xi jinping joe biden antony blinken

“BIDEN È RIMBAMBITO” – ALLA CASA BIANCA E TRA I DIPLOMATICI È SUCCESSO UN BORDELLO DOPO L’IMPROVVIDA USCITA DI “SLEEPY JOE” SU XI JINPING ("È UN DITTATORE") – IL PIÙ INCAZZATO DI TUTTI È IL SEGRETARIO DI STATO USA, BLINKEN, CHE AVEVA PORTATO A CASA UN GRAN SUCCESSO INCONTRANDO IL PRESIDENTE CINESE – BIDEN VUOLE MOSTRARE I MUSCOLI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE, MA CON PECHINO È UNA TATTICA CHE NON FUNZIONA: MEGLIO RICORRERE ALLA DIPLOMAZIA. KISSINGER INSEGNA…

JOE BIDEN CADE DAL PALCO IN COLORADO

1. DAGONOTA

“Biden è rimbambito”. Alla Casa Bianca e negli ambienti diplomatici americani è successo un bordello dopo l’improvvida uscita del presidente statunitense su Xi Jinping, definito un “dittatore”.

 

Il più incazzato di tutti è il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che ha lavorato alacremente e in silenzio per portare a casa il bilaterale con il presidente cinese. La visita di Blinken a Pechino è stata un successo, vanificato dopo meno di 24 ore dalla sparata di “Sleepy Joe”.

 

XI JINPING VS JOE BIDEN - IMMAGINE CREATA CON MIDJOURNEY

Biden, da par suo, ha in testa solo la campagna elettorale del prossimo anno: nel 2024 si torna a votare, e lui vuole far vedere all’elettorato di avere i muscoli e di essere, a dispetto dell’età, ancora un leader solido e in grado di affrontare a muso duro non solo Trump, ma anche le insidie geopolitiche che arrivano dall’Asia.

 

Dall’altra, però, l’esperto Biden dovrebbe sapere bene che la Cina non si può affrontare con una guerra frontale, ma solo con le maniere felpate della diplomazia (Kissinger insegna). Anche perché il Dragone, dall'Africa all'America Latina, passando per il Medio Oriente, si sta pappando tutto, tra una via della Seta e un prestito con ri(s)catto. Morale della fava: il Biden muscolare è riuscito in un unico risultato: far infuriare Pechino (si vedano gli articoli sotto), e far saltare di nuovo il tanto atteso bilaterale con Xi.

 

2. BIDEN FA INFURIARE LA CINA «XI JINPING È UN DITTATORE»

Estratto dell’articolo di Marco Liconti per “il Giornale”

 

ANTONY BLINKEN XI JINPING

I sorrisi e i toni distesi sono durati poco più di una giornata. Poi, e stavolta non per colpa di Pechino, tra Stati Uniti e Cina è tornato il gelo.

 

A provocare la nuova frattura tra le due superpotenze è stato Joe Biden che, consapevolmente o meno, ha definito Xi Jinping un «dittatore». Mai il presidente Usa si era spinto così ai limiti dell’insulto, nel suo duello a distanza con il leader cinese. E mai tempistica è apparsa più inopportuna.

 

Il segretario di Stato Antony Blinken era appena reduce da una due giorni di colloqui «franchi e costruttivi» con la leadership cinese, compreso Xi, con i quali Washington e Pechino avevano riaperto i canali di comunicazione e, nei rispettivi comunicati, riconosciuto di avere fatto «progressi» sulla via della «stabilizzazione» dei rapporti.

 

tony blinken joe biden

Blinken non aveva portato a casa il risultato più ambizioso, una ripresa dei contatti diretti tra gli apparati militari, una sorta di «linea rossa» per scongiurare pericolosi fraintendimenti ed «errori di calcolo», soprattutto nello Stretto di Taiwan. Pechino ha preferito per ora tenersi le mani libere, come strumento di pressione su Washington. E tuttavia, grazie alla missione di Blinken - «ha fatto un gran lavoro», era stato il commento di Biden - si era tornato a parlare di un nuovo faccia a faccia tra i leader, forse in occasione del G20 in India, forse addirittura con una visita di Xi alla Casa Bianca. Dopo le parole di Biden, si è tornati al punto di partenza.

