COMMISSARIAMO ANCHE L’EXPO 2015? - PISAPIPPA FA UNA COSA FURBA E SI DIMETTE DA EXPO 2015, LASCIANDO IL GOVERNO CON IL CERINO IN MANO. E FORMINCHIONI IN MUTANDE QUANDO IL CELESTE GIÀ PREGUSTAVA LA PRESENZA DEL CARDINAL BERTONE E UN MILIONE DI VISITATORI CINESI - I LUMBARD CHIEDONO AL GOVERNATORE DI LASCIARE E VORREBBERO IN PISTA ROBERTO CASTELLI. ECCO, CASTELLI E' PERFETTO….

Alberto Statera per "la Repubblica"

Il celeste Formigoni si era già venduto l'altro giorno un milione tondo di visitatori provenienti in ordinata schiera dall'ex Celeste Impero per sua alta intercessione presso il commissario cinese Wang Jinzhen, oltre alla benedizione del cardinale Tarcisio Bertone che la settimana passata gli aveva garantito la partecipazione del Vaticano all'Expo 2015.

Quando ieri quel guastafeste di Giuliano Pisapia gli ha rotto l'ultimo giocattolo. Il sindaco si è dimesso da secondo commissario (oltre al Celeste) dell'Expo, lasciando intendere che se va avanti così nel 2015 a Milano non ci saranno cinesini, né balinesi, né focolarini. Non ci sarà proprio l'Expo e non ci sarà neanche più il Celeste, vuoi come commissario, vuoi come governatore, vuoi come delfino di Berlusconi.

«Al presidente Monti - ci racconta Bruno Tabacci che di Pisapia è il più autorevole assessore e al quale abbiamo chiesto l'interpretazione autentica dei fatti - l'ho spiegato chiaramente sabato scorso: con due commissari finti, uno dei quali, cioè Formigoni, che è ormai decisamente impresentabile, siamo destinati a un doloroso fallimento che non ci possiamo permettere. Il governo deve prendersi carico della questione, che è troppo importante per lasciarla alla fiera delle vanità e alle improvvisazioni.

Che cosa ci vuole? Un commissario all'Expo vero, alla Bondi. Naturalmente, il Bondi della Parmalat, non l'ex ministro poeta». Tanto più che l'odore di bruciato, così a lungo annunciato, è già percepibile in una regione in cui dopo diciassette anni di formigonismo all'insegna di Cl e della Compagnia delle Opere l'intreccio affaristico è ormai endemico, connaturato al fluire stesso dei capitoli di spesa nella sanità e nei lavori pubblici.

Attenti alla ‘ndrangheta che già lavora da tempo per aggiudicarsi gli appalti dell'Expo, a cominciare dai primi tradizionali della mafia, quelli dello spostamento terra e delle bonifiche fasulle, gridavano tutti ormai da più di un anno. Il 13 febbraio scorso in prefettura il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri firmò così il protocollo di legalità per il contrasto all'infiltrazione criminale negli appalti sulle opere essenziali.

Nel 2010 era stato il ministro leghista Roberto Maroni a insediare due comitati: il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle opere e il Gruppo interforze centrale per l'Expo. Ma questi hanno svolto effettivamente i controlli o, come al solito, è stata la fiera dei comitati inutili che intasano le già superflue prefetture?

Si dà infatti il caso che per l'Expo 2015 si sia già svolta una sola gara per preparare il terreno su cui dovranno sorgere le aree espositive. Non spiccioli, ma 90 milioni di euro. Ha vinto la Cooperativa muratori e cementieri di Ravenna (Cmc), che tradizionalmente, pur «rossa», lavora con grande soddisfazione con le imprese targate Compagnia della Opere. Ha vinto con un ribasso d'asta a 58,5 milioni più 6,8 per oneri di sicurezza. Ma la gara non era ancora finita che la Guardia di Finanza già sequestrava le carte perché la procura di Milano sospetta - ed ha aperto un'inchiesta - che le imprese partecipanti abbiano fatto «cartello» e che qualcuno abbia girato loro informazioni segrete, come è nella migliore tradizione della corruzione fin dai tempi di Tangentopoli.

Si va poi un po' a scavare e si scopre facilmente che l'inchiesta si collega a un'altra in cui è indagato, tra gli altri, l'ex assessore all'Ambiente e al Commercio, nonché ex vicepresidente del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani. Uno di quegli ex assessori formigoniani, che il Celeste quasi non ammette di conoscere quando dice che lui non lascia la poltrona all'ultimo piano del Formigone perché nessuno della sua giunta attuale è indagato. «La mia struttura sta lavorando a pieno ritmo - scandisce caricatura super efficiente di sé stesso uscendo dall'assemblea dell'Assolombarda - per supplire alle carenze del governo». Mentre il neo presidente della Confindustria Giorgio Squinzi, bontà sua, «è preoccupato », ma molto, più o meno come il pontefice di Nanni Moretti in «Habemus Papam» per i destini dell'Expo.

Per fortuna c'è Matteo Salvini, maroniano emergente e neo segretario della Lega Lombarda, che, gran dissacratore, spiega: «Il governatore lasci l'Expo e pensi alla Regione Lombardia. Non ci sono secondi fini, la Lega non rivendica quel posto, dice solo che è impossibile fare bene il presidente della Regione più importante d'Europa e nello stesso tempo occuparsi di un evento come l'Expo che è già partito male e sul quale siamo in ritardo.

Ecco perché serve qualcuno che ci si possa dedicare a tempo pieno». Lui, per puro caso, ce l'ha proprio sotto mano. E disoccupato. Formigoni dovrebbe essere lui a imporlo a Monti, il quale, se potesse, visti i nefasti precedenti, non dubitiamo che cancellerebbe tutto come ha fatto con le Olimpiadi e come avrebbe voluto fare, per una volta ragionevolmente, anche Giulio Tremonti. La riserva leghista dell'Expo si chiama Roberto Castelli, fresco ex sottosegretario alle Infrastrutture, che notoriamente nell'ultimo governo Berlusconi ha fatto faville.

Mentre il Bureau International des Exposition è riunito a Parigi per la sua assemblea, e non osiamo pensare cosa stiano dicendo dell'Italia, l'amministratore delegato di Expo Spa Giuseppe Sala è reduce dagli States. Dove confida di aver nutrito «un sogno»: portare a Milano un padiglione della Nasa, l'agenzia civile responsabile del programma spaziale negli Stati Uniti. E' praticamente l'Expo dei sogni, come quello del nuovo grande stadio dell'Inter al posto delle strutture che saranno dismesse, magari con fondi cinesi, se non proprio dei cinesini presunti visitatori solo tra 1600 giorni, quando tutto dovrebbe essere pronto per il riscatto dell'Italia dall'onta dello spread.

Nel tour americano, l'inclito amministratore delegato non ha trascurato Los Angeles, dove ci sono gli studi cinematografici e di animazione. Era alla ricerca disperata di una mascotte. Ed è andato lì a cercare «ispirazione ». Ma ci serve una mascotte? Non abbiamo già il Gabibbo?

 

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