A CAMUSSO DURO - RENZI CARICA LA SINDACALISTA E FINALMENTE SI LEVA IL MACIGNO DALLE SCARPE CON L’INTERA CGIL CHE ALLE PRIMARIE SI SCHIERÒ CON CUPERLO: “MI ATTACCA SOLO PERCHÉ TEME DI PERDERE IL SUO RUOLO. VOGLIONO DARE UNA MANO? PUBBLICHINO LE LORO SPESE ONLINE”

Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

«Camusso? Parla così perché è rimasta spiazzata dalle nostre posizioni. E dall'uscita di Maurizio Landini che ha apprezzato la storia degli ottanta euro. Ma lei, come tutti i sindacalisti, attacca il governo soprattutto perché teme di perdere il suo ruolo: è questa la verità». È un Matteo Renzi insofferente nei confronti del solito tormentone della Cgil, quello che il pomeriggio, dopo aver ascoltato l'ennesima invettiva della leader della più grande organizzazione confederale nei suoi confronti, conversa con i fedelissimi. Aggiungendo ai ragionamenti sul perché e per come Camusso l'abbia preso di petto questa coda velenosa: «Ho visto che non ha fatto nessuna critica forte a Grillo».

La partita con la Cgil, in realtà, il presidente del Consiglio ritiene di averla chiusa con le primarie dell'otto dicembre. In quell'occasione il sindacato guidato da Camusso si schierò, con tanto di candidati, al fianco di Gianni Cuperlo. E andò a finire come andò a finire: il competitor di Matteo Renzi raggranellò solo il 18 per cento.

Sarebbero bastati quei numeri ad archiviare la pratica e a sfatare la leggenda della presa che avrebbe ancora la Cgil sul Pd, ma così non è stato. Perciò il premier deve tornare sull'argomento, anche davanti alle telecamere. A quelle del Tg5 , per esempio, come è accaduto ieri: «Non è possibile che ci siano sempre polemiche, noi stiamo cercando di cambiare l'Italia, i sindacati vogliono darci una mano? Lo facciano. Ma devono capire che la musica è cambiata, devono capire che non è che possono decidere tutto loro o bloccare tutto loro».

E ancora: «Se vogliono affrontare le questioni insieme a noi, ci siamo. Però nel momento in cui i politici riducono i posti, i dirigenti riducono gli stipendi, anche i sindacati devono fare la loro parte, cominciando dalla riduzione del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego e dall'obbligo di mettere online le spese. Io non rispondo agli insulti e alle offese. Parlo di cose concerete. Vogliono darci una mano? Lo facciano, ma non pensino che noi stiamo ad aspettare loro. L'Italia ha già aspettato abbastanza».

Insomma, per farla breve, secondo Renzi, Camusso, ma anche Raffaele Bonanni e Luigi
Angeletti, devono mettere una pietra sopra la concertazione: non è più la stagione delle «trattative infinite che non portano da nessuna parte».

L'inquilino di palazzo Chigi non vuole perdere tempo e su questo è stato più che chiaro. Com'è esplicita la sua posizione nei confronti delle organizzazioni confederali. Il presidente del Consiglio non le ha finora incontrate in pompa magna, come avevano fatto i suoi predecessori di centrosinistra, e per di più ha anche bellamente snobbato il congresso della Cgil.

Al suo posto, a nome del governo, c'era Andrea Orlando, il quale, peraltro, sarebbe andato a Rimini comunque. Però pure il ministro della Giustizia, che rappresenta l'ala sinistra del partito, non ha di certo lasciato spazi di complicità all'offensiva di Camusso. Anzi. Del resto, non lo ha fatto persino Massimo D'Alema.

E anche Cesare Damiano, che pure non sposa la linea Renzi, e che commenta con favore la relazione di Camusso al congresso, si guarda bene dallo sparare a zero contro il governo. Lo stesso dicasi per Stefano Fassina, nonostante le sue critiche alla decisione del presidente del Consiglio di non prendere parte a quelle assise. L'unico che diffonde un
comunicato per aderire entusiasticamente alla linea della segretaria della Cgil è il leader del Prc Paolo Ferrero.

Dunque, sembrano lontani i tempi in cui il Pd si dilaniava sui rapporti con la Cgil. È ovvio che le posizioni, dentro il partito, sono diverse, ma il richiamo del sindacato sembra proprio non avere più il valore di un tempo. D'altra parte Renzi su questo fronte non è disposto a fare retromarcia: «Certe critiche derivano dal fatto che sto togliendo potere anche alle

organizzazioni confederali, oltre che alla burocrazie, ai "mandarini" di tutti i tipi e a certe sacche di potere politico. Sono critiche pregiudiziali e pretestuose che vengono da parte di chi ha paura del cambiamento. Già, perché la verità è che stiamo costringendo anche i sindacati a cambiare e le resistenze sono forti lì come altrove».

Il presidente del Consiglio, quindi, va avanti, in nome di un'unica - e ferma - convinzione: «Alla fine sconfiggeremo tutti i conservatorismi e manderemo in porto la nostra rivoluzione soft». Ce la farà? I suo sostenitori ne sono convinti, anche se in quel di Rimini è partita la controffensiva con tanto di artiglieria pesante.

 

 

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