISTRI SENZA CONCORDARLA CON NESSUNO. ERA UN MODO PER RIDIMENSIONARE L’AMBIZIOSO LEADER. COME A DIRE: SENZA DI NOI NON VAI DA NESSUNA PARTE – DOMANI MERZ VOLA A PARIGI PER RIDARE SLANCIO ALL’ALLEANZA CON MACRON – IL POSSIBILE ANNUNCIO DI TRUMP SULLA CRISI RUSSO-UCRAINA

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)