SE IL CAUDILLO NON C’È, GLI USA GODONO - NON È ANCORA MORTO CHAVEZ CHE IL DELFINO DESIGNATO, MADURO, STA GIÀ RIAPRENDO I CANALI DIPLOMATICI CON I “NEMICI” AMERICANI, AFFAMATI DEL PETROLIO DI CARACAS - SE IL PRESIDENTE MORENTE NON VA A GIURARE FEDELTÀ DAVANTI ALLA CORTE SUPREMA IL 10 GENNAIO, IL VOTO DI NOVEMBRE È NULLO E SI TORNA ALLE ELEZIONI…

Maurizio Chierici per il "Fatto quotidiano"

Il potere di Chávez lentamente se ne va. Sta male, forse ce la fa (versione del governo venezuelano). Sta male, forse non ce la fa (speranza degli avversari che non sono mai riusciti ad inginocchiarlo ). Chávez sta lottando col cancro: per Maduro, vice presidente designato alla successione, è in lenta ripresa dopo un momento difficile ma il pessimismo di chi spera nella sua scomparsa disegna un futuro di spaventosa incertezza.

Spaventosa perché Chávez dovrebbe ufficializzare la vittoria delle elezioni di novembre giurando fedeltà davanti alla Corte Suprema il 10 gennaio. Se non giura i voti non valgono e si torna a votare: è la prima volta nella storia dell'America Latina che il designato dal popolo resta inchiodato a un letto straniero: Cuba alla quale si è affidato con la fiducia di chi è legato a Fidel Castro appena uscito dalla galera dove era finito dopo il tentativo di rivolta contro il presidente socialdemocratico Carlos Andrés Pérez che - appena eletto - aveva chiesto al colonnello dei paras di sparare contro la folla in protesta per il raddoppio del prezzo del pane.

Chávez populista, retorico, oratore instancabile: ore e ore di annunci solidali, minacce a chi minaccia il socialismo del XXI secolo. Chávez che brucia l'Fmi comprando i debiti dell'Argentina in agonia; che abbraccia la follia degli integralisti iraniani e l'idiozia mortifera della Siria di Assad nella speranza di rompere le catene dell' ‘imperialismo Usa'.

Coi quali ufficiosamente mantiene splendidi rapporti commerciali: non solo il petrolio (quinto fornitore di Washington) ma le cose che il Venezuela importa dall'America che conta. Cuore a sinistra, affari a destra non importa se il primo paese del vecchio mondo due anni fa ritira l'ambasciatore e Caracas gli risponde cancellando la diplomazia con gli Stati Uniti.

LA NOVITÀ è questa: Maduro, successore da lui designato, da quando è riapparsa per la terza volta la malattia, ha aperto un dialogo ‘costruttivo' con Roberta S. Jacobson, capo del bureau per gli affari latino-americani del Dipartimento di Stato. Le ambasciate chiuse di Stati Uniti e Venezuela pare si stiano riaprendo. Con proposte diverse nelle procedure.

Maduro vorrebbe subito ristabilire le relazioni diplomatiche; la signora Jacobson suggerisce di ricominciare con passaggi morbidi: il Venezuela deve cooperare contro il narcotraffico aprendo le porte alle inchieste della Dea (agenzia antidroga Usa). Subito dopo ambasciate amiche. Solo voci ma voci autorevoli, Robert Noriega, ex ambasciatore di Bush in Venezuela: Maduro, erede di Chávez, avrebbe proposto il ripristino di una normale diplomazia prima del secondo giuramento del rieletto Obama.

Per il Venezuela è il momento dell'incertezza. Il leader sta sparendo: se non fisicamente nel panorama internazionale dominato con un presenzialismo che i petrodollari avevano ingigantito nell'immaginario popolare. Chávez era la pila che ricaricava la speranza inconsapevole degli ultimi. Adesso spengono le luminarie di Capodanno in preghiera per la salute di un leader controverso, amato-odiato.

Orazioni in diretta Tv. Non importa se Jorge Giordani, ministro che spende i soldi del petrolio, annuncia la crescita del Pil: 3,5 per cento in più. La folla di Chávez e la folla anti-Chávez vorrebbero sapere quale futuro li aspetta. Oppositori "divisi e infantili nella loro improprietà", giudizi terribili degli analisti Usa. I quali marcano più o meno con gli stessi aggettivi la folla dei senza niente alla quale Chávez ha provato a ridare dignità. Si riapre il conflitto endemico tra le due Americhe che la presenza di Chávez ha esasperato.

Ma si apre anche il braccio di ferro per la successione: Maduro, filo-cubano, ombra di Chávez nell' inquietudine della società civile, annuncia la fiducia nelle forze armate "depositarie della dignità del paese". Cerca di rubar spazio a Diosdado Cabello, militare al quale Chávez ha affidato la presidenza dell'Assemblea, il quale ripone nelle forze armate ogni speranza. Ma Chávez resiste: forse fra qualche giorno tornerà a parlare anche se il peso delle sue parole piano piano ormai si affievolisce.

 

 

chavez HUGO CHAVEZ PROFILO TWITTER DI CHAVEZ FIDEL CASTRO IN VISITA DA CHAVEZ DOPO L'OPERAZIONENICOLAS MADUROcasa bianca

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