renzi letta bersani dalema

COSI’ RENZI HA SMACCHIATO BERSANI - LA MINORANZA PD SI ACCUCCIA E INGOIA IL BOCCONE AMARO DI UN ACCORDO BASATO SUL NULLA. IL RUOLO DI PORTAS E I TIMORI DELLA “DITTA EMILIANA” HANNO PORTATO ALLA RESA

Franco Bechis per “Libero Quotidiano

 

bersani renzi bersani renzi

«Piuttosto che niente, meglio piuttosto». Il giudizio più sincero sul pasticciaccio del Senato che viene propagandato come «il grande accordo» interno al Pd viene da un deputato che è storicamente amico di Pierluigi Bersani e in questi giorni è stato spesso in contatto sms con Matteo Renzi. Si chiama Giacomo Portas, è un sardo che vive a Torino da tempo, e lì ha fondato il movimento dei Moderati, che da anni va a braccetto con il Partito democratico.

 

Portas, che è presidente della bicamerale sulla anagrafe tributaria, ha un punto di osservazione privilegiato per raccontare questa storia. Parla spesso con Bersani, «che aveva bisogno di uscire dal tunnel in cui si stava infilando, e risolvere i problemi della Ditta - quella emiliana - che non voleva la spaccatura e chiedeva una marcia indietro». Siccome Portas nella vita privata faceva il comunicatore e sondaggista politico, ha una sfilza di amicizie (spesso ex clienti) trasversali nei due rami del Parlamento che in questi tempi incerti rappresentano un vero e proprio tesoretto.

DOPPIA FACCIA RENZI E BERSANI DOPPIA FACCIA RENZI E BERSANI

 

Non è sfuggito al premier che in quella rete trasversale ci fossero anche cinque senatori che non fanno parte della maggioranza. Chissà come si comporteranno con la riforma? Ma vogliono proprio votare contro? Però se non mi dai i cinque nomi, come faccio a verificare? È su queste domande che si è intrecciata la serie di sms fra il telefonino di Portas e quello di Renzi. Che la situazione fosse davvero in bilico in Senato era chiaro anche dalla costanza con cui si inseguiva la possibile assenza dall' aula perfino di quei cinque senatori.

 

Tanto è che Renzi ha chiamato Portas per tastare le intenzioni del gruppetto perfino la sera in cui era volato a New York per vedere la finale del grande slam fra Roberta Vinci e Flavia Pennetta. Finiti i festeggiamenti Renzi ha ricominciato da là la caccia telefonica ai senatori, ma si è scordato del fuso orario. Quando a Torino è squillato il telefonino del povero Portas erano le tre del mattino ora italiana... Lui oggi è convinto che con l' accordo «piuttosto che nulla meglio piuttosto» la Ditta sia contenta, e «l' intesa Bersani-Renzi andrà ben oltre la riforma del Senato».

 

GIACOMO PORTASGIACOMO PORTAS

È stata roba seria la spaccatura interna al Partito democratico, assai più seria di quella soluzioncina che ieri ha formalmente segnato la fine delle ostilità grazie a tre emendamenti concordati alla riforma del Senato che portavano la firma del presidente della commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro.

 

Un discreto pastrocchio, che nell' emendamento chiave (gli altri due aumentano le competenze di vigilanza del Senato e attribuiscono a quel ramo del Parlamento l' elezione di 2 giudici della Corte Costituzionale su 15) ha come scopo principale quello di salvare la faccia sia a Renzi che a Bersani. Il testo è questo: «La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge». Traduciamolo in parole povere: i nuovi senatori saranno eletti come voleva Renzi non direttamente dagli italiani, ma dai consigli regionali.

 

FINOCCHIARO-BERSANI-FRANCESCHINI FINOCCHIARO-BERSANI-FRANCESCHINI

I consigli regionali però dovranno indicare quelle persone - e qui è la soluzione per salvare la faccia a Bersani - «in conformità con le scelte espresse dagli elettori». Ma la soluzione pratica è rinviata prima a una legge ordinaria di cui nulla si sa, e poi alle singole leggi elettorali delle Regioni che come è noto sono assai diverse l' una dall' altra. Tutti contenti dunque per una soluzione che non c' è. Nella fila di chi aveva combattuto con grande sincerità la sua battaglia c' è grande imbarazzo. Miguel Gotor, che ne faceva una questione di vita o di morte, arriva in motorino trafelato sul retro di palazzo Madama.

