UN PARTITO FORMATO MEDIASET - PER RIFONDARE IL PDL, IL BANANA PENSA A UNA SVOLTA NAZIONALPOPOLARE: CANDIDARE GERRY SCOTTI, FRANCO BARESI E PAOLO MALDINI - NEL CALDERONE NEO-FORZISTA DENTRO ANCHE BRIATORE, SALLUSTI, ENNIO DORIS, LUISA TODINI E IL SUO MEDICO ZANGRILLO - MA GLI OSTACOLI SONO DUE: UN’EVENTUALE CANDIDATURA DI MONTI PER I CATTO-MODERATI E L’ESITO DEI SONDAGGI DELLA GHISLERI - COSA FA IL BANANA SE L’ENNESIMA DISCESA IN CAMPO NON ECCITA GLI ELETTORI?...

1 - ECCO I NOMI DI FORZA ITALIA 2...
Salvatore Dama per "Libero"

Berlusconi ha una pila di curricula così, nel suo studio di Arcore. E ha dedicato una fetta considerevole del proprio tempo, negli ultimi mesi, all'attività di scouting. In realtà il Cavaliere stava cercando un nuovo Silvio: «L'opinione comune era che ci volesse un leader come il Berlusconi del '94, ma non c'era. E non è che non l'abbiamo cercato. L'abbiamo fatto». Finché l'ex premier non si è accorto di avere il candidato proprio lì. Davanti a sé. Tutte le mattine. Riflesso allo specchio.

Decisa la ricandidatura, il "Linkedin" cartaceo che riposa sulla scrivania berlusconiana non finirà nella differenziata. Il leader del Pdl ha deciso che, tra quei profili, selezionerà molti candidati alle prossime elezioni politiche e regionali. Saranno i «volti nuovi» di cui ha parlato ieri a Milanello. Quanti? Facendo pace con la nomenklatura del Pdl, nel giorno in cui Alfano e i dirigenti si sono piegati alla ricandidatura dell'ex premier, Silvio ha negato rivoluzioni nella composizione dei gruppi parlamentari.

Ha dato rassicurazioni sulla conferma dell'attuale nucleo dirigente del partito, al quale sarà cambiato solo nome e simbolo nel corso di una sorta di convention rifondativa. Parole. Patti ai quali Berlusconi potrebbe derogare se rimanesse in vigore l'attuale legge elettorale, il Porcellum, che affida ai leader ampia discrezionalità nella composizione delle liste bloccate. E, di conseguenza, nella selezione del personale politico da spedire a Montecitorio e a Palazzo Madama.

In privato Silvio ha confermato l'intenzione di disfarsi della vecchia guardia, specie di chi ha lo ha «tradito» pensando di puntare su Alfano per rottamare il fondatore. Non solo. Berlusconi riservatamente confessa anche l'intenzione di volere rivedere le quote del partito, il "70-30" fissato come regola d'ingaggio all'atto della fusione tra Forza Italia e An. I nuovi rapporti vanno aggiornati in questi termini: 50 berluscones, 40 ex forzisti, 10 ex An. «Ci saranno molte facce nuove. Bisogna innovare e ci sono anche persone che hanno tutto il diritto di sentirsi stanche», ha detto ieri a Milanello, Silvio.

Aggiungendo: «Già da tempo ho contatti con molti protagonisti del mondo delle imprese, del lavoro, delle professioni, dell'università e anche dello sport, ma non mi sento autorizzato a fare nomi senza il loro consenso». Quanto allo sport, Berlusconi ha in mente di partire proprio dal calcio. Chiedendo un impegno diretto alle bandiere del suo Milan. Tre nomi su tutti. Il direttore generale della società Ariedo Braida e due calciatori che hanno fatto la storia del squadra nell'era berlusconiana: Franco Baresi e Paolo Maldini.

Per ciò che riguarda il mondo dell'impresa, del lavoro e delle professioni, la scelta è molto ampia. Silvio avrebbe sondato la disponibilità di molti volti noti dell'imprenditoria italiana, ma ha anche intenzione di attingere dal gruppo di famiglia, come fece nel '94. Il primo nome che viene automatico è quello di Flavio Briatore, manager che negli ultimi mesi ha stretto molto i rapporti con il Cavaliere ospitandolo ripetutamente nelle sue proprietà in Kenya. Non è detto che Briatore accetti la candidatura. Come non è detto che lo facciano altri imprenditori avvicinati dall'ex premier in questi ultimi mesi: lo stilista Cesare Paciotti, il presidente di Ibm Nicola Ciniero, l'amministratore delegato di Cisco David Bevilacqua.