 

xi jinping joe biden al g20 di bali 3

Ecco la frase incriminata, pronunciata martedì sera tra le mura amiche di un ricevimento di raccolta fondi elettorali in California, ma non al riparo dai registratori e dai taccuini dei giornalisti al seguito: «Il motivo per cui Xi Jinping era arrabbiatissimo quando ho abbattuto quel pallone pieno di attrezzature per lo spionaggio è che non sapeva che era lì. È questo che imbarazza i dittatori, non sapere quello che succede».

 

donald trump vs joe biden immagine creata con midjourney 2

[…] Ai funzionari cinesi è bastato leggerla per smettere i toni accomodanti degli ultimi due giorni e imbracciare nuovamente il fucile della retorica. Il portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha definito le parole di Biden un’«aperta provocazione politica» e «estremamente assurde e irresponsabili».

 

I commenti del presidente Usa, «violano gravemente l’etichetta diplomatica e la dignità politica cinese».

Sull’incidente ha subito tentato di capitalizzare Mosca, andando in soccorso dell’alleato cinese e puntando il dito contro le «contraddizioni» e «l’imprevedibilità» della politica estera Usa: le parole di Biden sono «incomprensibili», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

 

Non è la prima volta che all’anziano Biden «scappa la frizione» nel commentare le vicende estere.

 

ANTONY BLINKEN XI JINPING

Al di là del «macellaio» affibbiato a Vladimir Putin all’inizio del conflitto in Ucraina, gliera accaduto anche lo scorso anno, quando dopo la vittoria del centrodestra in Italia si era lasciato sfuggire una serie di considerazioni fuori dalle righe sul nuovo governo e sull’avanzata dei conservatori in Europa.

 

Anche quella gaffe era giunta in campagna elettorale (il voto di Midterm), davanti a una platea di ricchi donatori. Quasi che Biden in versione politico si dimentichi a volte di misurare le parole, come è richiesto al capo della Casa Bianca.

 

3. BIDEN CHIAMA XI «DITTATORE» RABBIA CINESE: «UN’ASSURDITÀ»

Estratto dell’articolo di Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”

 

jiang zemin

[…] Gli storici ricordano che nel 2000 Jiang Zemin, che parlava bene l’inglese, si fece intervistare da «60 Minutes» della Cbs. Il giornalista Mike Wallace disse al leader cinese: «Lei è l’ultimo dittatore del mondo comunista». Jiang era uomo di spirito, bevve un sorso di tè e rispose ridendo: «Lei si sbaglia, è un grosso malinteso, e poi lei dice che sono l’ultimo». Quei tempi, tutto sommato di relazioni pragmatiche, sono passati.

 

L’uscita di Biden ha fatto infuriare Pechino. «Una grave violazione della dignità politica della Cina, un’osservazione assurda, una provocazione altamente irresponsabile, che non riflette la realtà e contravviene all’etichetta diplomatica», ha reagito il portavoce degli Esteri cinese.

xi jinping joe biden al g20 di bali 2

 

Perché allora dare del «dittatore» al leader con il quale si vuole e si deve trattare? Bisogna considerare che Biden si prepara alla campagna elettorale e l’opinione pubblica americana non ama la Cina.

 

joe biden xi jinping g20 bali

I repubblicani accusano la Casa Bianca di debolezza. E continuano le rivelazioni sulla presenza dei cinesi a Cuba: centrale di ascolto e consiglieri militari. Biden usando il termine «dittatore» ha probabilmente voluto dire agli americani di essere perfettamente consapevole delle caratteristiche politiche di Xi. Durante la precedente campagna elettorale Biden aveva osservato che «nel midollo di Xi Jinping non c’è nemmeno un briciolo di democrazia».

Ultimi Dagoreport

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO… 

picierno bonaccini nardella decaro gori zingaretti pina stefano dario antonio giorgio nicola elly schlein

DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM EUROPE”, METTENDO COSI' IN MINORANZA ELLY SCHLEIN (E COSTRINGERLA ALLE DIMISSIONI) È STATO UN CALCOLO POLITICO: IL 25 MAGGIO SI VOTA IN CINQUE REGIONI CHIAVE (CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, TOSCANA E VENETO) E RIBALTARE IL PARTITO ORA SAREBBE STATO L'ENNESIMO SUICIDIO DEM – LA RESA DEI CONTI TRA “BELLICISTI” E “PACIFINTI”, TRA I SINISTR-ELLY E I RIFORMISTI, È SOLO RINVIATA (D'ALTRONDE CON QUESTA SEGRETERIA, IL PD E' IRRILEVANTE, DESTINATO A RESTARE ALL'OPPOSIZIONE PER MOLTI ANNI)