pd partito democratico

“IL PD VUOLE CAMBIARE NOME. AH, ANCORA UNA VOLTA?” - CECCARELLI: CAMBIARE NOME È LA SCORCIATOIA DELLA POLITICA - GUIDO CERONETTI BOCCIO’ IL PD: "LO STESSO NOME DENUNCIA ASSENZA CRONICA D' IMMAGINAZIONE: NELL' EVOLVERSI DEL LINGUAGGIO NON REGGE PIÙ PARTITO, ANCOR MENO REGGE DEMOCRATICO, UN BARILE DI NUTELLA..."

Filippo Ceccarelli per la Repubblica

 

occhetto

Nella ricorrente, furba e illusoria psicopatologia del cambio di nome, una roba tutta italiana che va avanti ormai da trent' anni, non è tanto importante procedere all' effettivo mutamento di denominazione, ma stare lì a discuterne per quanto più tempo è possibile nel giro stretto delle oligarchie di partito, che in genere sono morte, ma così almeno si sentono di vivacchiare.

 

La commedia serve solo a rinviare il senso della fine di un ciclo, di un' epoca, di un sistema.

Perché i nomi dei partiti non nascono come un ghiribizzo della storia, tantomeno come un prodotto del marketing o una pensatona di qualche aspirante leader: venivano dal basso, passavano di bocca in bocca, liberavano energie producendo credenze, simboli, sentimenti, rituali, parole, musiche e cultura. Ma ora?

 

OCCHETTO VELTRONI

 

Il Pd vuole cambiare nome. Ah, ancora una volta? E infatti nessuno dei vari novatori ribattesimali si azzarda a dire come dovrebbe chiamarsi l' ex Pd per paura che inizi il tiro al piccione, comunque rinviato alla fase 2, quella appunto inevitabile del dileggio (deformazione delle sigle, cacofonie, storpiamenti, barzellette). Mentre la fase 3 vede di norma consegnare l' iter al dominio terminale della confusione, i nomi di oggi, di ieri e dell' altroieri aggrovigliandosi e mischiandosi fino a quando nessuno capisce più niente.

 

 

Il guaio, come al solito, è che l' esperienza e la memoria non insegnano nulla ai protagonisti, col risultato che dall' esterno tutto appare più misero, degradato, al limite più buffo, ma anche più pericoloso perché quando i processi si ripetono e si ripetono e si ripetono prendendo questa piega straniante, è sintomo di spappolamento.

OCCHETTO

Nel 1989 (novembre) cominciò a cambiare nome il Pci, l' antenato del Pd, ma erano anni che alle Botteghe oscure ci giravano intorno. Dalla Bolognina in poi Occhetto riuscì a essere insieme confuso e determinato e dopo aver sottovalutato l' impatto della faccenda con l' aggravante di non avere soluzioni pronte (gli sarebbe piaciuto qualcosa come Comunione e liberazione, ma purtroppo esisteva già), si rifugiò nell' argomento: "Prima la Cosa e poi il nome".

Mal gliene incolse.

 

filippo ceccarelli

Per un tempo interminabile quella doppia e vuota genericità si riempì prima di rabbia e sfiducia e odio, poi di lazzi, frizzi e cachinni, dall' evocazione francofona dell' organo sessuale femminile, la "Chose", fino al film horror "The Thing", di Carpenter, uscito un paio d' anni prima della Svolta. Ciò nonostante, fu l' ultima grande e vera narrazione corale nella vicenda politica italiana, centinaia di migliaia di persone che dal basso si misurarono con se stessi e con i compagni ancora convinti di poter cambiare, con la realtà, ciò che la connotava.

E comunque nacque il Pds. Dopo di che, primavera-autunno 1998, D' Alema lanciò "la Cosa 2", e con tale promettente reiterazione nacquero i Ds, Democratici di sinistra, "o come si chiama", così Veltroni salutò la nuova formazione pochi giorni prima di assumerne la guida.

 

 

pd veltroni

Già a quel punto, onestamente, era difficile prendere sul serio la questione del nome, anzi dei nomi. Dalla Dc erano germinati il Ppi e altri impronunciabili partitini, Cicidì, Cidiù cui la fantasia di Cossiga e Mastella vollero aggiungere l' Udr e l' Udeur, e Sua Maestà il tempo l' Udc. Dal big bang del Psi vennero fuori, sibilanti, Si e Sdi, poi certi laburisti, un qualche Ps riformista e un nuovo Psi. Senza troppo cambiare, il Msi si fece An. E Rifondazione si sdoppiò in Pcdi, e molto dopo in Sel. Fra vendette a vuoto, congiunzioni improvvide e scorciatoie per l' inferno a un dato momento vennero fuori anche i Democratici e poi la Margherita.

 

Sull' Italia dei Valori di Di Pietro e i recenti impicci che spingono la Lega nel club dei nomi posticci, sarà bene imporre al racconto un salutare stop.

 

Walter Veltroni

La friabile materia, del resto, e le sue peripezie parlano da sé e in buona sostanza dicono che la Seconda Repubblica - al culmine della quale Berlusconi per scherzo ma fino a un certo punto ondeggiava tra "Forza Silvio" e "Forza Gnocca" - si affollò di sigle, nomi e partiti bislacchi, arronzati e bastardelli per non dire figli di nessuno, ma con Pantheon strepitosi.

 

ceronetti

In tale contesto e in tale temperie, l' anno è il 2007, venne al mondo il Pd. Era ormai troppo tardi, ma tutti fecero finta di niente. Tutti-tutti per la verità, no. Fra le eccezioni, i reverendi Padri de La Civiltà cattolica, che notoriamente vedono lungo; e poi uno scrittore per nulla addetto ai lavori, Guido Ceronetti: "Di per sé, partito democratico ha la consistenza di un enorme vento di chiacchiere in astratto, che la realtà sta a guardare stupefatta da tanta capacità italiana di emetterne ragionandoci sopra all' infinito, ma 'sotto la maschera un vuoto'.

 

Lo stesso nome, partito democratico, denuncia assenza cronica d' immaginazione: nell' evolversi del linguaggio non regge più partito, ancor meno regge democratico, un barile di Nutella...".

veltroni 2008

Non sarà il cambio di nome, adesso, a ridare vita e sapore al Nutellone.

CERONETTI CERONETTI

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?