1- IL CAVALIERE TORNA DAL KENYA PER FARE UNA CAMPAGNA ANTI-MONTI E ANTI-TASSE, RECUPERANDO LA LEGA. OBIETTIVO: BECCARE CON MARONI IL 27% ALLA CAMERA E IL PAREGGIO AL SENATO. COSì DA TENERE OSTAGGIO IL PROSSIMO GOVERNO 2- HA MESSO A POSTO LE QUESTIONI CHE CONTANO: VUOLE IL VOTO A FEBBRAIO PERCHÉ SAREBBE PRIMA DELLE (POSSIBILI) CONDANNE PER RUBY E INTERCETTAZIONI DI FASSINO 3- HA CREATO UNA HOLDING PER TUTTI I 5 FIGLI, IN ATTESA DEL DIVORZIO DA VERONICA 4- HA VERIFICATO CHE CON IL MOSCIO DECRETO SULLE INCANDIDABILITÀ, CHE COMUNQUE SE CADE MONTI NON SARÀ CONFERMATO, SI POSSONO CANDIDARE TUTTI, PURE DELL’UTRI 5- SULLA SUA STRADA HA SOLO NAPOLITANO. OGGI RE GIORGIO GLI DIRà CHE I TEMPI PARLAMENTARI NON CONSENTONO IL VOTO A FEBBRAIO: MANCA LA FINANZIARIA. SE VUOLE L’ELECTION DAY, SERVE UN DECRETO (RISCHIOSO), E DEVE ASPETTARE MARZO


1- I PARTITI SI PREPARANO AL VOTO ANTICIPATO
Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

Silvio Berlusconi ha deciso di accelerare e il Pdl oggi chiederà al presidente Napolitano di anticipare le elezioni a febbraio e per ottenere questo obiettivo il centrodestra potrebbe andare alla rottura anche subito.

Quella dell'ex premier è una corsa contro il tempo: vuole andare in campagna elettorale prima che gli arrivi la condanna sulle intercettazioni di Piero Fassino. Il Cavaliere è convinto che alle soglie delle elezioni i giudici eviteranno una sentenza e la rinvieranno a dopo il voto. Ma non è solo questo il motivo che spinge Berlusconi a correre: «Prendiamo le distanze, facciamo un'azione di disturbo quotidiana e prepariamo la campagna elettorale: se agganciamo la Lega prendiamo il 27 per cento e il pareggio al Senato è assicurato. Così sarò di nuovo io a dare le carte, anche se qualcuno, pure nel Pdl, sperava di emarginarmi».

L'ex premier è galvanizzato dal momento in cui «è tornato in gioco», perché, dice, «solo io posso impedire alla sinistra di andare al governo. Se scendo in campo la sfida si bipolarizza e il centro si svuota». Ma questo non significa che al 100 per cento sarà lui a candidarsi, anche se adesso dice che così sarà. Resta comunque il piano B, anche se ieri perdeva quotazioni: far scendere in campo Angelino Alfano.

Ora che ha «ripreso la palla», che qualcuno gli «voleva togliere», intende giocarla lui, perché «non vedo altri Maradona in giro», ma potrebbe sempre passarla al segretario del Pdl, visto che non c'è la vittoria in vista.

E mentre il Cavaliere ragiona così, lo stato maggiore del Partito democratico è entrato in allarme. È mattina quando Anna Finocchiaro dà voce al malessere del Pd, dichiarando che la maggioranza non c'è più e che è il caso che Monti vada al Quirinale. Ma col passare delle ore la linea del partito cambia. Il motivo? Una telefonata tra Giorgio Napolitano e Pier Luigi Bersani. Il segretario capisce che il presidente non vuole essere messo in mezzo e fa abbassare i toni ai suoi. Lui stesso ribadisce: «Saremo leali con Monti fino in fondo».

Nei conversari privati, però, il leader del Pd non nasconde la preoccupazione per un quadro politico in via di disfacimento: «Non possiamo andare avanti con loro che sparano sul governo e con noi che facciamo finta di niente. Nessuno si sogni di immaginare che questo governo vada avanti con noi e l'Udc a sostenerlo, mentre il Pdl sta fuori e fa quello che vuole». Per farla breve: i vertici del Partito democratico temono di doversi accollare l'onere del sostegno a un esecutivo che è sempre meno popolare, mentre Berlusconi si butta in una campagna elettorale dai toni grillini.

