1. IL CAMERATA MANCINI INVENTA LA “TANGENTE A SUA INSAPUTA”! “HO PRESO 60 MILA EURO MA NON SO PERCHÉ. FORSE MI RITENEVANO PIÙ INFLUENTE DI QUELLO CHE SONO” 2. INVECE DI CHIARIRE, IL TESORIERE DI ALEDANNO SI INGUAIA DI PIÙ PER LA GIOIA DEI PM. CERAUDO (BREDAMENARINI) CONFERMA: “LE MAZZETTE ERANO PER LA POLITICA ROMANA” 3. PANICO IN CAMPIDOGLIO: GLI ALEMANNO-BOYS INIZIANO A SUDARE FREDDO E A PRENDERE LE DISTANZE DA MANCINI, MA UN SUPERTESTIMONE LI INCHIODA: “MANCINI PARTECIPAVA IN COMUNE ALLE RIUNIONI SULLA MOBILITÀ E LE METROPOLITANE SENZA AVER ALCUN INCARICO. LUI SI PONEVA COME FOSSE IL PADRONE ASSOLUTO. ANCHE IN CAMPIDOGLIO” 4. LA DOMANDA CHE CORRE VEòPCE TRA I PALAZZI ROMANI: CON QUALI SOLDI FU FINANZIATA LA MILIONARIA CAMPAGNA DI ALE-DANNO PER LE COMUNALI 2008? AH, SAPERLO…

1 - MANCINI E LA MAZZETTA "A SUA INSAPUTA": TRABALLA LA DIFESA DEL FEDELISSIMO DI ALEMANNO
Fulvio Fiano per "Il Corriere della Sera - Roma"


Corrotto a sua insaputa. Sicuramente meno convincente di quanto pensa di essere stato nel raccontare la sua «verità» al pubblico ministero Paolo Ielo, che lo accusa di aver intascato una tangente da almeno 600mila euro. La linea difensiva di Riccardo Mancini sembra avere il respiro corto e affannato di chi si sente alle strette e prova ad uscirne.

Il potente manager vicino al sindaco Alemanno, individuato dall'inchiesta come espressione di Roma Metropolitane, stazione appaltante per i lavori sul corridoio Laurentina-Tor Pagnotta sulla cui assegnazione sarebbe intervenuta la mazzetta, avrebbe ammesso di aver preso 60mila euro, ma di non sapere da chi e a quale titolo ha ricevuto la somma.

«Forse -avrebbe aggiunto Mancini agli inquirenti - sono stato ritenuto un personaggio più influente di quello che sono». Una ammissione molto parziale che non può convincere la Procura per una serie di elementi già acquisiti. I verbali degli interrogatori di alcuni coindagati in questa vicenda, innanzitutto.

Ossia i rappresentanti di Finmeccanica, vera dominus della tangente secondo l'accusa, che parlano di Mancini come «il braccio destro del sindaco» e riportano a verbale la sua insistenza per farsi versare «quanto pattuito» per il via libera all'appalto in virtù della propria possibilità di influire sulle scelte di Roma Metropolitane. E poi i movimenti di denaro, che gli uomini della Finanza hanno ricostruito per la Procura con una approssimazione ormai vicina alla certezza (mancano ancora gli ultimi riscontri sull'esatto ammontare delle cifre).

Cinquecentomila euro nascosti con un giro di false fatture e conti svizzeri, altri 100mila con una falsa consulenza a una società cipriota. Soldi raccolti dal mediatore d'affari Edoardo D'Incà Levis, versati all'ex ad di Breda MenariniBus Roberto Ceraudo e da questi girati a Lorenzo Cola di Finmeccanica e al suo commercialista Marco Iannilli perché li versassero alla «politica romana», che in quel periodo storico - sottolineano alcuni dei protagonisti della vicenda - per un appalto legato alle commesse di 45 filobus per le linee urbane, non poteva che essere la giunta capitolina in carica.

Come pure non sembra lungimirante la scelta di far trapelare le indiscrezioni del suo interrogatorio di venerdì come fossero risolutive in senso favorevole all'ex ad di Eur spa - incarico che Mancini avrebbe avuto anche come favore di ricambio per la concessione dell'appalto finito sotto inchiesta e dal quale si è dimesso nelle scorse settimane dopo l'arresto del suo presunto e indiretto corruttore, Roberto Ceraudo. Secondo D'Incà Levis, quest'ultimo gli avrebbe indicato «la segreteria di Alemanno» come destinataria finale della mazzetta. Più che una difesa, quella di Mancini sembra un assist per le opposizioni in Campidoglio.

2 - L'IMPRESA IMPOSSIBILE DI ALEMANNO E I SUOI: PRENDERE LE DISTANZE DA MANCINI
Ernesto Menicucci per "Il Corriere della Sera - Roma"


Scaricare non lo scaricano. Ma, affannosamente, ne prendono le distanze. Prima il Campidoglio, poi Nuova Italia, le due facce di Gianni Alemanno: quella pubblica, da sindaco di Roma, e quella «privata», da politico a capo di una corrente e di una fondazione. 
Dopo le ammissioni del manager, il primo cittadino detta poche righe: «In merito alle notizie sulla questione filobus, che apprendo dagli organi di informazione, non ho nulla da aggiungere rispetto a quanto ho già dichiarato nei giorni scorsi.