Tutte presenze ricorrenti alle famose cene del lunedì con gli imprenditori, organizzate a Villa Gernetto. Un'altra figura che a Berlusconi piacerebbe coinvolgere è Luisa Todini, protagonista del mondo dell'impresa e attualmente consigliere d'amministrazione Rai in quota Pdl. Hanno già un piede nel partito, perché avrebbero voluto partecipare alle primarie azzurre, l'avvocato Gianpiero Samorì e il finanziere Alessandro Proto. C'è chi sosteneva che dietro le loro candidature ci fosse proprio Silvio, nel luciferino tentativo di rendere più difficile l'ascesa di Angelino Alfano alla premiership pidiellina.

Comunque sia andata, è vero che Berlusconi ha un rapporto personale con entrambi e ha già pensato a un loro coinvolgimento nel partito rinnovato che ha in mente. C'è poi il capitolo "Publitalia", azienda che già nel '94 fornì l'ossatura della neonata Forza Italia.

Nel management della concessionaria pubblicitaria sono impiegati uomini di stretta fiducia del Cavaliere come Giuliano Adreani, Niccolò Querci, Luigi Ciardiello. Ma l'ex premier potrebbe anche chiedere un impegno diretto in politica del boss di Mediolanum Ennio Doris.

O di esponenti dell'inner circle come il medico Alberto Zangrillo o l'architetto Gianni Gamondi. Così come Silvio starebbe anche pensando di attingere dal settore dei direttori del gruppo Mediaset e Mondadori. Berlusconi avrebbe pure valutato l'opportunità di candidare il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, in una campagna che avrà una forte tara anti-giudici.

Ma sarà anche molto nazional-popolare. Ed è il motivo per cui l'ex presidente del Consiglio ha in animo di giocare un'altra carta ancora. Sempre in arrivo dal gruppo Mediaset: Gerry Scotti. Il conduttore ha già fatto sapere di non essere interessato alla politica. Ma se dovesse chiamare Berlusconi in persona...

2 - ALFANO E IL PDL ALLA BATTAGLIA FINALE MA IL PARTITO RISCHIA DI SPACCARSI...
Paola Di Caro per il "Corriere della Sera"

Non succede, ma se succede... È praticamente appeso a quattro parole il destino degli scontenti del Pdl. Che sono tanti, che mugugnano, che si vedono in cene più o meno riservate. Ma che, allo stato, hanno davanti poche strade. Forse nessuna, se andrà come Berlusconi ripete ai fedelissimi in queste ore: «Sarà un referendum tra me e Bersani, per gli altri non c'è più alcuno spazio, non esistono».

Ma se dovesse succedere che Monti, contro le previsioni, scendesse in campo, allora «tutto si rimescolerebbe, tutto tornerebbe in discussione» dicono filomontiani come alemanniani, cattolici ortodossi, forzisti delusi e ciellini più o meno duri. Se invece il premier non dovesse compiere quel passo che a oggi ammettono «sembra molto difficile», tanto più con «i tempi del voto che ora, con la sua decisione, diventano stretti» allora le vie di fuga da un Pdl dominato dal Berlusconi di ritorno sarebbero davvero poche.

Ora è attesa. E incertezza totale. Perché la decisione di Monti spiazza. Parla Angelino Alfano, senza scoprirsi: «Siamo prontissimi a votare il disegno di legge di stabilità, stringendo i tempi. Anche qui sta la nostra responsabilità, esattamente come avevamo preannunciato al presidente della Repubblica e formalmente affermato in Parlamento. Noi ci siamo. Bersani, in questo momento così delicato, sospenda i toni da campagna elettorale».

Bobo Maroni gli fa i complimenti: «Monti si dimette, evviva!! Bravo Alfano vai avanti così, fino in fondo!». La Santanchè rivendica: «È un nostro risultato». Ma l'area del disagio resiste, mentre i rischi per la riapertura delle borse ci sono e Berlusconi lo sa perfettamente. Ed è frastagliata e ampia.

