UN CINGUETTIO LI SEPPELLIRA’ - IL “PENSIERO BREVE” DI TWITTER RIVELA QUANTO SONO SVALVOLATI I NOSTRI ‘MORTI DI FAMA’ - “FIORELLO NOIOSISSIMO”, “GUZZANTI ROSICONAAA!”

Francesco Merlo per La Repubblica

Grazie Twitter, perché denudi il re. Grazie perché con la tua forma veloce e breve stai svelando l'Italia degli spiritosoni e dei pavoncelli. Grazie perché costringi i nostri piccoli savonarola ad uscire dal nascondiglio del discorso lungo e sedimentato e a mostrare in 140 battute la loro verità di miserabili e di violenti.

Grazie social network perché siete la nostra finestra sul cortile- Italia dove, come le lavandaie di una volta, tutti sbraitano contro il prossimo: colleghi, avversari, nemici, amici e mariti persino. Grazie Twitter perché è uno spasso leggere le 140 battute dei giornalisti che si autocelebrano o litigano tra loro scrivendo quel che mai oserebbero sui propri blasonati giornali.

E però sarebbe un errore grave credere che Twitter sia soltanto lo sfogatoio dei più rozzi e pesanti sapori della vita. Il mezzo di comunicazione a cui di più i social network somigliano sono i pizzini di Provenzano, ai quali infatti dobbiamo più verità che alle intercettazioni e alle confessioni dei pentiti. E come i pizzini anche i tweet inchiodano e forse perché erano tweet anche i dieci comandamenti.

E infatti Facebook ha inchiodato Gianlugi Piras il quale, prima di dimettersi dai suoi incarichi nel Pd sardo, aveva tentato la difesa del «ma io volevo dire » che è la vecchia balbuzie degli studenti asini di una volta: «Don Sturzo è nato a Caltanissetta». «Guardi che è nato a Caltagirone». «Ah, ecco, io volevo dire...». E perché non l'ha detto? E se Piras non voleva dire «Isinbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza» perché l'ha detto?
È vero che l'invito allo stupro era già stata vomitato dalla leghista Licandro contro la nostra ministra per l'Integrazione, la signora Kyenge.

E però, diciamo la verità, lì non c'era stato alcun disvelamento ma, al contrario, una conferma. I leghisti sono razzisti e da troppo tempo ormai esprimono il loro odio con tutti i mezzi, scritti e orali, con il dito medio o, come il vicepresidente del Senato Calderoli, dicendo che la Kyenge «ha le sembianze dell'orango», o addirittura promulgando leggi terribili contro gli immigrati che ci hanno fatto vergognare di essere italiani.

E invece la parola stupro evocata contro una donna da un giovane del Pd, per giunta impegnato nei diritti civili, è molto più scandalosa anche se meno grave in assoluto. E va da sé che non dimostra che Piras è uno stupratore potenziale, ma che il suo linguaggio, e dunque il suo immaginario punitivo, sono andati a male, forse per contagio leghista o forse per autointossicazione.

Grazie Twitter, dunque, che sei lo scontrino fiscale del linguaggio italiarodyno. Il famoso cinguettio di esordio di Mario Monti, «Un attimo... 100.007 follower. Wow!!» subito accompagnato dall'uso dell'emoticon ci rivelò - ricordate?- che l'allora osannato presidente del Consiglio, il tecnico sobrio e discreto, era già affetto da quella goffa vanità politica che purtroppo lo avrebbe presto sopraffatto.

Il tweet non è un gioco ma è la forma moderna della comunicazione, del pensiero breve che ovviamente può anche avere il respiro lungo. Il tweet è come il telefono portatile, l'iPod, la video clip, la e-mail, il rap, gli slogan pubblicitari, il blob, la cartellonistica, lo zapping, i sondaggi, la tv digitale e interattiva, il chat telematico, gli spot, i frontespizi d'autore, le retrocopertine.

Anche Dolce e Gabbana per esempio, che pure hanno tutto il diritto di criticare il Comune di Milano, costretti a misurarsi con il tempo reale e con la scrittura breve, hanno cinguettato: «Comune di Milano, fate schifo» che è uno spasmo lessicale. La scorciatoia della parolaccia infatti non solo non marca la distanza ma al contrario coinvolge emotivamente e rivela chi insulta molto più di chi è insultato.

Come abbiamo sempre scritto, gli insulti volgari di Grillo sul suo blog sono l'esempio peggiore del linguaggio italiano andato a male, ma il web è ovviamente innocente anche se lo ha svelato come il leader del turpiloquio che è una malattia diffusa, un mal di parola tipico di un paese in decadenza. Del resto con un tweet l'allora portavoce del Quirinale Pasquale Cascella ci svelò un Grillo educato che è un'epifania, una rivelazione shocking quanto la parola stupro in bocca al dirigente del Pd: «Alla fine Grillo disse al presidente: non la chiamerò più Morfeo. Non aveva nemmeno l'idea di che pasta fosse Napolitano».

Grazie Twitter, che misuri gli uomini e li spieghi meglio di un diario. Matteo Renzi, per esempio, è sicuramente una risorsa per la sinistra e per il paese ma questo campione del pensiero sincopato si perde nel modernismo e abusa dell'inglese che è il vizio italiano tipico di chi poi lo parla male. Sembra la Minetti nell'esilarante parodia - anzi pa- che ne fa Virginia Raffaele.