Il Pd vede la vittoria all'orizzonte e ha paura che, approfittando di questi mesi convulsi, qualcuno cerchi di togliergliela. «Prepariamoci alle elezioni», dice Bersani ai suoi. E per dare il buon esempio il segretario incontra Pier Ferdinando Casini. Un colloquio di tre quarti d'ora, per capire se si può andare al voto insieme. Ovviamente con il terzo Polo «depurato» da Gianfranco Fini perché l'elettorato del centrosinistra entrerebbe in rivolta di fronte a un patto con l'ex leader di Alleanza nazionale. In quell'incontro non si decide niente di definitivo. Casini deve riflettere perché se è vero che alcuni sondaggi danno il suo partito sotto il 4 per cento, è anche vero che andando con il Pd rischia di perdere altri consensi.

Bersani, che si è detto più volte indisponibile a inseguire ancora l'Udc, ha però capito il gioco di Berlusconi. Sa che il Cavaliere punta al pareggio al Senato e si rende perciò conto che al Partito democratico conviene andare alle elezioni con un'alleanza il più ampia possibile proprio per evitare questo rischio. E per arginare le speranze dell'ex premier che, con il pareggio, punta a mettere bocca anche sull'elezione del futuro capo dello Stato: «Dovranno passare da noi anche per questo...».


2- IL QUIRINALE E L'IMPOSSIBILITÀ TECNICA DI ANDARE AL VOTO IN FEBBRAIO
Federico Geremicca per "La Stampa"

Manca il voto di sfiducia al governo e non c'è ancora, quindi, lo scioglimento delle Camere: ma ieri - dettaglio più, dettaglio meno - è cominciata la campagna elettorale. In fondo, era tempo che lo si diceva: appena Berlusconi deciderà il ritorno in campo, per il governo Monti sarà la fine. L'annuncio è arrivato l'altra sera: e tutti, ieri, hanno potuto apprezzarne le conseguenze.

E' stata una giornata classicamente di vigilia di crisi, tesa, nervosa, con voti di fiducia e di sfiducia contrastati, partiti (il Pdl) sull'orlo della spaccatura e con gli occhi di tutti rivolti, come sempre, all'«uomo saggio» che siede al Quirinale. Solo che l'«uomo saggio», stavolta, se ne starà a guardare. Meglio: spiegherà - lo ha già fatto con chiarezza ieri - quello che a suo avviso sarebbe il percorso da seguire. Ma poi siano gli altri a dire che cosa vogliono fare.

Un'astensione nel voto di fiducia su questo o quel provvedimento (ieri il Pdl lo ha fatto due volte, una al Senato e l'altra alla Camera) non è sufficiente - questa la valutazione del Colle - per determinare una crisi: se il partito di Silvio Berlusconi vuole le elezioni anticipate (anticipate di un mese o poco più, intendiamoci) lo dica, sfiduci Mario Monti e assuma a viso aperto oneri e onori di tale decisione scelta. E' di questo che Angelino Alfano (con Gasparri e Cicchitto) discuterà col Capo dello Stato stamattina. Perché ci sono almeno un paio di cose che Giorgio Napolitano vorrebbe capir bene, giunti al punto cui si è.
La prima riguarda il «senso di responsabilità» rivendicato ieri da Alfano, nonostante i due mancati voti di fiducia. Bene: questo vuol dire che il Pdl è pronto - per esempio - a dare il via libera alla legge di stabilità? Ieri dal Pdl assicuravano di sì: ma poiché la legge di bilancio arriverà nell'aula del Senato non prima del 18 dicembre, l'impegno ad approvarla esclude la possibilità di un voto anticipato a febbraio e quindi di quell'election day che è una delle più ferme richieste del Pdl.

Dunque: i tempi parlamentari non permettono lo svolgimento dell'election day a febbraio (nel Lazio si voterà, così come deciso dal Tar, il 3 e il 4): ma è forse possibile, allora, accorpare il voto laziale con quello nazionale (e della Lombardia e del Molise) il 10 marzo? Teoricamente sì: occorrerebbe, però, un decreto del governo. Ma si tratterebbe di un decreto che, come per l'Ilva di Taranto, arriverebbe a sconfessare e modificare sentenze della magistratura: e un nuovo passaggio di questo genere non è ritenuto praticabile, né a Palazzo Chigi nè lassù al Quirinale.

Fissato questo paletto - che Napolitano chiarirà ulteriormente stamane alla delegazione Pdl - il presidente è anche interessato a capire fin dove si spinge la disponibilità del partito di Silvio Berlusconi. Il ddl sviluppo può finire il suo percorso oppure no? E che si fa con la delega fiscale? Ieri, di fronte al direttivo dell'Anci, il Capo dello Stato ha chiesto di «non arrivare ad una fine convulsa della legislatura, lasciando andare a picco quello che non deve andare a picco». Dopodiché - sottinteso - se si vuole mandare tutto per aria, si proceda: ma come si dice, mettendoci la faccia.