Al di là di chi si vede al ristorante (sia Lupi sia Fitto smentiscono di essere stati, giovedì scorso, a cena con uomini di Alemanno, con Sacconi, con Formigoni perché si trovavano, al contrario, al desco con il fedelissimo di Berlusconi Denis Verdini), l'area cattolica che fa capo a Cl, quella che si riunisce attorno al sindaco di Roma, lo stesso Fitto che è stato uno degli uomini più vicini e importanti per Alfano, non esultano certo per il ritorno in campo di Berlusconi.

Le motivazioni sono diverse: Alemanno - che ormai rappresenta una delle tre anime degli ex An in competizione con quella di La Russa e Gasparri da una parte e della Meloni dall'altra - è alle prese con la difficilissima corsa per la riconferma al Campidoglio. Cl affronta il malumore del mondo cattolico che da tempo ha mostrato a dir poco freddezza verso Berlusconi.

E così per un Mario Mauro che rappresenta (con molto vigore) la posizione di disagio del Ppe, c'è un Formigoni pure critico, mentre Maurizio Lupi, pur perplesso, nel Pdl continua a operare e due giorni fa era a pranzo con Berlusconi e Alfano per evitare che si strappi la tela: «Cl? In ogni caso non ci divideremo» assicura. Fitto a sua volta ha mostrato con il silenzio la delusione per l'abbandono del cammino intrapreso con Alfano per portarlo alla premiership dando il via a quella svolta generazionale e politica sulla quale aveva puntato. Ma, nonostante i rapporti di stima con Monti, reciproci, allo stato non è intenzionato a fare strappi né colpi di testa.

Insomma, anche se si susseguono date, ultimatum e penultimatum - gli ex An, da Meloni a La Russa, annunciano mobilitazioni per il 16 dicembre per andare verso «un nuovo centrodestra» - nessuno sembra pronto a muoversi verso altri lidi. E questo per due motivi.

Il primo è che Berlusconi - pur ripetendo a chiunque che «servono facce nuove, serve un ricambio di chi va in tv, non si possono vedere ancora le facce di Cicchitto, Gasparri, La Russa» - non vuole perdere nemmeno un pezzo del suo partito.

Domani arriveranno sulla sua scrivania i sondaggi della Ghisleri per un primo responso sul suo ritorno in campo, e anche se la vera campagna elettorale non è ancora iniziata, qualcuno pensa che l'ex premier tirerà le somme a gennaio, quando conta di aver risollevato il partito almeno al 20%. In caso contrario, si ipotizza che possa perfino tornare sui suoi passi.

Scenari improbabili, certo. Mentre è viva l'ipotesi che Monti scenda direttamente in campo. In questo caso, dicono tutti i malpancisti del Pdl, le cose cambierebbero davvero. Perché una eventuale Lista Monti attirerebbe più di un big deluso, sicuramente l'area ultra cattolica in subbuglio. E qualcuno, a quel punto, arriva a prevedere perfino una riaggregazione totale del centrodestra, magari col passo indietro del Cavaliere anche se ad oggi i rapporti tra Monti e Berlusconi paiono tesissimi.

Ma per ora Berlusconi pensa a tutt'altro, concentrato solo sulla sua campagna: «Possiamo e dobbiamo vincere» carica i suoi, pronto già dalla prossima settimana a «invadere» le tivù, a mettere in moto la macchina organizzativa che si servirà anche di Internet e social network per rilanciare le parole d'ordine antimontiane che, ne è convinto, sono quelle di maggior presa sugli elettori: «Non ha mai avuto un gradimento così basso...».

E insieme, l'ex premier pensa alle alleanze. Oggi ad Arcore si terrà una riunione con lo stato maggiore del partito lombardo con Alfano per cercare di definire gli accordi per la candidatura nella Regione. Ed è anche su questa intesa, sul possibile ritiro di Albertini e la convergenza su Maroni, che si gioca l'unità o meno del Pdl.

 

BERLUSCONI IN VERSIONE MAOGERRY SCOTTIpaolo MALDINI FRANCO BARESIL'ARRESTO DI SALLUSTIAlessandro ProtoFOTO DA A FLAVIO BRIATORE E ZANGRILLO GASPARRI, ALFANO, QUAGLIERELLO, CICCHITTO.jpgFACCIA A FACCIA BERLUSCONI E ALFANOSANTANCHE E SALLUSTIMonti e Alemanno GASPARRI LA RUSSA MARIO MONTI E IL CALICE DI VINO

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