PIAZZE PIENE, TV VUOTE – CHI STA SPOPOLANDO NELLE PIAZZE CHE BISOGNO HA DI ANDARE NEL TEATRINO MORTO DELLA TELEVISIONE? - “SIAMO ARRIVATI QUI SENZA TV E SENZA TV ANDREMO FINO IN FONDO” - I TRENTAMILA IN PIAZZA CASTELLO A TORINO HANNO CONFERMATO AL COMICO CHE L’INVISIBILITÀ CATODICA DIVENTA UN ULTERIORE SEGNO DI DISTINZIONE E PRESENZA – ED ORA TOCCA A ROMA…

1 - IL COMICO: "SONO POSTI MORTI SE MI VOLETE PARLARE SONO QUI"
Jacopo Iacoboni per "la Stampa"

«Noi siamo arrivati fin qui senza tv, e senza tv andremo fino in fondo». Siamo diversi, non stiamo nel teatrino, il teatrino morto sono gli altri. Amen. E tra parentesi, chi sta spopolando nelle piazze che bisogno ha di questa tv?

Nell'intreccio delle due motivazioni che tengono ancora una volta Beppe Grillo lontano da un'intervista tv, quello che colpisce è che la gente sì, magari glielo chiede. Ma non è che poi se ne freghi più di tanto.

«Ecco, se mi volete parlare io sono qui», dice lui arrivando a Genova, poco prima di iniziare lo show nella sua città, dove faranno anche girare un bussolotto per l'offertorio alla rivoluzione. E in effetti con le persone ci parla e anzi, è messo sempre più spesso di fronte ai casi umani che sono il prezzo del messianismo: lo avvicinano persone che, letteralmente, si aspettando adesso una salvezza da lui.

Una signora a Savona - dove, forse per il vento freddo, non si sono avvistati anchormen televisivi vogliosi di parlare col comico leader gli è scoppiata in lacrime e gli ha detto «ti prego, Beppe, lavoro con i disabili e non mi riconoscono dieci anni di contributi».

Lui se l'è abbracciata e ha preso nota del telefono. Oppure poco prima, a uno che gli domandava come mai non andasse più in tv, ha risposto «vedete, sono falsi problemi, sono posti morti. Questa è l'ultima spiaggia, se non li mandiamo a casa adesso, dopo arriva la rivoluzione, quella vera».

La tv, in questo Grillo è sintonizzato con la sua piazza, è solo l'altra faccia della casta da mandare a casa: «Prendi questi parlamentari, tu stai lì a spingere dei bottoni, su cose di cui non capisci un c..., alla fine sei psichiatricamente inadatto, diventi uno sconfitto, e allora per far vedere che esisti vai in tv». Grillo, lo si sarà capito, ritiene ampiamente di esistere anche senza.

Diranno naturalmente che era tutto prestabilito, un'abile strategia. In realtà il no a Sky ancora fino all'una di ieri non pareva esser stato deciso; nello staff ci sono state tante discussioni, in questi giorni, a pranzo e in chat. «Non è che non facciamo distinzioni tra tv», dice uno molto insider. «Sky la rispettiamo, ha fatto un bel lavoro; ma noi siamo diversi da tutti gli altri. E diversi resteremo fino alla fine».

Genova è, da questo punto di vista, tappa catartica: nel mare di piazza de' Ferrari Grillo ha lo smalto di Totti sabato all'Olimpco, è casa sua, nonostante sia città assai ostica, restia al bagno di folla. Se sul blog una metà di commenti sono critici (ma non era il blog gestito da Casaleggio?), «Beppe, bisogna rispettare la parola data, la rivoluzione è anche questo», qui sono pochi quelli a cui importa di non vederlo nella scatoletta. I fratelli Jacopo e Gioele Morelli, per esempio, «ci avrebbe fatto piacere vederlo, ma pazienza». Ce l'hanno in carne e ossa, ora.

Del resto ripercorrete frasi e performance di Grillo sulla tv in questo mese, facevano sospettare come sarebbe finita, «La7 è in svendita, ormai la paghiamo noi con le bollette telefoniche», Mentana e Santoro definiti «cinici», l'operatore di Raitre fatto scendere dal palco a Susa, il Tgcom sbeffeggiato in piazza Castello, e ieri, a Savona sul palco, davanti a una marea umana: «Dove sono, dove sono le televisioni, maledette!!». Stava ridendo, ovviamente.

«A me però non è piaciuto», confessa Anna, una ventitreenne genovese studentessa a Economia. Lo voterà comunque. «Ma se dici che fai una cosa la devi fare». L'amica la interrompe, «ma nooo, quelle trasmissioni sarebbero il suo funerale...». C'è già un tormentone, diffuso da Salvo Mandarà, il reporter del Movimento, e ripete una vecchia gag del Grillo comico quando sfotteva Cossutta, presunto agente di un Kgb che non c'era più: «Perché non va a Sky? Le fragole sono mature, le fragole sono mature». Messaggi in codice? Macché, siamo alla beffa situazionista sul cadavere del tubo catodico.

