LE AVVENTURE RAMPANTI DI NICLA - LA VITA PRIMA GODERECCIA E POI DISPERATA DELLA MOGLIE DI TARANTINI - LA PARABOLA INIZIA CON IL “FREQUENTA BENE, I GIRI SONO IMPORTANTI” CHE LE RIPETEVA LA MAMMA E FINISCE CON IL “TUTOR” LAVITOLA - FESTE DI COCA, CORNA E VUOTO PNEUMATICO NELLA BARI BENE, L’INCONTRO CON GIANPI, LE NOZZE COL PANCIONE, LA VILLA SCARFACE (SENZA MANCO UN LIBRO) E LE SPESE FOLLI…

Goffredo Buccini per il "Corriere della Sera"

Quando c'era ancora il futuro e i soldi avevano un senso, Gianpi andava fino a Ostuni, un'ora buona di macchina, per comprarle i primi gioielli: perché lì il padrone dello «Scrigno» l'aveva preso in simpatia e gli faceva lo sconto. Lei, Nicla, sfoggiava quei braccialetti con schegge di brillanti davanti alle amiche, «regalo di mio marito!», e mandava lampi da femmina alfa con gli occhioni azzurri.

Tarantini era ancora un giovane innamorato magari un po' sopra le righe. Non si capiva come, ma si intuiva che sarebbe diventato famoso, «voleva spaccare il mondo»; e in fondo mamma Gabriella, insegnante di inglese con tanti sogni sotto la cattedra, quel ritornello aveva messo in testa sin da piccole alle sue figliole, Nicla e Marilisa, due sventole, le più belle di Poggiofranco: «Frequentate bene, i giri sono importanti!». Importanti per sgrullarsi dai tacchi a spillo la polvere di Bari, preziosi nel decollo. Poi, magari, sbagli volo.

Questa piccola storia di bovarismo del terzo millennio comincia in fondo come mille altre e non era detto che finisse così male, se solo Gianpi non fosse stato «un deficiente», «un debole», «un amorale», come ora Nicla, moglie non più devota, mette a verbale con puntiglio: «Sposata? Purtroppo, signor giudice». Cresce in viale Kennedy la futura signora Tarantini, che si chiama in realtà Angela Devenuto e che le compagne d'allora chiamavano Ninni (soprannome ripreso poi con scivolosa confidenza da Valter Lavitola, vero Lucignolo della nostra storia).

La zona è residenziale, a fine anni Ottanta tirano su lo Sheraton e altri albergoni, i primi professionisti mettono casa nei paraggi, è quasi la Bari bene, ma in quel «quasi» c'è la dannazione d'una famiglia. Papà Franco gira per studi medici reclamizzando farmaci, vagheggia l'avventura nella Dc, si candida con lo slogan «solidarietà e competenza»: non arriva lontano. Marilisa resterà presto incinta, studi scarsi, altra delusione. Nicla no, Nicla può farcela.

Già il liceo è un trampolino, lei e la sorella vanno alla Scuola dei Fiori, solo femminile, si dice che molti genitori vicini all'Opus Dei mandino lì le figliole, per i Devenuto è la réclame migliore, quei fiori profumano di potere: «Frequentate bene!», continua a ripetere la mamma, e le sue ragazze sono le più «acchitte», certo solo per invidia qualche compagna le ricorda come «arrampicatrici sociali».

Chissà se il distacco dalla realtà comincia allora. Se, già allora, l'idea di campare con duemila euro al mese deve sembrare una nauseante sconfitta alla più bella della scuola (che solo per prudenza si prende la laurea in legge, poiché «arrangiarsi a fare l'avvocato» deve apparirle un'altra condanna). Prima di Gianpi, Nicla gira con ragazzi grandi. Acchiappa Roberto Trione, un maliardo, le femmine se lo mangiano con gli occhi nei baretti di corso Vittorio Emanuele: è l'anima della discoteca Gorgeous, che diventerà più avanti uno dei luoghi storici del tarantinismo.