Attendo con fiducia che le inchieste facciano il loro corso e ribadisco ogni estraneità nella vicenda da parte della mia segreteria». E poi c'è la nota di Nuova Italia: «Diversamente da quanto dichiarato da alcuni esponenti politici, si informano i mezzi d'informazione che l'ingegner Riccardo Mancini non è tra i soci fondatori né ha ricoperto o ricopre alcun incarico nell'organigramma della Fondazione».

Si gioca un po' con le parole. Mancini non fa parte della «segreteria» di Alemanno, intesa come uomini e donne che - a palazzo Senatorio - ne curano agenda e appuntamenti. E non occupa posizioni di vertice nella fondazione, dove il presidente è lo stesso sindaco, il segretario generale Franco Panzironi. Ma il manager è, indubbiamente, uno degli uomini più vicini al primo cittadino: da un punto di vista umano, politico e professionale.

A Nuova Italia, che ha sede a via in Lucina, è di casa: lui e gli altri «fedelissimi» (come lo spin doctor Luigi Crespi, il caposegreteria Antonio Lucarelli, la deputata Barbara Saltamartini), più di molti che ricoprono incarichi ufficiali. Quello, del resto, è il quartier generale di Alemanno, dove si svolgono vertici e si prendono decisioni. E nei palazzi dell'Eur, dove Mancini era ad fino a poco fa, si sono svolti spesso gli eventi della fondazione: sia le cene di finanziamento (mille euro a commensale), sia la convention annuale, spostata negli ultimi anni da Orvieto alla Capitale.

Alemanno, per ora, ostenta tranquillità: ieri era all'Olimpico, per Italia-Francia di rugby. «Ho la coscienza pulita», ripete agli stretti collaboratori. Intorno, lo attaccano in molti. Dal capogruppo Pd Umberto Marroni («venga in aula a fare chiarezza») al candidato sindaco Alfio Marchini («il silenzio assordante del sindaco non è più tollerabile: un suo uomo di fiducia prende 60 mila euro e lui parla di Imu»). Il Pdl fa quadrato, rinfaccia alla sinistra «la vicenda Monte dei Paschi». Mancano poco più di 100 giorni alle comunali e il cerchio si stringe.



3 - "QUEI VERTICI PER LA METRO IN CAMPIDOGLIO". UN SUPERTESTE ACCUSA L'EX AD MANCINI
Daniele Autieri per "La Repubblica - Roma"


Lo ha detto lo stesso Riccardo Mancini: ho ricevuto 60mila euro perché "sapevano che ero influente". A spiegare la sua influenza spunta adesso un supertestimone. L'uomo è uno dei più alti dirigenti del Comune e di fronte alla bufera che ha coinvolto anche il Campidoglio racconta: "nelle riunioni sulla mobilità e le metropolitane che si sono tenute negli ultimi tre anni in Comune e presso l'assessorato ai Trasporti, Mancini era presente senza aver alcun incarico nel merito della mobilità romana".

Una presenza ingiustificata, quella dell'ex ad di Eur spa accusato di aver preso una tangente dalla Breda Menarinibus (società controllata dal Gruppo Finmeccanica), che oggi viene rivelata da un testimone diretto che prese parte a quelle riunioni in cui si affrontavano i temi caldi della mobilità romana.

Tra i partecipanti c'erano il presidente e l'amministratore delegato dell'Agenzia per la Mobilità, Massimo Tabacchiera ed Enrico Sciarra, l'amministratore delegato di Roma Metropolitane, Federico Bortoli, l'allora ad di Atac, Adalberto Bertucci, il responsabile di procedimento della linea C della metro, l'ingegner Simonacci, il dirigente tecnico di Roma Metropolitane, ingegner Napoli, l'exassessore ai Trasporti del Comune Sergio Marchi e il suo capo dipartimento D'Armini. E poi lui, Riccardo Mancini.

La ricostruzione circostanziata del supertestimone fa risalire all'autunno del 2008 il primo incontro in Campidoglio in cui si affrontarono i temi di sviluppo della Capitale. "Alemanno era stato eletto da pochi mesi - ricorda il supertestimone - e nel corso dell'incontro si discussero i grandi progetti sul tavolo".

A quei tempi, però, Riccardo Mancini era "solo" il tesoriere della campagna elettorale di Alemanno e "non era stato neanche nominato ad di Eur spa (carica che ricoprì solo dal luglio del 2009) eppure venne già delegato per presenziare a una riunione tecnica".
Ma questo non fu l'unico incontro a cui prese parte l'ex dirigente del Fronte della Gioventù.

"Si trattava di incontri specifici - prosegue il supertestimone - dove spesso l'oggetto erano proprio i trasporti e le metropolitane". Riunioni tenute in Campidoglio e diverse volte nel 2009 presso l'assessorato ai Trasporti, guidato da Marchi prima della sua sostituzione con Antonello Aurigemma.

"Poi ci furono gli sulla Formula 1 all'Eur - ricorda il supertestimone - ma l'ex amministratore delegato dell'Eur non prese parte solo ai dibattiti sulla Formula 1, ma anche a quelli sul piano di prolungamento della metropolitana oltre l'Eur, che solo in parte erano legati all'iniziativa". A questo punto il supertestimone strizza gli occhi e si stringe la fronte tra le mani. "Quello che mi colpì - conclude fissando lo sguardo altrove - è che in tutti questi incontri lui si poneva come fosse il padrone assoluto. Anche in Campidoglio".

 

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