2 - SE GRILLO FA IL PIENO ANCHE A TORINO
Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"

Alla fine siamo dovuti tornare al Sessantotto, fatidico per definizione. Un sabato di fine marzo, Giancarlo Pajetta sul palco contro la guerra americana in Vietnam e un mare di gente sotto di lui, un bagno di folla buono per la propaganda, finito subito sulla prima pagina de L'Unità del giorno seguente.

La foto di Beppe Grillo e dei trentamila in piazza Castello a Torino evocava una sensazione di già visto, ma così lontana negli anni da risultare mitologica e incerta al tempo stesso. Quello scatto, e quei numeri, hanno destato una forte impressione, sui social media e non solo. Con molte buone ragioni, perché l'ultimo trionfo personale di Grillo segna la rottura di un altro argine, nella politica che vive di simboli.

Appena a Natale sembrava finito. La dura reazione alla rivolta dei grillini emiliani aveva fatto emergere indubbie contraddizioni e annullato pretese di diversità rispetto al resto dell'offerta politica. A metà gennaio è cominciato lo Tsunami tour. Come già avvenuto per le comunali a Parma e per le regionali in Sicilia, la piazza ha fatto da trampolino, gli ha ridato slancio.

Tutto è nuovamente cambiato, anche se in molti hanno fatto finta di niente. Sul suo blog, Grillo pubblicava foto di piazze piene, quasi sempre in località di provincia, accompagnate dalla dicitura ironica «non c'è nessuno». Nell'ultimo mese questa nuova sottovalutazione collettiva del suo movimento gli ha parecchio giovato.

Ma Torino è una svolta. Perché ha sempre rappresentato un'altra idea di politica, del tutto opposta a quella dell'ex comico. Lo stile estroverso, chiamiamolo così, di Grillo, è quanto di più lontano si possa immaginare dalla cultura politica torinese, e piemontese in generale. Non è neppure il caso di scomodare la sobrietà sabauda, Gramsci, Gobetti, l'azionismo e i miti giacobini. Basta guardare al passato recente.

Torino è sempre stata la bestia nera del populismo leghista. È la città che non ha mai ceduto al mal di pancia, neppure quando Milano eleggeva sindaco il «barbaro» Marco Formentini, neppure quando, nel 2010, il voto delle altre province ha consegnato il governo regionale a Roberto Cota. Non è un posto di gente che esterna la propria passione, non è ribalta da politica spettacolo. Le grandi manifestazioni di piazza sono finite con i 35 giorni del 1980 e la marcia dei quarantamila a chiudere l'epoca delle adunate nell'unica città d'Italia che aveva un Pci di massa.

Negli ultimi anni piazza Castello è diventata il luogo dei concerti, la medal plaza delle Olimpiadi invernali del 2006. Grillo ci aveva fatto il suo secondo «Vaffa day», con risultati neppure paragonabili a quelli di sabato. La scelta di tornarci, senza passare per la più capiente piazza San Carlo, lasciava intravedere un certo timore reverenziale. La risposta, invece, è stata impressionante. Piazza Castello riempita in quel modo ha il valore di un giudizio politico netto, di un cambio di stagione in corso, dopo che le amministrative del 2011 hanno segnato un'astensione massiccia, inusuale a quella latitudine. Nella foto dei trentamila c'è il segno di ciò che potrebbe succedere tra una settimana.

Il successo di Torino non è estraneo alla scelta di rinunciare all'unica comparsata in tivù. Quel bagno di folla ha confermato a Grillo di non avere alcun bisogno degli estrogeni televisivi. Anzi, a questo punto l'invisibilità catodica diventa un ulteriore segno di distinzione. Ha la piazza, ha la rete, e tanto gli basta.

Perché dovrebbe cambiare adesso, quando anche la concorrenza sta abbandonando gli studi televisivi per tornare in zona Cesarini al caro vecchio comizio? A una settimana dalle elezioni, il fondatore e unico titolare del Movimento 5 Stelle sa di potersi permettere un gesto di rottura, imponendo la sua scelta agli altri.

Certo, l'intervista televisiva implica il fastidioso inconveniente delle domande, che rischierebbero di mettere in risalto le incongruenze di un programma generico che si limita a enunciare buoni propositi senza indicare la strada e il metodo per raggiungerli. Ma ormai è andata, manca poco. E alcune reazioni all'annullamento della sua intervista a Sky sono pronunciate con una tracotanza che risulta fuori tempo massimo. Chi legge un segno di debolezza nella rinuncia di Grillo sbaglia di grosso. È l'esatto contrario.

 

 

BEPPE GRILLO IN PIAZZA CASTELLO A TORINOBEPPE GRILLO IN PIAZZA CASTELLO A TORINOBEPPE GRILLO IN PIAZZA CASTELLO A TORINOBEPPE GRILLO IN PIAZZA CASTELLO A TORINOBEPPE GRILLO IN PIAZZA CASTELLO A TORINOBEPPE GRILLO DURANTE UN COMIZIOBEPPE GRILLO AD UN COMIZIO Skylogo cinque stelle

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