Gianpi lo conosce così, in quei giri, a una festa, una delle dieci feste di coca, corna e vuoto pneumatico che la Bari godereccia si regala ogni sera per non soffrire di claustrofobia nel quadrilatero delle boutique e degli studi professionali del quartiere Murat. E' il 2004, Nicla ha ventisette anni. Incinta quasi subito, si sposa col pancione. «Ha fatto il colpo grosso», dicono le amiche, che ormai non sono più le snob della Scuola dei Fiori: quel Gianpi ci sa fare, accidenti, gli sconti giù allo «Scrigno» di Ostuni saranno presto solo un romantico ricordo. Non potendo ancora azzannare i quattrini di Berlusconi, inizia a mangiare se stesso, spoglia di milioni e milioni l'azienda di famiglia, la Tecnohospital, prende a far viaggiare le mazzette nella sanità pugliese, si tarantinizza.

Dopo una doppia cerimonia nuziale, la coppia va a vivere nella villa di Giovinazzo, appena fuori Bari. Gli amici la chiamano «villa Scarface»: palme, piscina alla Tony Montana, suite e saloni arredati da Simone Dreyfuss, lampadario di cristalli Swarovski. «Però manco mezza libreria: loro stavano ai libri come io sto a una suora», ridacchia una delle fate della scuderia, la più spiritosa e, probabilmente, la meno ignorante. La vita galoppa, adesso, tra tenere notti e giorni roventi. Cortina e Sardegna, donnine e politici.

A villa Scarface lavorano un cuoco, due filippini e un autista più un cameriere per le feste, solo mantenere la servitù costa almeno ventimila euro. «Qualcuno deve fare qualcosa per noi», medita Nicla, e inizia a guardarsi attorno. Intanto è di nuovo incinta, si accarezza languida il pancione, compra manuali sul parto perfetto, vede suo marito che comincia ad allontanarsi. «E' una brava mamma», giurano le amiche. In realtà questa bella ragazza barese con le radici piantate su una nuvola è un miscuglio di pragmatismo antico e postmoderno.

In villa scorre la coca, Gianpi sostiene di regalarla agli amici. «Loro sniffano ma lui no, manco il caffè normale può bere: solo decaffeinato, se no gli piglia la tachicardia», racconterà Nicla. Dicono che collezioni borse di Fendi e Prada, e in effetti «Cecilia De Fano», la boutique barese per eccellenza, la vede per anni tra le sue clienti migliori. Gianpi si veste da Michi D'Amato, compra Patek Philippe da «Hora Mundi», ha conti aperti un po' dovunque, solo dal macellaio sono quindicimila euro a botta.

Non può durare. Le lancette sui Patek Philippe girano troppo in fretta, il lungo tramonto del berlusconismo da queste parti diventa uno tsunami. La vita vera bussa alla porta con la faccia da satiro paffuto di Valter Lavitola, il fedelissimo cui il Cavaliere preoccupato delega la gestione di Gianpi, ormai sempre più caso umano: «Capisci? mi tocca vivere con cinquanta euro al giorno!», si lamenta lui, come se due terzi degli italiani non facessero lo stesso. Lavitola è in realtà l'ultima spinta al disastro. Nicla ha già la nausea di Gianpi quando lo accetta nel suo letto: «E' stato un momento di debolezza».

Ma ha abbastanza senso pratico da bussare a quattrini per conto del marito: «Deve avere uno stipendio alto, te l'ho detto da principio!». Poi, con la stessa cantilena dolcemente meridionale può pronunciare una frase da donna all'antica: «Non lo lascerò mai, è il padre delle mie bambine». Ecco, la storia adesso è davvero quasi finita. Restano un processo, altre umiliazioni, la solitudine, le risate dietro le spalle. In una telefonata lei lo dice a Lavitola: «E' il futuro che manca». Già. Il futuro non è più quello d'una volta, ora anche Nicla lo sa.

 

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