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BECHIS IS BACK - VELINA ROSSA? NO, GRILLINA! LAURITO VOTEREBBE M5S CONTRO RENZI - HILLARY, SALUTAME A SOROS - ORA IN PARLAMENTO SPARLANO TUTTI DELLA GUIDI - BERLUSCONI AI SUOI: “NON PARLATE DI CONFLITTO D’INTERESSI” - REFERENDUM ALLE PORTE E RICICCIA MARIO SEGNI

Franco Bechis per “Libero quotidiano

 

Velina Rossa diventa grillino

 Pasquale Laurito Pasquale Laurito

Clamorosa ammissione in Transatlantico di Pasquale Laurito, più conosciuto come Velina Rossa, il retroscenista ufficiale dei segreti della sinistra dal Pci ai giorni nostri: «Ho una sicurezza, non voterò Pd fino a quando alla sua guida ci sarà Matteo Renzi». E allora se ne starà a casa? Macchè.

 

Alle urne ci andrà. «E se l' alternativa sarà fra Renzi e Beppe Grillo, allora voto 5 stelle». Affermazione impegnativa. Anche perché è stata fatta davanti a un leader del famoso direttorio di quel movimento: Alessandro Di Battista, che è sembrato non disprezzare affatto l' endorsement...

 

Presidenziali Usa, George Soros sceglie Hillary

Follow the money, segui il flusso del denaro per capire dove vanno le elezioni americane. Il detto tradizionalmente valido questa volta sembra essere messo in crisi da Donald Trump, che conquista il cuore di molti elettori Usa nei caucus, ma non attrae il portafoglio dei grandi investitori (spendendo poco, e mettendoci quasi tutto di tasca propria). Se si dovesse guardare solo al flusso dei soldi che contano, il duello finale dovrebbe essere quello fra Hillary Clinton e Ted Cruz.

george soros 2george soros 2

 

La prima è stata foraggiata da un uomo che solitamente fa ballare i mercati finanziari internazionali, come George Soros: il Soros Fund Management ha puntato su di lei qualcosa in più di 7 milioni di dollari. Altri 3,5 milioni arrivano dall' hedge fund del miliardario James Simon, l' Euclidean Capital.

 

Terzo posto con 2,8 milioni per il Pritzker Group, una delle principali firme del venture Capital Usa (proprietari della catena alberghiera Hyatt). Sul fronte repubblicano è Cruz a raccogliere i contributi più pesanti: 15 milioni dai Wilk brothers, 10 dall' hedge fund Renaissance Technologies, terzo posto per la Quantum Energy Partners.

 

Guidi in disgrazia? Ecco i retroscena sulla sua nomina...

GUIDI E DE VINCENTIGUIDI E DE VINCENTI

È la dura legge della politica: fino quando sei sugli altari, tutti pronti a inchinarsi e omaggiarti. Ma quando finisci in disgrazia pullulano i «eh, io lo sapevo... l' avevo detto...». Succede ora alla povera Federica Guidi, che ha dovuto dimettersi dal ministero dello sviluppo economico.

 

Basta sentire le chiacchiere in Transatlantico. Un deputato Pd lombardo svelava il giorno dopo a un collega un episodio del 2014: «Avevano appena fatto il governo di Matteo Renzi, e all' aeroporto ti trovo l' ex presidente di Confindustria, Giorgio Fossa. Gli spiego la lista dei ministri, e lui quasi non vuole crederci: la Guidi? Ma è la più sprovveduta di noi! Impossibile, ci sarà un errore delle agenzie...».

federica guidifederica guidi

 

Poco più in là nel palazzo sempre della Guidi si stava parlando. A discuterne con un deputato azzurro era un ex parlamentare che conosce ogni segreto degli industriali e assicurava: «Ma sai chi era il più furioso di tutti quando l' avevano nominata? Giorgio Squinzi, che anzi ha preso quella scelta come un guanto di sfida di Renzi nei suoi confronti. La Guidi infatti lo aveva combattuto senza mezzi termini nell' elezione a presidente di Confindustria...». Sic transit gloria mundi...

 

Sfiducia al governo sul petrolio-gate?

GUIDI RENZI BERLUSCONIGUIDI RENZI BERLUSCONI

Silvio chiede... Silvio Berlusconi non ha voluto frenare i suoi che erano ormai lanciatissimi a presentare l' ennesima mozione di sfiducia nei confronti del governo di Matteo Renzi per il petrolio-gate emerso con l' inchiesta della procura di Potenza che ha portato alle dimissioni del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi.

 

Da palazzo Grazioli è arrivata la richiesta di un solo piccolo favore: «Potreste evitare di citare nella mozione ogni riferimento al conflitto di interesse? Ve ne sarei grato». Bisogna dire che il leader non manca di stile...

 

L' anima gemella della Santanchè? Angela Merkel

SANTANCHESANTANCHE

Sostiene di non condividere praticamente nulla di quel che ha detto e fatto da leader politico. Eppure Daniela Santanchè ha scoperto un punto in comune molto intimo con la cancelliera tedesca Angela Merkel, e lo racconta nella sua appassionata autobiografia che sta per uscire da Mondadori («Sono una donna, sono la Santa»), e che verrà presentata e lanciata da Enrico Mentana.

