IL CAV CHIAGNE E FOTTE (IL GOVERNO): “AVANTI FINO A OTTOBRE, POI SI VEDRA’” (MA INTANTO SPERA NELLA COMMUTAZIONE DELLA PENA)

1. IL CAV RASSICURA I FALCHI: È SOLO UNA FIDUCIA A TEMPO, A OTTOBRE IL CASO SI RIAPRE

Carmelo Lopapa per "La Repubblica"
Continua a piangere anche quando rientra a Palazzo Grazioli e i suoi lo stringono in un abbraccio. Poi le lacrime lasciano posto alla lucidità e alla freddezza. Soprattutto quando dopo le 21 lo raggiungono a cena i cinque ministri assenti dalla piazza. Con loro è schietto: «Andiamo avanti con questo governo, ma non so davvero fino a quando, io posso reggere fino a metà ottobre, ma se scattano i domiciliari non so
più...».

Silvio Berlusconi è risalito al primo piano di Palazzo Grazioli, toglie la giacca, resta in maglia di cotone blu, in salotto è una processione di dirigenti e parlamentari, gli organizzatori Verdini, Santanché, Capezzone, D'Alessandro sono i trionfatori dell'operazione kermesse e big sponsor dello strappo "qui e ora" con l'esecutivo Letta, dopo la prova di forza. Altri frenano.

A cominciare da Alfano e i ministri. Proprio i cinque membri del governo, volutamente assenti alla manifestazione, sono sempre più invisi a tanti colleghi di partito. Sono proprio i falchi ad alzare la voce nel chiuso del cortile interno, mentre Annagrazia Calabria fa volare i palloncini a forma di cuore strappando un altro sorriso al capo. «Alfano è il segretario, è un vergogna non fosse qui». Ma Berlusconi da quell'orecchio non sente, l'assenza del resto era concordata, voluta, promessa a Napolitano.

«Per adesso tutto resta com'è, con Napolitano al Colle non abbiamo margine di manovra» spiega il capo alle teste calde. Ai senatori, Schifani in testa, venuti a chiedergli come comportarsi da questa mattina, quando a Palazzo Madama andrà ai voti il decreto del Fare, raccomanda ancora una volta basso profilo: «Si vota sì, senza creare problemi al governo».

Il leader ha tempo fino a metà ottobre per optare tra domiciliari e servizi sociali (che ha già escluso dal suo orizzonte) e sono i due mesi di tempo che si è dato per imbastire una qualche trattativa. Fiducia sì, ma a termine. Ma non sembra vi siano margini per quella trattativa, anche alla luce della lunga telefonata che proprio il Cavaliere avrebbe avuto con Napolitano prima della kermesse, rientrato dal blitz di poche ore in Sardegna.

Nel colloquio il leader Pdl non ha avuto il coraggio di pronunciare la parola «grazia ». Piuttosto ha ascoltato le raccomandazioni del capo dello Stato, assicurando e che da lì a poco non avrebbe provocato alcuno strappo, che il governo non rischia, la maggioranza regge. E così è stato. Ma è proprio un «provvedimento umanitario» quello che invece, nella tarda mattinata di oggi, i capigruppo Pdl Brunetta e Schifani andranno a sollecitare, al Quirinale.

Il colloquio da giorni chiesto è stato infine concesso dalla Presidenza, dopo aver verificato che i toni, come promesso, erano stati moderati. In serata, subito dopo il bagno di folla e prima di cenare coi ministri, Berlusconi ha catechizzato i capigruppo Pdl. Una via d'uscita sarà comunque invocata stamattina. Impraticabile la grazia, si confida in una «commutazione della pena», alla luce dell'articolo 87 della Costituzione, «come avvenuto per il direttore Alessandro Sallusti» spiega chi è stato a Palazzo Grazioli.


Solo che in quel caso il reato era la diffamazione e il «condannato» non aveva altre sentenze a suo carico. Meno conveniente, hanno ragionato i tre, sarebbe puntare sull'amnistia, che richiede i voti di almeno i due terzi del Parlamento: impossibili, con queste Camere. Resta sul campo la riforma della giustizia, sulla quale una trattativa per approdare a un qualche salvacondotto si potrebbe aprire, pensano al quartier generale. In ogni caso «la palla ora passa a lui, Napolitano deve aiutarci a trovare una soluzione » è il mandato conferito da Berlusconi.

Lui, la sua prova di «responsabilità» ritiene di averla data ancora una volta ieri, evitando qualsiasi affondo e contenendo i toni anche contro i giudici. «A questo punto è il capo dello Stato che dovrebbe prendere un'iniziativa di sua sponte, Silvio è amato dagli italiani» ragiona il sottosegretario Michaela Biancofiore, unico membro del governo presente con Gianfranco Micciché in piazza. Entrambi convinti che i loro colleghi «avrebbero dovuto esserci». Bando alle polemiche, «quel che conta è che sono tornate a sventolare le bandiere di Forza Italia, il nostro investimento sul futuro», racconta dopo Paolo Bonaiuti. Quel che è certo - ripetuto dal leader dopo essersi intrattenuto tra le lacrime con Franco Zeffirelli venuto a Grazioli in sedia a rotelle - è che non si dimetterà da senatore. «Io resto, lo devo a questa gente».

2. EDITORIALE DI FAMIGLIA CRISTIANA: È ORA CHE LASCI PER SEMPRE

Da "La Repubblica"
«Berlusconi è ora di lasciare». Questo il titolo con cui si apre il sito di Famiglia Cristiana,
che in un lungo editoriale a firma di don Antonio Sciortino, rivolge un appello al Cavaliere.

«Dopo avergli espresso affettuosa solidarietà fatta anche di piaggeria e sudditanza - scrive il direttore della rivista cattolica - e dopo aver elaborato il lutto, sarebbe bene che a chiedergli di fare un passo indietro (e questa volta per sempre) fossero proprio i suoi parlamentari». In ballo, spiega Sciortino, non c'è solo il futuro politico dell'ex presidente del Consiglio, ma «la stessa sopravvivenza del centrodestra e dei milioni di cittadini che, finora, l'hanno votato».

 

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