Nella sostanza - e da un punto di vista tanto istituzionale che di calendario - non si capisce bene, dunque, di cosa si stia discutendo: l'election day a febbraio è impossibile, e il voto politico a marzo - di fatto - già concordato. E allora? Allora quel che cambia - ed è necessario che sia chiaro che cambia - è il «rapporto politico» del Pdl col governo di Mario Monti. Finito il periodo di purgatorio e penitenza, Berlusconi torna infatti in campo e non può farlo che in un modo: andando all'assalto del governo dei tecnici «che ci hanno portato - ha ripetuto il Cavaliere ieri a suoi - in una situazione assai peggiore di quando c'ero io».

I giudizi, a questo punto, sono sostanzialmente concordi: la campagna elettorale cui si accinge il Cavaliere sarà durissima. Berlusconi annuncerà il suo addio a Monti nei giorni in cui gli italiani spenderanno mezza tredicesima per pagare l'Imu e lui annuncerà che in caso di vittoria questa tassa sparirà, come sparì l'Ici. Poi l'attacco all'Europa e agli euroburocrati, la moneta - l'euro - che sarà presentata come l'inizio di ogni male, le «toghe rosse», i comunisti alle porte e tutto il resto. E' l'armamentario solito: ma con argomenti simili, il Cavaliere ha già vinto tre campagne elettorali. Molto è cambiato, si dice. Può essere. Ma meglio aspettare e vedere stavolta come andrà...


3- QUASI TUTTI SALVI. ANCHE DELL'UTRI
Virginia Piccolillo per il "Corriere della Sera"

Anche Marcello Dell'Utri sarà candidabile. Tra le maglie del provvedimento passano quasi tutti i parlamentari che avevano temuto di non poter ripresentarsi alle elezioni. Tra questi l'amico di Silvio Berlusconi, che ha condiviso successi e avventure politiche e giudiziarie. Dei diversi procedimenti subiti, incluso quello per concorso esterno in associazione mafiosa (la condanna in appello a 7 anni è stata annullata con rinvio in Cassazione), solo uno avrebbe potuto fermare una sua ricandidatura: la condanna definitiva a 2 anni e 3 mesi per false fatture e frode fiscale in Publitalia.

Ma arrivò al termine di un patteggiamento, nel '99. Quindi non vale. A fugare ogni sospetto il ministro Severino chiarisce: «Chi decide di patteggiare deve essere messo nella possibilità di conoscere le conseguenze della sua scelta. Applicarla oggi ritornerebbe a carico dell'imputato in modo irrazionale». Anche Marcello De Angelis (Pdl) era e resta candidabile perché ha scontato la sua pena a 5 anni e 6 mesi per associazione sovversiva e banda armata nell'89.

Tra i condannati in via definitiva si salva il pdl Aldo Brancher perché condannato solo a due anni per ricettazione e appropriazione indebita nello scandalo Antonveneta. Anche Salvatore Sciascia (Pdl) potrebbe essere candidato perché la condanna a 2 anni e sei mesi per aver corrotto alcuni ex colleghi della Finanza risale al 2001: troppo vecchia.


4- IL CAV BLINDA I BENI: HOLDING PER I 5 FIGLI
Franco Bechis per "Libero"

L'atto che ne ha dato i natali è stato firmato il 28 novembre scorso. Quel giorno è nata la B cinque srl, la nuova holding che per la prima volta riunisce tutti i figli di primo e secondo letto di Silvio Berlusconi. Marina, Pier Silvio, Eleonora, Barbara e Luigi. È una società di partecipazioni, che al momento non ne ha alcuna. Il capitale sociale è anche ridotto: 40 mila euro, ed è stato sottoscritto al 66,67% dalla holding italiana quattordicesima, che riunisce i tre figli di Veronica Lario (Eleonora, Barbara e Luigi), al 16,67% dalla Holding italiana quarta di Marina Berlusconi e al 16,66% dalla Holding italiana quinta di Piersilvio Berlusconi.

Cinque Berlusconi (il nome della holding a quello si riferisce) per la prima volta insieme dopo tanti anni. E con una regia che non lascia dubbi: per la sua costituzione è sceso in campo il ragioniere Giuseppe Spinelli, incaricato con poteri speciali sia da Marina che da Piersilvio. È l'uo - mo di cui si fida di più papà Silvio, e a cui è stata affidata questa missione in un periodo di non grande tranquillità (nel pieno delle indagini sul misterioso rapimento).

