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LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA IN UCRAINA: CRISI ALIMENTARI E DISORDINI SOCIALI IN GIRO PER IL MONDO - SECONDO IL FONDO MONETARIO SI RISCHIA UNA FRAMMENTAZIONE DELL’ECONOMIA GLOBALE IN BLOCCHI CONTRAPPOSTI CHE RENDEREBBE IL MONDO PIU’ POVERO - IL PERICOLO DI RIVOLTE PER IL PANE E DI INSTABILITÀ POLITICA È MOLTO ALTO - PER IL SEGRETARIO AL TESORO DEGLI STATI UNITI, JANET YELLEN, CI SONO “ALMENO 10 MILIONI DI PERSONE IN PIÙ POTREBBERO ESSERE SPINTE VERSO LA POVERTÀ SOLO A CAUSA DELL'AUMENTO DEI PREZZI ALIMENTARI”

Michele Zaccardi per “Libero quotidiano”

 

KRISTALINA GEORGIEVA

«Crisi alimentare», «disordini sociali», «onde sismiche»: sono queste le parole usate dal Fondo Monetario internazionale per descrivere la situazione dell'economia globale alle prese con lo spettro del Covid e la guerra in Ucraina. Nel suo rapporto annuale, l'istituzione di Washington ha tracciato gli scenari per i prossimi anni e ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per 143 Paesi.

 

Ma è soprattutto il cambiamento radicale dei rapporti internazionali a preoccupare l'Fmi. Gli effetti dell'invasione russa, ha dichiarato il capo economista Pierre-Olivier Gourinchas, sono «onde sismiche emanate dall'epicentro di un terremoto». Il rischio, concreto, è che questo possa causare una «frammentazione dell'economia» in blocchi contrapposti. Si tratterebbe, prosegue Goutinchas, di uno «spostamento tettonico» difficile da gestire. E il risultato di una transizione non governata sarebbe «un mondo più povero».

janet yellen

 

10 MILIONI DI POVERI

Del resto, la perdita del potere d'acquisto è già nei fatti. L'inflazione è ormai tornata ai livelli degli anni '80 i tutti i Paesi avanzati e «resterà elevata più a lungo delle attese», scrivono nel rapporto gli economisti dell'Fmi. Ma a risentirne di più saranno i Paesi poveri, dove l'esplosione dei prezzi per cibo e fertilizzanti sta mettendo alle corde le famiglie meno abbienti.

 

Il pericolo di rivolte per il pane e di instabilità politica è molto alto: «Sappiamo che le crisi alimentari possono scatenare disordini sociali», si legge nel documento. Per evitare un crescendo di tensioni, la direttrice dell'Fmi, Kristalina Georgieva, ha auspicato azioni immediate sulla scorta di quanto fatto durante la pandemia. L'obiettivo è «mantenere il commercio aperto, sostenere le famiglie vulnerabili, garantire un approvvigionamento agricolo sufficiente e affrontare le pressioni finanziarie».

 

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Un allarme simile è stato lanciato, sempre ieri, dal segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen. «Almeno 10 milioni di persone in più potrebbero essere spinte verso la povertà solo a causa dell'aumento dei prezzi alimentari» ha sottolineato. Del resto, le difficoltà dell'economia globale non vengono solo dalla guerra. Già da prima si registravano infatti grossi problemi, in particolare per l'approvvigionamento di materie prime e per i rincari energetici.

 

Problemi che la guerra, poi, ha esacerbato. Se si escludono Ucraina e Russia, con il Pil in contrazione del 35 e dell'8,5% rispettivamente, è l'area Euro la zona più colpita: crescita al 2,8%, l'1,1 in meno su gennaio.

 

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A pagare il conto più salato, però, saranno Italia e Germania. A causa della forte dipendenza energetica da Mosca, infatti, le stime dell'Fmi per il nostro Paese vedono un Pil che frena dello 0,8% rispetto a quanto indicato dal governo nel Def, fermandosi al 2,3% nel 2022 e all'1,7% nel 2023. Inoltre, c'è il problema del debito, proiettato a quota 150,6%. Sul tema l'istituzione di Washington ha lanciato una frecciata all'Italia, ricordando che lo spazio di manovra è limitato. Per Berlino, invece, il rallentamento è ancora più brusco: dal 3,8% al 2,1%.

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INFLAZIONE

Ma a soffrire sono quasi tutti. Sulla Cina pesano i lockdown imposti per contenere i contagi, mentre sugli Stati Uniti soprattutto l'inflazione che ha spinto la Federal Reserve ad aumentare i tassi di interesse e ridurre il proprio bilancio. Misure che l'Fmi ritiene «urgenti» e ancora «più necessarie» a causa della guerra ma che potrebbero avere effetti pesanti sui Paesi in via di sviluppo, gravati dal fardello di debiti denominati in dollari. Un rialzo troppo repentino dei tassi Usa, infatti, determinerebbe un incremento degli interessi che pagano per finanziarsi.

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«Dal 2015 la quota di paesi a basso reddito in crisi di debito o prossima è raddoppiata, passando dal 30 al 60%» ha sottolineato Georgieva, «per molti, la ristrutturazione del debito è una priorità». Nel complesso, si tratta di «una grande battuta d'arresto per l'economia globale», con le stime sulla crescita per il 2022 abbassate dal 6,1%, previsto nel 2021, al 3,6%.

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