FERMI TUTTI! COL RINVIO DELLA SENTENZA DELL’UTRI, SI ALLONTANA PURE L’ESTRADIZIONE. E NEL FRATTEMPO POTREBBE TORNARE LIBERO

Giovanni Bianconi per ‘Il Corriere della Sera'

Slitta di tre settimane e mezzo il giorno del giudizio italiano per Marcello Dell'Utri. La Corte di cassazione era convocata ieri per decidere il destino della condanna a sette anni per concorso in associazione mafiosa; verdetto definitivo, qualunque fosse: sia in caso di conferma (a quel punto definita) che di annullamento (un eventuale rinvio a nuovo processo farebbe scattare inesorabilmente la prescrizione del reato). Ma i due avvocati difensori dell'ex senatore non si sono presentati in aula.

Uno, Massimo Krogh, è ricoverato dal 5 aprile all'ospedale napoletano Fatebenefratelli dove ha subito un intervento chirurgico d'urgenza, e ha mandato un certificato che prevede un mese di cure e convalescenza; l'altro, Giuseppe Di Peri, ha un problema al ginocchio che lo terrà bloccato per almeno sei giorni.

Un loro sostituto ha presentato la documentazione medica di entrambi, e ha chiesto il rinvio dell'udienza. Pubblico ministero e parte civile si sono rimessi alla decisione della corte, pur sostenendo che per l'avvocato Di Peri l'impedimento non era adeguatamente certificato. Risultato: richiesta accolta, nuovo appuntamento a venerdì 9 maggio, ore 14 (con relativa sospensione dei termini di prescrizione, prima fissati al 1° luglio e ora slittati al 25 dello stesso mese).

Una buona notizia per Dell'Utri, chiuso in camera di sicurezza a Beirut in virtù dell'arresto provvisorio chiesto e ottenuto dall'Italia? Probabilmente sì, sebbene in caso di annullamento della condanna sarebbe tornato subito libero. Ma la cancellazione della sentenza d'appello-bis non si può dare per scontata, anzi; con tre verdetti di merito di condanna, una conferma è tutt'altro che improbabile. Anche per questo, secondo la Procura generale di Palermo che ha chiesto e ottenuto un ordine di arresto, l'ex senatore si era dato alla fuga preventiva. Lo slittamento della sentenza definitiva, però, apre la strada alla possibilità che l'imputato torni libero prima che questa arrivi.

La Convenzione di assistenza giudiziaria tra Italia e Libano, infatti, prevede un termine di trenta giorni entro i quali, se le autorità di Beirut non avranno ricevuto la documentazione necessaria a decidere sull'estradizione, potranno rilasciare la persona arrestata. Pericolo di fuga a parte, i magistrati italiani contavano sull'arrivo della sentenza definitiva tra ieri e oggi ; in caso di condanna, la pratica per l'arresto a fini estradizionali si sarebbe trasformata in procedura per l'esecuzione della pena. Il che avrebbe forse richiesto tempi più lunghi, ma probabilmente la questione giuridica da affrontare sarebbe stata più semplice (nel caso opposto, il problema si sarebbe risolto da sé con la liberazione di Dell'Utri).

Adesso invece, in assenza di sentenza definitiva, l'Italia dovrà insistere sul pericolo di fuga, e si tratterà di vedere come sarà valutato dalle autorità libanesi. Le quali dovranno anche decidere se far valere o meno l'articolo 21 del trattato, laddove prevede che «trattandosi di imputato (com'è Dell'Utri in questo momento, ndr ), alla domanda di estradizione sarà allegato l'originale o la copia autentica delle deposizioni dei testimoni e delle dichiarazioni degli esperti ricevute o meno sotto giuramento da un magistrato o da un ufficiale di polizia giudiziaria».

Ma a che cosa devono riferirsi questi documenti? Al reato di concorso in associazione mafiosa, per il quale la condanna non è definitiva, o al pericolo di fuga presupposto dell'ordine di arresto? E la clausola secondo cui l'estradizione sarà concessa solo se il Libano riterrà che «esistono prove sufficienti tali da giustificare il rinvio a giudizio dell'individuo nel caso in cui il delitto fosse stato commesso sul proprio territorio» a quale delle due ipotesi sarà applicata?

A queste domande, per il momento, nessuno è un grado di rispondere con certezza in Italia. Lasciando aperta la possibilità che, di qui al 9 maggio (o all'11, giorno in cui scadono i trenta giorni dall'arresto) Marcello Dell'Utri possa tornare libero. Anche perché di qui ad allora si dovrebbe pronunciare il tribunale della libertà, al quale i difensori dell'ex senatore hanno chiesto di annullare l'ordinanza di carcerazione preventiva eseguita in Libano.

Perché sostengono che non ci sono prove della fuga (semmai del contrario, altrimenti l'imputato non si sarebbe registrato col proprio nome in uno dei più grandi alberghi di Beirut), e perché le intercettazioni del fratello Alberto eseguite in un ristorante romano sono inutilizzabili, come già dichiarato dallo stesso tribunale in un altro provvedimento.

 

 

Marcello DellUtri con gli avvocati Giuseppe Di Peri e Massimo Krogh MARCELLO DELL'UTRIalberto dell utri e la moglie mariapia la malfaDELL UTRI DELLUTRI CON L AVVOCATO MASSIMO KROGH

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