Ecco dunque Matt Renzy su Twitter: «ho scritto la e-news», «l'Italia può diventare la più bella startup», «in Palazzo Vecchio per presentare il masterplan», «oggi si lavora sulla smartcity», «buon thinkingday», «standby degli spalaneve », «f-light il festival delle luci di Firenze », «facciamo un workshop».

In Italia c'è l'idea che siamo tutti Flaiano e tutti Longanesi i cui famosi aforismi rimangono gli idealtipi del Twitter nazionale. Ne ricordo qui alcuni a casaccio: «Ho poche idee ma confuse », «tutto quello che non so l'ho imparato a scuola», «le onorificenze non basta rifiutarle bisogna anche non meritarle», «ho opinioni che non condivido», «tengo famiglia»,«l'italiano è un buono a nulla ma capace di tutto», «veterani si nasce», «oggi il cretino è specializzato », «eppure è vero anche il contrario », «l'intellettuale è un signore che si fa regalare i libri che non ha letto».

Ecco, giudicate voi quanto valgono gli epigoni su Twitter.
L'onorevole Boccia per un intervento in Parlamento o per un talk show si sarebbe informato sugli F35. Twitter non gliene ha lasciato il tempo e lo ha dunque liberato al naturale: «In sostanza cara @crialicata non si tratta di fare guerre, con gli elicotteri si spengono incendi, trasportano malati, salvano vite umane». Ma gli F35 sono caccia e non elicotteri.
Immediate le reazioni sapute, spesso peggiori del tweet di Boccia. Eccone una: «Ma Francesco Boccia è un fenomenoooo... ».

Ancora più triste quest'altra perché coinvolge la moglie di Boccia che è ministro dell'Agricoltura: «Per Boccia gli F35 sono degli elicotteri. Speriamo che per la De Girolamo i pomodori non siano ciliegie». Certo, gli strafalcioni sono strafalcioni ma i tweet sugli strafalcioni non fanno ridere, non sono ironici e meno che mai sono eleganti. E a volte i tweet valgono più dei retroscena dei giornali. Così Sallusti rinfaccia ad Alfano una finta solidarietà: «Grazie per un comunicato. Le libertà sono cose da ufficio stampa. Mettere la faccia è troppo? Urlare è eccessivo? Bastava telefonata».

E le liti? Cinguetta Sabina Guzzanti: «Ogni tanto passo su Fiorello, noiosissimo ». Replica Fiorello che pure qualche volta in tv è spiritoso (mai su Twitter): «Rosiconaaa!!!» con tre 'a' e tre punti esclamativi che nel linguaggio dei social network è l' urlo, la sguaiataggine, il rimbalzo dell'insulto che - grazie, Twitter - torna sempre al mittente.


2-"ISINBAEVA, TI VIOLENTINO": LA FOLLIA DI PIRAS IN 140 CARATTERI

Pier Giorgio Pinna per La Repubblica

«Isinbayeva, per me, possono anche prenderti e stuprarti in piazza. Poi magari, domani, ci ripenso. Magari mi fraintendono». Lo ha scritto sulla sua pagina Facebook Gianluigi Piras, 36 anni, consigliere comunale di Jerzu, paese dell'Ogliastra, nel centro-sud della Sardegna. Dichiarazioni sorprendenti. Soprattutto perché fatte da un democratico che ricopriva i ruoli di presidente regionale del Forum sui Diritti del Pd, ha partecipato a Gay Pride con la fascia tricolore a Cagliari e coordinava l'Anci giovani.

«Solo un paradosso», ha tentato di giustificarsi lui, una volta esplosa la polemica, annunciando sempre su Fb le immediate dimissioni da tutte le cariche e la volontà di non opporsi a cause legali.

«Lo stupro è inaudita violenza. Ma il danno è enorme e quando si sbaglia, in politica come nella vita, c'è sempre un prezzo da pagare e io intendo pagare»: così Piras ha annunciato il passo indietro. «Irrevocabilmente - scrive ancora sulla sua pagina di Fb - rassegno le dimissioni dalla presidenza del Forum regionale dalla Direzione sarda del Pd, dal consiglio comunale di Jerzu e dal coordinamento Anci. Rimetto poi nelle mani del segretario regionale la tessera di iscritto e lascio Prossima Italia, che sostiene la candidatura di Giuseppe Civati alla segreteria nazionale del Pd».

«Per essere più chiari - conclude - il significato del mio post non è neanche lontanamente da intendersi come un augurio che la Isinbayeva (e chicchessia) possa essere stuprata». Piras dà poi quella che gli sembra una rassicurazione finale: «Il mio paradosso è da intendersi in questo senso: talmente sono gravi le affermazioni della Isinbayeva, che arriva a giustificare una legge tra le quali conseguenze registriamo casi di stupro di donne lesbiche, che a poco valgono le sue successive dichiarazioni.

Purtroppo non posso liquidare il tutto con un mi-avete-frainteso perché quando sono in troppi a non aver capito, allora la responsabilità è in capo a chi, evidentemente, non si è fatto comprendere».

E in effetti nessuno sembra aver colto l'aspetto sottolineato da Piras dopo le polemiche. Neppure il suo segretario regionale, Silvio Lai: «Solo ora ha compreso bene il danno fatto a sé e al Pd». Di tenore ancora più aspro molte delle reazioni in Rete, twittate o affidate alle agenzie di stampa. I giovani del Pdl chiedono l'apertura di un'inchiesta.

 

 

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