BERSANI AVVELENA I POZZI E PUNTA SUL VOTO A GIUGNO

Carlo Bertini per LaStampa.it

La decisione formale arriverà stasera quando alla Camera si riunirà l'assemblea dei deputati per assumere una linea il più possibile unanime, ma da una serie di segnali incrociati, Bersani e lo stato maggiore del Pd sarebbero pronti ad una mossa di grande impatto: il via libera a votare un esponente del Movimento 5 Stelle per la presidenza di Montecitorio.

E di questi segnali di disponibilità, pur sofferta, del Pd, uno dei più significativi sembra essere il passo indietro del candidato favorito dei Democratici, cioè Dario Franceschini, che ha fatto sapere di non essere disponibile ad assumere quel ruolo neanche nel caso che i grillini facessero marcia indietro rinunciando alla posizione apicale.

Con l'argomentazione, espressa pare in vari colloqui con i vertici del suo partito, che un conto sarebbe stato assumere questa responsabilità nell'ambito di un progetto complessivo di un'intera legislatura di tipo costituente, altra cosa il respiro che potrebbe avere in una condizione come quella uscita dalle urne, in cui l'incertezza regna sovrana e la durata della legislatura difficilmente sarà quella naturale.

Ma non è l'unico indicatore che fa pendere la bilancia del Pd verso questa soluzione, che peraltro lascia perplesso un largo fronte trasversale alle diverse anime interne, con dubbi diffusi sui possibili rischi insiti in questa scelta tra gli stessi bersaniani, lettiani e franceschiniani, veltroniani e bindiani vari. Nel partito ormai il tam tam è questo e tutti si preparano ad avallare quella che viene indicata come la logica conseguenza della linea tenuta fin qui da Bersani, cioè predisporre tutte le condizioni per rendere più difficile ai grillini dire no ad un «governo del cambiamento».

Anche il plenipotenziario del segretario nella triade degli sherpa che porta avanti la tornata di contatti al Senato con le altre forze politiche, cioè Davide Zoggia, uscendo dall'incontro con i «montiani» perplessi sulle aperture ai grillini, fa notare: «Siccome noi abbiamo sempre detto che siamo per il cambiamento e visto che loro hanno un risultato numerico equivalente a quello del Pd, non sarebbe logico, a fronte di una disponibilità da parte dei 5Stelle, non votare un loro candidato...Detto questo, vedremo».

I più decisi ad andare avanti su questa linea sembrano essere i «giovani turchi» e i bersaniani e il motivo è semplice: se il tentativo di formare un governo franasse, si dovrebbe votare a giugno con lo stesso Bersani in campo. Che potrebbe giocarsi una sorta di secondo tempo della partita, scaricando a quel punto la responsabilità di nuove elezioni su Grillo; con la tesi, molto utile secondo loro in campagna elettorale, che sarebbe finita così malgrado tutto fosse stato tentato e alla luce del sole, nel modo più corretto: votare un grillino nello scranno più alto della Camera, preparare un programma circostanziato in 8 punti, dire sì al taglio del finanziamento pubblico ai partiti...

Insomma, una strategia che dovrebbe condurre alle urne al più presto senza frapporre tempo in mezzo per nuove primarie che potrebbero incoronare Renzi e stravolgere gli equilibri della sinistra. Quindi, alla Camera potrebbe finire con una votazione di un esponente grillino nello scranno più alto, di un vicepresidente sempre di area 5Stelle, due vicepresidenti del Pd e uno del Pdl.

Al Senato, invece, dove l'assemblea Pd è convocata alle 18, la situazione è, se possibile, più complessa e dovrebbe portare, con tutti i condizionali del caso, a votare un candidato del Pd alla presidenza, e il nome più gettonato è quello di Anna Finocchiaro: che alcuni dicono potrebbe ricevere pure un mandato esplorativo come seconda carica dello Stato, per provare a formare un governo se il piano A di Bersani dovesse incepparsi. Insomma una candidatura che col passar delle ore diventa sempre più forte, visto che la subordinata di una presidenza affidata ad un esponente di Scelta Civica, lo stesso Monti o Mario Mauro, sembra tramontata dopo che ieri è sceso il gelo con i diretti interessati.

Al Senato, in un incontro di un'ora con gli sherpa del Pd, Zanda, Zoggia e Calipari, la delegazione montiana guidata da Andrea Olivero non ha fatto altro che ripetere, con parole diverse, quanto in sostanza uscito dal vertice con Monti della mattina: una chiusura netta ad un governo Pd-5Stelle e il rilancio di una prospettiva di larghe intese per le riforme. Non proprio un buon viatico per ottenere una presidenza in un clima del genere.

 

ANNA FINOCCHIARO ANNA FINOCCHIARO PIERLUIGI BERSANI ANDREA OLIVERO ACLI

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....