QUALCUNO HA DETTO “INTERDETTO”? - LA CORTE D’APPELLO HA DECISO: IL BANANA PER 2 ANNI NON POTRÀ ACCEDERE AI PUBBLICI UFFICI

1. BERLUSCONI: 2 ANNI DI INTERDIZIONE
ANSA - La Corte d'Appello di Milano ha determinato in due anni l'interdizione ai pubblici uffici per Silvio Berlusconi condannato definitivamente a 4 anni di reclusione per la frode fiscale nel processo Mediaset. La sentenza giunge dopo il rinvio per ricalcolare la pena accessoria deciso dalla Cassazione lo scorso primo agosto.


2. MEDIASET, CHIESTI DUE ANNI DI INTERDIZIONE PER BERLUSCONI
Paolo Colonnello per "La Stampa"

Riforma della statuizione della pena accessoria a due anni di interdizione dai pubblici uffici. È quanto ha chiesto stamattina il procuratore generale Laura Bertolè Viale al processo d'appello per stabilire il cumulo della pena accessoria da applicare a Silvio Berlusconi dopo la condanna definitiva dell'agosto scorso in cassazione.

I giudici di terzo grado, confermando la condanna a 4 anni di reclusione per frode fiscale (ridotti ad uno per effetto dell'indulto del 2006) , avevano però annullato con rinvio la pena accessoria a cinque anni di interdizione decisa dai giudici d'appello di prime cure, sostenendo che la legge non rispettasse criteri di equilibrio e stabilendo un massimo di tre anni d'interdizione.

E questa mattina, davanti a una nuova corte d'appello, la terza, si sta svolgendo l'udienza per stabilire perciò il "quantum" dell'interdizione che impedirà a Berlusconi di presentarsi come candidato alle prossime elezioni e lo dovrebbe obbligare a decadere da Senatore.

La sentenza dovrebbe essere emessa oggi stesso, anche se le difese, in aula Niccolo Ghedini e un sostituto dell'avvocato Franco Coppi, hanno proposto un ricorso alla corte costituzionale sostenendo che esista un conflitto d'interpretazione tra l'articolo 13 della legge Severino e l'articolo 12 della legge speciale sui reati fiscali del 2000. I giudici sono entrati adesso in camera di consiglio e ne usciranno tra un'ora.


3. SILVIO, SVOLTA IN UNA SETTIMANA - E TORNA "LEADER RESPONSABILE"
Ugo Magri per "La Stampa"

L'ultima novità da Arcore è che la crisi non va più di moda. Dopo aver provato e riprovato a far cadere Letta, negli ultimi giorni Berlusconi ci ha ripensato. Pare abbia dato retta a vecchi amici e sodali, personaggi di cui profondamente si fida, incominciando da Previti e da Dell'Utri. Non solo loro, si capisce: in tanti sono andati a spiegargli che far cadere il governo sarebbe come prendersela con i mulini a vento. Intanto perché Letta non cadrebbe; andrebbe avanti con le «colombe» del Pdl.

E poi se per caso si dimettesse, Napolitano metterebbe subito in piedi un altro governo sicuramente più ostile al Cav di quanto non lo sia l'attuale. Terza controindicazione: casomai l'offensiva avesse successo e si andasse per sventura al voto, il centrodestra non se la passerebbe bene in quanto lui, Silvio, è incandidabile per effetto della legge Severino (curiosamente, qualche azzeccagarbugli gli aveva garantito il contrario, che fosse sufficiente un ricorso in giudizio per non essere cancellato dalle liste, «su 20 ricorsi ce ne sarà pur uno in cui ti daranno ragione...»). Insomma, Berlusconi ci ha ripensato, per ora basta con le spallate. Se ne riparlerà nel caso più avanti, quando Renzi sarà segretario Pd e magari avrà voglia lui di innescare la crisi.

Tra l'altro, il Cavaliere non ha più tanta urgenza. A mettergli fretta era il voto del Senato sulla sua decadenza. Però lui stesso si è accorto di uno strano fenomeno: mentre Pd e M5s fanno pubblicamente a gara per affrettare l'esecuzione, questa in realtà si sta allontanando. Nel Pdl danno tutti per acquisito che prima di fine novembre non se ne parli affatto. I ministri sono andati a raccomandarsi col Capo di stare tranquillo, nella distrazione generale l'attesa si trascinerà forse fino all'anno nuovo, complice la sessione parlamentare di bilancio.

Oggi la terza Corte d'Appello di Milano modulerà l'interdizione dai pubblici uffici (da uno a tre anni), però con un ricorso ben formulato la Cassazione si pronuncerà non prima di gennaio. Il «redde rationem» si allontana di due mesi. Ecco dunque spiegata la «conversione a u» rispetto a venerdì 11 ottobre, quando Berlusconi aveva lasciato senza parole i suoi europarlamentari annunciando: «Abbatto il governo, vado alle urne, vinco le elezioni, cambio le leggi e cancello la condanna». Un sano realismo prende il posto dei sogni di onnipotenza.

Il corollario è che l'uomo (quanto ad astuzia, due spanne sopra la media dei suoi) profitta della tregua per incassare i proventi della mancata crisi. Ovvero, per capitalizzare l'immagine di leader responsabile. E, tanto che c'è, per lanciare qualche amo in mezzo ai centristi, dove la crisi di Scelta Civica libera un tot di voti, nel Parlamento e nel paese. A Berlusconi, inutile dire, fanno luccicare gli occhi i secondi; ma pure i primi lui certo non li disdegna, proprio in vista del match sulla sua decadenza.

Per salvarsi gli mancano una cinquantina di voti. Se Casini, Mauro & C gli dessero una mano, il distacco si ridurrebbe a 35. Se poi, a scrutinio segreto, si unissero qualche grillino, qualche democratico... la speranza è l'ultima a morire. A Silvio il «time out» fa comodo pure per un altro verso. Gli permette di calmare le acque nel suo mondo. Lo schema è il seguente: «I ministri si occupino del governo, finché dura (e per il momento dura); al partito ci penso io». I «lealisti» capitanati da Fitto si sono persuasi che già la prossima settimana il Cavaliere potrebbe convocare un ufficio di presidenza dove azzerare tutti gli incarichi, compreso quello di Alfano.

Le «colombe» ministeriali sono convinte invece che giammai Silvio oserà, lasciando Angelino nei panni di segretario. «In vista della sfida elettorale col Pd, il binomio Berlusconi-Alfano sarebbe la formula più convincente», teorizza Cicchitto. Nel qual caso Alfano cederebbe la poltrona di ministro dell'Interno e spalancherebbe la strada a un mini-rimpasto che, strada facendo, potrebbe crescere fino a configurarsi come verifica a tutto tondo delle larghe intese, programma compreso.

Fa notare Brunetta, capogruppo Pdl alla Camera: «Da 20 giorni la Merkel, in vista della Grande Coalizione, sta limando il suo programma; da noi il governo Letta è nato senza nemmeno discutere a fondo il da farsi». Nuove elezioni oppure rilancio, una terza via non esiste: lo stesso Silvio sembra avere capito che l'Italia non può resistere appesa al pendolo dei suoi umori.

 

 

VIDEO MESSAGGIO DI BERLUSCONI DOPO LA CONDANNA DELLA CASSAZIONE Tribunale di MilanoFRANCO COPPI E NICCOLO GHEDINI berlusconi alfano brunetta verdini santanch nella nuova sede di forza italia LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI SCHIFANI E BRUNETTA Ministro Mario Mauro

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")