 

«C' è una vicenda simile alla mia», svela Daniela Garnero poi divenuta Santanchè, «quanto a storie di cognomi, anche se non mi pare che nessuno abbia questionato su tale punto. Riguarda Angela Merkel. Merkel non è il suo nome di nascita. E non è neppure quello dell' attuale marito, Joachim Sauer, un simpatico signore assai tranquillo a cui è legata dal 1998.

 

MERKEL MONDIALI DI CALCIOMERKEL MONDIALI DI CALCIO

Angela Dorothea (questo il nome completo), nata Kasner, si sposò con Ulrich Merkel ai tempi in cui era una ricercatrice di scienze nella Germania comunista: fu nel 1977, e lei aveva ventidue anni come me. Divorziò dopo cinque anni, ma ormai si era costruita una certa riconoscibilità pubblica come Merkel: quel nome era diventato roba sua e guai a chi glielo avesse portato via.

 

Giusto. È una delle poche cose su cui concordo con lei. Forse l' unica. Insieme al fatto di vergognarsi e di non far sapere a nessuno di chiamarsi Dorothea, che orrore. Le si possono rivolgere tutti gli insulti, meno che darle della dorotea».

 

C' è il referendum e torna Mariotto Segni

C' è alle porte il referendum sulle trivelle del 17 aprile, e dalle parti di Montecitorio è riapparso all' improvviso Mariotto Segni. Il suo nome è legato indissolubilmente al referendum sulla preferenza unica del 1991, che mise l' Italia ai suoi piedi alla vigilia dell' esplosione di Mani Pulite.

Mario Segni Mario Segni

 

Mariotto non seppe sfruttarne la chance, che invece fece la fortuna di Sergio Mattarella, l' inventore della legge elettorale che seguì a quel referendum. Segni è man mano uscito dalla politica, tornando a galla ogni volta che si parla di referendum (ha provato a cavalcare quello contro il Porcellum).

 

Ovvio quindi quel che ha appena confidato a un amico davanti alla Camera dei deputati: «Certo che vado a votare. E voterò pure Sì...». Anche se subito dopo deve avere pensato di avere avuto troppo coraggio, e ha smorzato: «Ma non ce l' ho con Matteo Renzi, che, anzi, non mi dispiace...».

 

Crozza oggi ride della D' Urso: ha memoria corta

crozza meravigliecrozza meraviglie

Maurizio Crozza nel suo show si è divertito a prendere in giro i personaggi noti citati nei famosi Panama Papers. E ha preso di mira Barbara D' Urso, che risultava titolare di una società panamense dormiente. Lei ha spiegato che era stata creata per comprare una casa sulla Costa Azzurra, ma poi l' affare immobiliare è sfumato e la società non è servita più a nulla.

barbara d'urso campbarbara d'urso camp

 

Crozza ha ironizzato: «E la serviva una società nei Caraibi? Naturale. Perché per arrivare da Ventimiglia alla Costa Azzurra solitamente si prende la tangenziale in Nicaragua...». Spiritoso, ma un pizzico smemorato. Perché quelle sembrano essere le regole su quei litorali. Ricordate Gianfranco Fini e il cognato Giancarlo Tulliani?

 

Anche lì per prendere una casa a Montecarlo è stato necessario passare dai Caraibi e fondare una società nell' isola di Santa Lucia, perfino più lontano che a Panama. Ma non risulta che all' Agenzia delle Entrate italiane la cosa sia interessata. E anche a Crozza faceva meno ridere: era la moda del momento, suvvia...

 

C' è Emiliano ma in Puglia restano i vitalizi

Nichi Vendola non c' è più, e si gode il suo vitalizio cambiando pannolini in California al bimbo avuto da un utero in affitto. Oggi a guidare la Puglia c' è Michele Emiliano, ma la musica non sembra essere cambiata tanto. La regione del Sud resta la terra dei Bengodi dei vitalizi.

 

NICHI VENDOLA E MICHELE EMILIANO NICHI VENDOLA E MICHELE EMILIANO

Naturalmente in silenzio. Perché ufficialmente lì quella sinecura a vita è stata abolita, e un consigliere regionale può andare in pensione grazie alle nuove regole solo dopo i 60 anni.

Così sta scritto. Ma la realtà è un altra. Ed emerge dai bollettini interni all' ufficio di presidenza del consiglio regionale.

 

EDDY TESTA CON VENDOLA E MICHELE EMILIANO jpegEDDY TESTA CON VENDOLA E MICHELE EMILIANO jpeg

Prendi il caso di Giuseppe detto Pino Lonigro. Consigliere regionale dal 2005, è transitato dai socialisti di sinistra al gruppo di Vendola. Sulle prime è stato eletto anche in questo consiglio regionale nella lista vendoliana «Noi a sinistra per la Puglia». Poi però un suo collega ha fatto ricorso al Tar, facendo ricontare i voti e ha preso il suo posto, facendolo decadere ai primi del gennaio scorso. Lonigro se ne è fatto una ragione.

 

Ha bussato alla porta dell' ufficio di presidenza e implorato: «Datemi il mio vitalizio». E il giorno del suo cinquantasettesimo compleanno è stato accontentato: dal primo marzo scorso gli è arrivato il primo assegno da 5.618,79 euro che tutti i mesi continuerà a essergli accreditato fino all' ultimo dei suoi giorni...

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