CALTARICCONE SI RASSEGNA E SALTA SUL SOTTO-MARINO: ORA IL CAMPIDOGLIO E’ A UN PASSO

Fabio Martini per La Stampa

C'è un marziano che in questi giorni si aggira a Roma. Fa e dice cose inaudite: ad ogni comizio invoca l'irruzione del «merito», parola tabù nella capitale del pubblico e del para-pubblico; svela che il Pd non lo ha spalleggiato; chiede «trasparenza» nelle nomine comunali dopo le lottizzazioni di Alemanno, precedute da quelle della sinistra romana.

Difficile prevedere se il professor Ignazio Marino, candidato sindaco del Pd, seguirà le orme del «marziano a Roma» che nella celebre piéce di Ennio Flaiano viene accolto nella capitale come un messia, con «la speranza che tutto cambierà» e via via viene assorbito nei cocktail party, in Vaticano, nei caffè di via Veneto, fino a passare inosservato nel giro di poche settimane.

Ma intanto, in vista della probabile vittoria di Marino nella sfida con Gianni Alemanno, i poteri forti della città stanno cominciando a prendere le misure con un personaggio che per ora sentono estraneo.

Il primo segnale di fumo è stato lanciato: ha parlato il terzo arrivato nella sfida del Campidoglio, Alfio Marchini, ultimo rampollo di una dinastia di «palazzinari» e ottimo amico di Francesco Gaetano Caltagirone, il più ricco e potente imprenditore romano. Ha detto Marchini: «Ora serve discontinuità».

Traduzione dei mass-media: il bell'Alfio pencola verso Marino e chiude ad Alemanno. C'è qualcosa in più: l'espressione lessicale usata da Marchini è stata preceduta da un lavorio dietro le quinte degli «ambasciatori» di Marino e personalmente suggerita da Goffredo Bettini, da 20 anni il regista della sinistra romana.

Sulla parola «discontinuità» Marchini era d'accordo, non ha avuto problemi a pronunciarla e proprio quel segnale può aiutare a riaprire un dialogo tra il potere forte per eccellenza della città, Francesco Gaetano Caltagirone, e il professor Marino. Raccontano che nelle settimane scorse l'ingegnere non abbia per nulla gradito la candidatura di Ignazio Marino e se ne sia molto lamentato con il suo artefice, il solito Bettini.

D'altra parte a Roma è difficile ignorare l'umore dell'ingegnere, unica, vera potenza rimasta in una città nella quale gli altri poteri forti - esclusi i partiti con i loro potentati clientelari - si sono via via spenti. Negli anni Ottanta, nella vulgata della Roma bene, il ricco costruttore Francesco Gaetano era «quello buono dei Caltagirone», ma poi negli anni Novanta, l'ingegnere acquisisce la Vianini, compagnia internazionale di costruzioni, il quotidiano «Il Messaggero» e successivamente entra in Rcs.

Ora però il tanto invenduto dell'edilizia sconsiglia nuovi investimenti nelle costruzioni, ma a Roma resta difficile fare il sindaco «contro» Caltagirone. Eppure, per ora, il professor Marino non ha cercato un vis-à-vis con l'ingegnere.

Ma anche l'altra potere forte della città, la politica, diffida del «marziano». Cinquantasette anni, genovese, chirurgo di trapianti delicati, americano negli anni più importanti della sua formazione professionale, entrato in politica sette anni fa, Ignazio Marino ha avuto un «talent scout» (Massimo D'Alema), dopodiché è stato Goffredo Bettini ad investire su di lui, candidandolo alle Primarie Pd 2009 e poi lanciandolo nella corsa al Campidoglio. Ma al partito non lo amano.

Durante la campagna elettorale si è favoleggiato di uno scontro con Enzo Foschi, uno dei notabili del Pd romano e Marino stesso ammette: «Prima di Epifani, da parte del Pd c'è stata una situazione di attesa, di non-operatività» Bettini, che lo ha voluto, ne apprezza «il profilo di autonomia e libertà».

E nell'apprezzare Marino perché è un «irregolare», allude ad un giudizio espresso in privato: il professore gli appare incontrollabile. Ma nella fase finale della campagna elettorale Marino ha dietro di sé tutto il Pd, due personaggi che hanno vinto tutte le loro sfide, il presidente della Regione Nicola Zingaretti e il segretario laziale Enrico Gasbarra.

Ma è molto significativa la motivazione dell'endorsement del professor Stefano Rodotà: «Voterò per Marino perché ne apprezzo l'indipendenza di giudizio in una città nella quale gli interessi particolari hanno spesso avuto la meglio».

 

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