 

massimo mucchettimassimo mucchetti

Vede le telecamere di Libero tv e sente che gli si chiede ragione di quell' accordicchio. Preferisce scappare senza aprire bocca seminando il cronista. Del pastrocchio in effetti pochi vogliono parlare, dentro il Pd o dentro la maggioranza. Gran parte dei senatori che ieri abbiamo provato a formare a metà giornata di fronte al Senato giuravano di non conoscere il testo. Massimo Mucchetti era il solo ad averci capito qualcosa e a provare a difenderlo grazie anche all' esperienza da giornalista (l' intervista video oggi su Libero tv).

 

Laura Puppato spiega a Libero che la querelle stessa era fondata sul nulla: «I consiglieri regionali sono votati ovunque con le preferenze dai cittadini. Se poi qualcuno di loro fosse andato in Senato, lo avrebbe fatto con la scelta degli elettori». Non sono le dichiarazioni ufficiali a spiegare, ma i retroscena che partono da una richiesta perentoria: «Chiudi registratori e taccuino». È un ex dalemiano a spiegare: «Bersani non avrebbe mai votato contro il Pd.

Miguel Gotor Miguel Gotor

 

Non glielo permetteva la Ditta, il partito emiliano. Quindi era necessaria una via di fuga che semplicemente salvasse la faccia a tutti. Non è stata la riforma del Senato il tema, ma la rappresentanza della Ditta nel governo. Per questo è circolato subito il nome di Vasco Errani...». Si spiega che in Emilia il Pd ha una situazione davvero difficile: il nuovo presidente della Regione è assai debole, l' elettorato confuso, i Cinque stelle all' arrembaggio, il rischio di perdere Bologna altissimo. Non si poteva avere una spaccatura clamorosa interna. La Ditta ha chiesto a Bersani la resa onorevole e lui ha obbedito.

Ultimi Dagoreport

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”

romana liuzzo

DAGOREPORT! UN MOTO DI COMPRENSIONE PER I TELESPETTATORI DI CANALE5 CHE HANNO AVUTO LA SFORTUNA DI INTERCETTARE LA MESSA IN ONDA DELLO SPOT AUTO-CELEBRATIVO (EUFEMISMO) DEL PREMIO “GUIDO CARLI” - CONFUSI, SPIAZZATI, INCREDULI SI SARANNO CHIESTI: MA CHE CAZZO È ‘STA ROBA? - AGGHINDATA CON UN PEPLO IN STILE “VESTALE, OGNI SCHERZO VALE”, PIAZZATA IN UN REGNO BOTANICO DI CARTONE PRESSATO, IL “COMMENDATORE”  ROMANA LIUZZO REGALA 20 SECONDI DI SURREAL-KITSCH MAI VISTO DALL'OCCHIO UMANO: “LA FONDAZIONE GUIDO CARLI VI SARÀ SEMPRE ACCANTO PER COSTRUIRE INSIEME UN MONDO MIGLIORE”. MA CHI È, LA CARITAS? EMERGENCY? L'ESERCITO DELLA SALVEZZA? - VIDEO!

friedrich merz - elezioni in germania- foto lapresse -

DAGOREPORT – LA BOCCIATURA AL PRIMO VOTO DI FIDUCIA PER FRIEDRICH MERZ È UN SEGNALE CHE ARRIVA DAI SUOI "COLLEGHI" DI PARTITO: I 18 VOTI CHE SONO MANCATI ERANO DI UN GRUPPETTO DI PARLAMENTARI DELLA CDU. HANNO VOLUTO MANDARE UN “MESSAGGIO” AL CANCELLIERE DECISIONISTA, CHE HA STILATO UNA LISTA DI MINISTRI SENZA CONCORDARLA CON NESSUNO. ERA UN MODO PER RIDIMENSIONARE L’AMBIZIOSO LEADER. COME A DIRE: SENZA DI NOI NON VAI DA NESSUNA PARTE – DOMANI MERZ VOLA A PARIGI PER RIDARE SLANCIO ALL’ALLEANZA CON MACRON – IL POSSIBILE ANNUNCIO DI TRUMP SULLA CRISI RUSSO-UCRAINA

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…