L’ULTIMA TENTAZIONE DI NAPOLITANO – NON SOLO AL PD E AI POTERI STORTI ANCHE AL COLLE NON DISPIACE LA STAFFETTA: CHI MEGLIO DI RENZI PER COMBATTERE L’ANTI-POLITICA A COLPI DI RIFORME? - COL NUOVO GOVERNO, NAPO SI DIMETTE?

Claudio Cerasa per ‘Il Foglio'

A questo punto bisogna solo mettere insieme i puntini per scoprire come si concluderà il duello tra Matteo Renzi ed Enrico Letta. I puntini sono questi: il lungo e convincente incontro di lunedì tra il sindaco di Firenze e il presidente della Repubblica, il breve e interlocutorio colloquio di ieri mattina tra il premier e il capo dello stato, le richieste di dimissioni (dimissioni di Letta) presentate ieri dai piccoli partiti della maggioranza (da Scelta civica), le telefonate preoccupate dei lettiani ai leader della minoranza pd (non fidatevi di Renzi),

la ricerca tra i renziani dei numeri per avere un'agile fiducia al Senato (siamo a quota 194), la sintonia tra il segretario del Pd e il ministro dei Rapporti con il Parlamento (Franceschini ormai ha cambiato del tutto verso), la ricerca di una squadra di dodici o quattordici ministri da presentare la prossima settimana, l'eccitazione degli avversari di Renzi che non vedono l'ora di veder abbrustolire sulla graticola di Palazzo Chigi l'amico del Giaguaro e infine, dettaglio utile, la ricerca di un nuovo volto da candidare in primavera a Firenze al posto di Renzi: che se le cose vanno come i renziani pensano che stiano per andare, dalla prossima settimana potrebbe avere altro da fare a Roma.

I tempi, innanzitutto. Tutto si gioca sul filo, sui minuti, sui dettagli, sulle psicologie dei vari protagonisti della partita, ma entro giovedì sera dovrebbe essere chiaro se Letta avrà la forza di continuare il suo viaggio alla guida del governo o se l'accerchiamento messo in campo da Renzi avrà dato i suoi frutti. Perché di accerchiamento si tratta: tutte le anime del Pd (lettiani a parte) stanno spingendo sul pulsante "staffetta", i sindaci (l'Anci guidata da Piero Fassino e coordinata da lontano da Graziano Delrio, che ieri sera ha detto che Renzi darebbe più forza al governo), Confindustria e i sindacati chiedono ad alta voce di cambiare governo.

L'establishment (Fiat a parte) invoca una svolta e anche Napolitano, tra il colloquio con Letta e quello con Renzi, si è convinto che la parola stabilità non fa più rima con la parola Enrico. E così tra veline, contro-veline, spin e contro-spin, Napolitano ha dato a Renzi l'ok, ok Matteo il tuo governo può partire, ma ha chiesto al sindaco di trovare lui un modo per costringere Letta al passo di lato. Già, come?

Due possibilità. La prima è che oggi Renzi, attivando tutte le diplomazie possibili, e anche quelle impossibili, costringa Letta (che potrebbe incontrare) a presentare le dimissioni imponendogli una riflessione: caro Enrico, mi dispiace ma questo governo non è più sostenuto né dal Pd né dai partiti alleati del Pd e per evitare passaggi traumatici occorre premere insieme il tasto finish. Dovesse andare così, Renzi avrebbe la possibilità di presentarsi giovedì in direzione con uno scenario già definito e far sì che le consultazioni comincino già il prossimo venerdì.

Letta, stando alla tempra mostrata ieri, non appare intenzionato a cedere la sua posizione e crede sia possibile andare avanti. Come? Una strada, forse l'ultima, c'è: presentare in direzione il programma di governo e capire se la direzione avrà il coraggio di votare contro, a viso aperto.

Intanto le voci corrono, i deputati fremono, i renziani non si contengono, lo stesso sindaco non riesce a nascondere la sua eccitazione: sa che il percorso non è quello che avrebbe sognato ma sa anche che il percorso alternativo, quello fiorentino, lo avrebbe logorato più di quanto potrebbe logorarlo il percorso governativo.

E per questo Renzi non si fermerà e continuerà a seguire un percorso che in fondo - dopo D'Alema, dopo Veltroni, dopo Bindi, dopo Marini, dopo Finocchiaro, dopo Bersani - costituisce l'ultimo capitolo della rottamazione: rottamare l'ultimo campione della vecchia Ditta, ovvero Enrico Letta.

Napolitano fino all'ultimo proverà a capire se la soluzione Enrico sia ancora possibile e il presidente non nutre un pregiudizio positivo nei confronti di Renzi. Ciò che però sta portando il Quirinale su una lunghezza d'onda non distante da quella del sindaco nasce da un ragionamento preciso. C'entra Grillo, c'entra il populismo, c'entra il senso della missione di Napolitano (missione che potrebbe anche concludersi con la nascita di un nuovo governo): combattere l'anti politica a forza di riforme.

Roberto Speranza, capogruppo pd alla Camera, sensibile agli umori del Quirinale, sintetizza così la ragione per cui il fiorentino sembra diventato la prima lingua del Palazzo. "Ciò che adesso ci occorre è una legislatura che abbia un orizzonte non di pochi mesi ma di anni. Il Pd deve mettere in campo l'esecutivo più forte che ci possa essere. Votare sarebbe un regalo agli sfascisti. Offrire al paese un governo che sappia governare a lungo è invece il modo migliore per dare alla politica forza necessaria per cambiare il paese". E allora basta unire i puntini per capire che oggi la parola stabilità non fa più rima con la parola Enrico, ma la si pronuncia con un'aspirazione diversa: "stabilihà", diciamo.

 

napolitano renzi napolitano letta renzi napolitano renzi letta MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA Enrico Letta Graziano Delrio PIERLUIGI BERSANI PIERO FASSINO beppe grillo, il fondatore del m5sBEPPEGRILLO

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”