CONTI? CAPUTI MI HAI - RICCARDO CONTI: GRANDE AMICO DELLA CURIA, UNA QUOTA NELLA LUX DI BERNABEI, IMMOBILIARISTA CHE HA AMICIZIE DAPPERTUTTO: DALLE BANCHE AI SERVIZI - DALLA DC AL PDL, IL NUMERO DEI PARTITI CHE HA CAMBIATO È PARI SOLO A QUELLO DELLE SOCIETÀ DI CUI È TITOLARE - CAPUTI IL SUPER MANAGER AMICO DI TUTTI (DA CALTAGIRONE A STADERINI): 71 INCARICHI, DA MPS ALL’ACEA, FINO AD ARRIVARE A BANCA INTESA CON LA FIMIT, DOVE SONO INIZIATI I GUAI...

1- L'EX DC AMICO DI BANCHIERI E 007 A CAPO DI UN IMPERO IMMOBILIARE
Ferruccio Pinotti per il "Corriere della Sera"

Bresciano, vicino alla Curia. Una quota nella Lux di Bernabei. Un'eminenza grigia tra affari, finanza e politica, un uomo che dispone di informazioni estremamente riservate, grazie alle quali riesce a mettere a segno affari incredibili: così viene descritto il senatore bresciano Riccardo Conti, 64 anni, un supercattolico con le mani in pasta negli affari della Curia bresciana e con ottime entrature in Vaticano.

Figlioccio politico di Bruno Boni (classe 1919), uno dei fondatori della Democrazia cristiana (sindaco di Brescia per circa trent'anni, dal 1948 al 1975 e dal 1993 vicepresidente della Società autostrade Brescia-Padova), Conti negli anni 80 è segretario provinciale della Dc bresciana. All'epoca fa parte della destra democristiana, ha ottimi rapporti con Arnaldo Forlani ma anche con la componente «affaristica» che fa capo al ministro dei Lavori pubblici Gianni Prandini. Ma è vicino anche alla «corrente del Golfo» di Gava e Scotti.

Affianca la politica alla passione per i libri e per il mattone: mette infatti in piedi prima una tipografia, poi una casa editrice, le Edizioni del Moretto, entrambe situate a due passi dalla residenza del vescovo; infine una libreria in centro a Brescia. Con la Curia ha sempre avuto rapporti strettissimi e si dice che il padre, mediatore, gestisse beni dei religiosi bresciani.

Nel '91 ingaggia una competizione feroce con Pietro Padula (sinistra Dc) per diventare sindaco ma soccombe. È però trasversale e nel settembre '92 (dopo un mutamento di giunta) accetta un incarico come vicesindaco nella giunta guidata da Paolo Corsini, Pds. Un mese dopo viene coinvolto in un'inchiesta per contrabbando di rame e frode ai danni dello Stato e si dimette: chiarirà tutto, dimostrando che i soldi (700 milioni) ricevuti dalla vendita della sua libreria alla moglie dell'imprenditore Giovanni Bonomelli non erano il provento di una maxi evasione dell'Iva commessa attraverso il contrabbando di rame da un gruppo di imprenditori lombardi.

In politica è trasformista: dopo Tangentopoli e la fine della Dc aderisce all'Unione dei democratici cristiani e Democratici di centro (Udc), che però poi abbandona seguendo Marco Follini nel movimento Italia di Mezzo. Non segue tuttavia Follini nel votare la fiducia al governo Prodi e nell'aderire al progetto del Partito democratico. Si avvicina invece a Rocco Buttiglione e lo segue nell'alleanza con Forza Italia.

Con l'Udc è deputato dal 2001 al 2008. Nel 2008 si avvicina al movimento dei Popolari liberali di Carlo Giovanardi e aderisce al Popolo della libertà: viene eletto senatore in sostituzione di Roberto Formigoni, che ha optato per il suo quarto mandato da presidente della Regione Lombardia.

La passione per l'immobiliare ereditata da papà non lo abbandonerà mai e nel 2004 è al centro delle proteste operaie in quanto appartengono a una sua società, la Estate6, le aree su cui sorgevano gli stabilimenti dell'Alfa di Arese, al centro di una dismissione (con annesso progetto di «riconversione») che avrebbe decretato la morte dello stabilimento e dei relativi posti di lavoro. In quella fase, si ipotizza che dietro Conti ci sia il finanziere bresciano Emilio Gnutti (Hopa) che sarebbe poi diventato celebre per molte altre imprese finanziarie.