SCELTA PESANTE
Quella holding della seconda generazione dei Berlusconi sembra dunque pesare assai più di quanto non dica il capitale sociale. Per lo statuto depositato può acquisire partecipazioni in altre società e anche fare da cassa di gruppo, concedendo «finanziamenti in qualsiasi forma e rilascio di garanzie sia reali che personali, a favore di società partecipate direttamente o indirettamente», a patto che non siano rivolti a favore di un pubblico indistinto.

Dunque è una holding familiare, che potrebbe assumere partecipazioni in settori interessanti e in start up come da tempo fanno i tre figli di secondo letto, ma soprattutto è un veicolo societario che vede insieme tutta la seconda generazione e che potrebbe essere utilizzato da papà per la suddivisione del patrimonio o per il trasferimento di quote della capogruppo Fininvest.

È lì pronta per la fase finale di Berlusconi, in attesa solo della parola definitiva sulla sentenza Fininvest-Cir che in caso di sconfitta costringerà a rivedere i calcoli sul perimetro patrimoniale. Ma è anche un veicolo dove inserire in maggiore sicurezza, al riparo da altre eventuali vicende giudiziarie, il patrimonio comune. Basterà attendere le prime mosse societarie per capire. Intanto al alla guida della holding è stato messo il minore dei figli, Luigi jr. Sono propri i figli più giovani quelli che finanziariamente si stanno muovendo di più in questo ultimo anno.

Non solo hanno costituito l'holding con i fratelli maggiori, ma poche settimane prima hanno dato i natali a un'altra assai simile: la Belfin Uno srl, società di partecipazioni a cui sono uniti in posizione di minoranza altra soci (Madison capital, Due G holding e H-Equity srl). Anche qui la filosofia sembra essere quella di tenere tutta unita la grande famiglia del fondatore.

Amministratore unico della holding infatti è stato nominato Giorgio Valaguzza, che è il primo marito della più vulcanica delle berluschine di secondo letto: Barbara. Lei ora è compagna del calciatore del Milan, Pato, ma i rapporti con Valaguzza sono restati ottimi, anche perché è padre dei suoi figli. La holding è uno dei modi classici dei Berlusconi per tenere tutti insieme.

ALTRI INVESTIMENTI
Anche questa è appena nata o poco più: è stata costituita il 31 luglio scorso, e si è già data da fare. Nove giorni dopo, in pieno agosto, ha acquisito una partecipazione di minoranza in Happyprice srl, società di couponing online fondata da Raffaele Giovine. È una società Internet, che propone acquisti a prezzo di saldo (fino al 90% di sconto) e che fa concorrenza in questo settore a due colossi come Groupon e Groupalia.

In questo caso l'investimento non è stato proprio minimo, avendo sottoscritto una prima tranche di aumento di capitale da 1,2 milioni di euro con una opzione a sottoscrivere altri 800 mila euro e raggiungere il 40% del capitale sociale. Ma Happyprice è già ben posizionata sul mercato: nata nel 2010, al secondo anno di attività già fatturava oltre un milione e mezzo di euro, con perdite operative limitate (43.622 euro).

L'operazione si affianca a quella poco tempo prima compiuta acquisendo una quota di minoranza del portale assicurativo Facile.it (già Assicurazioni.it), che offre le classiche polizze Internet scontate cogliendo le migliori opportunità sul mercato. I berluschini di secondo letto sono un po' i grillini finanziari della famiglia, avendo investito molte risorse sui business on-line. Anche questo è un modo per dare un futuro al patrimonio di una delle prime famiglie industriali e finanziarie italiane.

 

 

Napolitano - BerlusconiBerlusconi addormentato accanto a Napolitano MONTI E BERLUSCONIVIGNETTA BENNY BERSANI E BERLUSCONI INSIEME A LETTO PIERFERDINANDO CASINI E PIERLUIGI BERSANI Monti vs Berlusconi su Time a mesi di distanza Nonleggerlo DELLUTRI Berlusconi Silvio e Brancher Famiglia Berlusconi Eleonora Piersilvio MArina Silvio BArbara Luigi Famiglia BerlusconiSilvio Berlusconi famigliaBarbara BerlusconiBARBARA BERLUSCONI A CERNOBBIO jpegbarbara berlusconi e giorgio valaguzzaLUIGI BERLUSCONI E GINEVRA ROSSINI Giorgio Napolitano e Angelino Alfano VERONICA LARIO CON BARBARA E LUIGI BERLUSCONI

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