ITALIANI, BRAVA (TAN)GENTE - DI CATERINA RACCONTA COME LUI E PENATI AVREBBERO PRESO LE MAZZETTE NELL’AFFARE SERRAVALLE - L’IMPRENDITORE RECLAMAVA SOLDI: IN PASSATO AVEVA PAGATO BUSTARELLE E NON AVEVA RICEVUTO I FAVORI RICHIESTI – E PENATI GLI FA ARRIVARE UN ASSEGNO DA 2 MILIONI € DA GAVIO, LA CASSA DEL PD...

Gianni Barbacetto per il "Fatto quotidiano"

Ora è ufficiale: Filippo Penati è indagato per corruzione anche a proposito dell'acquisto, nell'estate 2005, della Milano-Serravalle. È dal luglio scorso, quando l'indagine di Monza sul "sistema Sesto" finisce sui giornali, che la compravendita delle azioni dell'autostrada per Genova resta sospesa come un punto interrogativo, un buco nero.

Da subito la scena mediatica è conquistata dai maneggi urbanistici sull'area Falck, con le mega-tangenti che due imprenditori, Giuseppe Pasini e Piero Di Caterina, dicono di aver pagato agli uomini di Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della Provincia di Milano, ex capo della segreteria politica del leader del Pd Pier Luigi Bersani.

Ma poi le domande su quella strana compravendita di azioni si sono fatte pressanti: Penati, che ha deciso l'operazione in una notte di luglio, ha avuto un contraccambio? Il gruppo Gavio, che con quella vendita ha incassato 238 milioni di euro e realizzato una plusvalenza di 179 milioni, lo ha in qualche modo "ringraziato"?

Dopo sei anni di denunce politiche e giudiziarie, di indagini senza risultati e di polemiche sottotraccia, i magistrati di Monza che conducono l'inchiesta sul "sistema Sesto", Walter Mapelli e Franca Macchia, scoprono, grazie alle rivelazioni di Di Caterina, un assegno della Banca Popolare di Novara di 2 milioni di euro, datato 28 novembre 2008.

La caparra per l'acquisto di un immobile di Di Caterina, versata da una società del gruppo Gavio, la Codelfa. Una falsa caparra, spiega l'imprenditore, perché la vendita dell'immobile non è mai stata conclusa e i patti erano che, in questo caso, la caparra restasse al venditore, Di Caterina, che incassava per conto di Penati.

La tesi della corruzione è avvalorata dal lungo messaggio e-mail che Di Caterina manda il 26 aprile 2010 a Penati e a Bruno Binasco, uomo forte del gruppo Gavio, sui soldi di cui chiede la restituzione: "Penati ha promesso di restituire, dopo estenuanti mie pressioni e discussioni, proponendo, nel tempo, varie opzioni che si sono sempre rivelate inconcludenti fino a quando ha proposto l'intervento del gruppo Gavio...".

Eccolo, l'intervento: l'assegno di 2 milioni staccato nel 2008. Aggiunge Di Caterina, in un interrogatorio davanti a Mapelli del 21 giugno 2010: "Mi sono incontrato con Penati un giorno , credo quello precedente alla notizia dell'acquisto della quota di Serravalle da parte della Provincia di Milano, e Penati mi ha parlato di questa operazione dicendomi che gli avrebbe consentito la restituzione dei soldi che mi doveva".

L'imprenditore prosegue: "Sugli affari più importanti ai quali partecipavano gli enti che Penati ha diretto, lui e Vimercati avrebbero chiesto e ottenuto delle tangenti. Mi fu detto proprio da Penati, per convincermi ad aspettare, che di là a poco sarebbero arrivate delle somme consistenti. Mi riferisco all'affare Serravalle".

Giordano Vimercati era allora il capo di gabinetto di Penati. "All'epoca della trattativa, i rapporti tra me e Penati e Vimercati erano tesi e così loro non parlavano in mia presenza. Io però avevo sempre buoni rapporti e intense frequentazioni con Antonio Princiotta, all'epoca segretario generale in Provincia, che mi riferì che si stavano svolgendo trattative riservate".

Per definire il sovrapprezzo da pagare al gruppo Gavio: "Princiotta, che partecipava alle trattative", continua Di Caterina, "mi disse che in quegli incontri stavano trattando l'importo che sarebbe stato retrocesso a Penati e Vimercati... Ho saputo da Vimercati che Penati sulla Serravalle lo avrebbe fregato e che avrebbe ricevuto il suo guadagno dall'operazione a Montecarlo, Dubai e Sudafrica".

A gestire i flussi finanziari, afferma Di Caterina, è Banca Intesa: "Princiotta mi ha detto che agli incontri partecipavano lui, Vimercati, Binasco e un rappresentante di Banca Intesa, tale Pagani, e che si è anche parlato di un ‘sovrapprezzo' da pagare a favore di Penati e Vimercati, una percentuale del sovrapprezzo che la Provincia avrebbe pagato per ogni azione. Princiotta mi disse che nella riunione si è discusso sia dei profili palesi che di quelli riservati".

Risultato: Mapelli indaga Maurizio Pagani, manager di Intesa. E ora anche Penati. C'è una data chiave della vicenda Serravalle: è il 29 luglio 2005. Quel giorno Penati fa il suo capolavoro. Prende la Asa spa (Azienda servizi acqua), la trasforma in Asam (aggiungendo la m di mobilità), azzera il suo consiglio d'amministrazione, sostituito da un cda di tre persone: Antonino Princiotta (presidente), Giordano Vimercati e Giancarlo Saporito (consiglieri).

Non è quasi ancora nata, e la Asam ha già le idee chiare: decide di comprare da Gavio, senza apparente ragione imprenditoriale, il pacchetto del 15 per cento della Serravalle, facendo arrivare al 53 la quota della Provincia. Paga 8,9 euro per azione, con un esborso di 238 milioni, facendo guadagnare 176 milioni a Gavio, che quelle azioni le aveva pagate da 2,9 a 6 euro. Non solo, la neonata holding della mobilità ha già portato a casa, con trattativa fulminante, un impegno di Banca Intesa a finanziare l'operazione.

Tutto nella calura estiva, deciso nelle riunioni riservate dei fedelissimi di Penati e poi ratificato dalla Giunta provinciale. Il Consiglio lo viene a sapere alla prima riunione dopo l'estate, l'8 settembre 2005. L'opposizione, guidata dal consigliere del Pdl Bruno Dapei, fa fuoco e fiamme. Ma è troppo tardi. È fatta. Risultati? La Provincia ha dovuto rinegoziare il suo debito ed è indebitata ancora oggi.

E il Comune di Milano, che insieme con la Provincia aveva già la maggioranza della Serravalle, ora ha un pacchetto di azioni (il 18 per cento) che sul mercato vale zero: ha tentato di venderlo per fare cassa, ma l'asta indetta nei giorni scorsi dal sindaco Giuliano Pisapia è andata deserta.

 

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