LA DISCARICA COL BUCOLO - FINISCE IN CARCERE IL SINDACO DI MAZZARRÀ SANT'ANDREA, BERLUSCONIANO MA GRANDE AMICO DI CROCETTA. ACCUSATO DI AVER INTASCATO UNA MAZZETTA DA 33MILA EURO ALLE SPALLE DEL PARROCO. MA L'INCHIESTA RIGUARDA AFFARI MILIONARI SUI RIFIUTI SICILIANI

Sandra Rizza per il “Fatto Quotidiano

 

 

Per mitigare i danni ambientali derivati dall’impatto della discarica che ha trasformato Mazzarrà Sant’Andrea nella pattumiera di mezza Sicilia, avrebbero dovuto versare alle casse del piccolo Comune messinese 12,50 euro di eco-indennizzo per ciascuna tonnellata di rifiuti. Ma gli amministratori della Tirrenoambiente, che gestisce l’impianto già sequestrato per l’inquinamento delle falde acquifere, non hanno pagato e hanno trattenuto nei bilanci aziendali 2 milioni e 800 mila euro.

 

Per questo motivo, ieri mattina i tre manager della società a capitale misto sono finiti agli arresti con l’accusa di peculato e corruzione insieme a Salvatore Bucolo, il sindaco dell’ex cittadina dei vivai, dove una commissione prefettizia ha appena concluso i lavori per valutare lo scioglimento del consiglio comunale a causa di infiltrazioni mafiose.

 

 

Nel mirino dell’ordinanza di custodia cautelare del gip Danilo Maffa sono finiti Giuseppino Innocenti, Giuseppe Antonioli, e l’ex senatore di Fi Lorenzo Piccioni, ex componente della commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie. Gli ultimi due sono ai domiciliari, mentre Innocenti è finito in carcere così come Bucolo, il primo cittadino di Mazzarrà che nel profilo di Facebook sfoggia numerose istantanee con Silvio Berlusconi e un album fotografico del Capodanno 2013 festeggiato insieme al governatore Rosario Crocetta, suo amico di vecchia data.

 

 

Secondo quanto emerso dall’indagine dei finanzieri, il sindaco avrebbe intascato una tangente di 33 mila euro raggirando l'anziano parroco della chiesa di Santa Maria delle Grazie, spinto a chiedere alla Tirrenoambiente contributi per feste patronali che lo stesso Bucolo poi provvedeva ad incassare personalmente.

 

La discarica di Mazzarrà è ritenuta al centro del business dei rifiuti gestito da Cosa nostra messinese. Nel processo sulle ecomafie denominato “Vivaio”, poco più di un anno fa, la Corte d’assise d’appello di Messina ha condannato Sebastiano Giambò, l’ex amministratore della Tirrenoambiente a 8 anni per concorso in mafia.

 

 

E nella scorsa primavera un’altra indagine ha portato all'arresto di 22 persone, tra cui Angelo Bucolo, il fratello del sindaco, considerato il “grimaldello” della mafia per incassare il pizzo dai titolari dell’impianto. Ora l’inchiesta “Riciclo ” della Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), ha scandagliato i rapporti tra la società che gestisce la discarica ed il comune di Mazzarrà.

 

 

Gli investigatori si sono concentrati sulle modalità di riscossione della “tariffa per opere di mitigazione ambientale”, pagata dai Comuni conferitori dei rifiuti alla Tirrenoambiente che avrebbe dovuto girare la somma all’ente pubblico che ospita l’impianto, in questo caso proprio l’amministrazione di Bucolo.

 

Secondo i finanzieri, però, Piccioni, Antonioli e Innocenti avrebbero omesso di versare le somme dovute, facendo lievitare il debito fino a quasi 3 milioni di euro, di cui circa 1 milione e 500 mila oggetto di un’indebita transazione stipulata proprio con il Comune di Mazzarrà. Ma non solo. Dagli accertamenti è emerso anche che nel marzo 2007 la Tirrenoambiente avrebbe illegittimamente ridotto la tariffa dell’eco-indennizzo, quasi dimezzandola sino al novembre 2014, provocando al Comune un danno di oltre 12 milioni e mezzo di euro.

 

 

Le indagini hanno portato a galla anche un giro di sponsorizzazioni ad associazioni sportive con l’obiettivo di ottenere la connivenza di soggetti che avrebbero dovuto vigilare sulla gestione della Tirrenoambiente. Tra questi il finanziamento di 750 mila euro a una società sportiva di Borgo Vercelli in Piemonte, di cui Innocenti è stato rappresentante legale. Quasi 3 milioni e 500 mila euro infine il totale delle somme sequestrate agli arrestati e ad un quinto soggetto, un altro amministratore della Tirrenoambiente, anche lui indagato per peculato e corruzione.

 

 

 

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