Cattolico di ferro, di lui si dice che simpatizzi più per l'Opus Dei che per Cl, tanto che ha una partecipazione nella Lux Vide di Bernabei. «Ma ha rapporti trasversali con tutte le componenti del mondo cattolico, se si tratta di fare affari», rivelano fonti che non vogliono essere identificate. «Ha amicizie dappertutto: dalle banche ai Servizi».

Nel corso del tempo ha costruito un piccolo impero immobiliare e se si effettua una visura camerale si scopre che a lui fa riferimento una galassia di società immobiliari (Estate 1,2, 3, 4, 5, 6, 7,8, 9) e che negli ultimi anni ha effettuato numerose operazioni in cui figurano nomi come: Iper Montebello spa (con Ubi fiduciaria), Campagnoli allevamento suini srl, Retail park srl, Tea srl, Mincio srl, Losep srl. A lui fa capo inoltre la società fiduciaria Capital investment trust.


2 - CAPUTI, IL MANAGER DA 71 INCARICHI «UN AFFARONE»
L. Sal. per il "Corriere della Sera"

«Uffi che Paese? Max». Vicino alla boa dei 60 anni, superata quella dei 71 incarichi in società pubbliche e private, Massimo Caputi (nella foto) è abituato a scherzare e sorridere anche quando i nuvoloni sono grigi per davvero. La «sua» Idea Fimit è il primo anello del nuovo affaire di case e politica? E lui accompagna con quelle vezzose paroline il comunicato spedito via mail ai «cari amici» per smontare la «notizia pseudoscandalistica». Non è successo niente, anzi è stato un grandissimo risultato. Come sempre.

Nato a Chieti, ingegnere, i primi passi nello studio del papà, il grande salto Caputi lo fa all'inizio degli anni 90. La sua società di allora, la Proger spa, lavora molto per le Ferrovie dello Stato. E alla fine le Fs gli affidano quello che sembra il solito progetto pilota, ristrutturare le principali stazioni italiane. Ma da pilota quel progetto diventa operativo e Caputi siede sulla poltrona di amministratore delegato di Grandi stazioni, che ridisegna per davvero i 13 snodi più importanti e viene privatizzata. Sono gli anni in cui Caputi combatte una guerra quasi personale con le ditte di pulizia, ma anche quelli in cui stringe i rapporti con Caltagirone, con Marco Staderini, con la Roma che conta.

E infatti nel 2002, piena epoca berlusconiana, arriva il secondo salto: amministratore delegato di Sviluppo Italia, con il compito di ricostruire la holding pubblica che dovrebbe aiutare lo sviluppo d'impresa e l'attrazione degli investimenti. Le cose vanno un po' così, Caputi si mette di traverso sull'acquisizione della Cit, la Compagnia italiana del turismo. E la cosa non passa inosservata. Pure allora i nuvoloni sono grigi ma lui continua a scherzare. Anche perché continua a stringere mani, a dare pacche sulle spalle.

E soprattutto ad accumulare incarichi su incarichi: adesso gliene restano pochi ma tra quei 71 che ha nel curriculum c'è il cda del Monte dei Paschi di Siena, dell'Acea, di Antonveneta, e poi altri nomi che mischiano alto e basso, dalle Manifatture lana Marzotto ad un piccolo cantiere navale di Pescara. Bulimico, lo definiscono e lui lo prende come un complimento. Ci sono solo due cose che lo fanno arrabbiare davvero. La prima è essere scambiato con l'altro Massimo Caputi, il giornalista sportivo che si vede sempre in tv.

La seconda il fattaccio che gli capita nel maggio del 2008. A Milano, in un hotel di via Cusani, si dimentica una busta con 45 mila euro. Parte un'inchiesta che lo vedrà indagato per riciclaggio e aggiotaggio. Lui si difende dicendo che quei soldi servivano per pagare i fattori della Locanda Rossa, uno splendido resort che ha con la moglie sulle colline di Capalbio. Un'ombra non da poco per chi già allora era al vertice di due società di gestione del risparmio. Compresa la Fimit, il primo anello della catena in questa nuova storia piena di nuvoloni.

 

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