1- LA BIOGRAFIA CRIMINALE DI ANTONIO MANCINI, UNO DEI CAPI DELLA BANDA DELLA MAGLIANA 2- “TUTTA L’OPERAZIONE EMANUELA ORLANDI È FUMO NEGLI OCCHI. DOMANI SI POTRÀ URLARE “VISTO CHE IL VATICANO NON C’ENTRA NULLA?”. PERCHÉ NON HANNO APERTO PRIMA?” 3- “IL RAPIMENTO DECISO DA MAFIOSI E TESTACCINI. PIÙ DI 200 MILIONI DI $ CHE NON RIENTRAVANO E CHE LA BANDA AVEVA RICICLATO PER LO IOR E CHE NON AVEVA PIÙ RIVISTO” 4- “A PORTARE A WOJTYLA LA FOTO SCATTATA IN PISCINA CON LE SUORE FU GELLI IN PERSONA” 5- MORO: “FUMMO NOI A TROVARE IL COVO DI VIA MONTALCINI. LA NOTIZIA A FLAMINIO PICCOLI. LE BR ERANO COMPLETAMENTE ETERODIRETTE DAI SERVIZI, INFILTRATE DALLO STATO” 6- “NICOLETTI GESTIVA I NOSTRI SOLDI E QUELLI DI ANDREOTTI, CONTEMPORANEAMENTE” 7- “PECORELLI L'ABBIAMO UCCISO NOI E I SICILIANI. DE PEDIS AVEVA LA PISTOLA CON CUI ERA STATO AMMAZZATO E DORMIVA A VILLA BORGHESE IN UNA CASA DEI SERVIZI SEGRETI” 8- “L’ATTRICE GIOIA SCOLA STAVA SIA CON PAOLO BERLUSCONI CHE CON UN AMICO MIO” 9- “STRAGE DI BOLOGNA? FURONO I FASCISTI MANOVRATI DALLO STATO. FORSE DELLE CHIAIE”

Rita Di Giovacchino e Malcom Pagani per "il Fatto quotidiano"

"Io non sono buono, sò un figlio de na mignotta". I capelli bianchi, gli occhi neri, due fessure protette dagli occhiali. La biografia criminale di uno dei capi della Banda della Magliana riversata su nastro in un pomeriggio marchigiano di caldo, cicale e confessioni. Jesi è un silenzio. Un ordine irreale. Antonio Mancini, l'accattone, ci vive da 16 anni. Ai tempi in cui divideva proventi, cocaina e azioni con gli amici fascisti, Mancini sfiorava l'eresia.

Leggeva Pasolini, prendeva la mira parafrasando Mohammed Alì: "Bumayè", regolava conti, dominava Roma: "Ero un drizzatorti. Conquistavo zone, esigevo crediti, punivo gli insolventi. A San Basilio i nomi delle strade erano paesi delle Marche. Quando me sò pentito mi è venuto spontaneo indicà uno di quei posti". Integrazione completata. Oggi Mancini è un uomo libero. Quindici anni di carcere. Condanne scontate. Nessuna pendenza. È seduto a casa sua. Immagini di Che Guevara, volumi di Marx, Bibbie, Vangeli. Da un computer le notizie sul ritrovamento dei resti di De Pedis a Sant'Apollinare.

Di altre ossa: "Non sono di Emanuela Orlandi e tutta l'operazione è fumo negli occhi. Domani si potrà urlare «visto che il Vaticano non c'entra nulla?». Perché non hanno aperto prima? Troppo champagne ubriaca e qualcuno, anche tra gli inquirenti, ha riempito i bicchieri fino all'orlo". Nel tempo libero, quando i demoni di un passato incancellabile non tornano a fargli visita, Mancini aiuta i disabili. Loro non sanno.

E lo adorano. "Un giorno vidi passare un pulmino pieno di ragazzini. Salutavano. Andai da Sebastianelli, il commissario di Polizia del luogo e lo pregai: ‘Mi dia una possibilità, sarei felice di fare il buffone per loro'. Lui garantì per me e adesso, quell'impegno è diventata la ragione della mia vita". L'accento romano è imbastardito. I ricordi lucidi. La rabbia ancora giovane. "Sono anni che dico che la Magliana è viva. I magistrati mi danno retta a intermittenza, ma nessuno ha la forza di smentirmi. Io non ho opinioni. A domanda rispondo e se non so, sto zitto".

Quante persone ha ucciso, Mancini?
Con la "bandaccia" tante. Prima, quando operavo a Val Melaina, ancora di più. Ogni volta che dovevo ammazzà qualcuno io dicevo "lo mandamo a salutà Adriano". Era come una parola d'ordine.

Chi era Adriano?
Mio padre. Comunista tutto d'uno pezzo. Me diceva sempre "addavenì baffone". Sotto lo studio di Lucio Libertini, il deputato, aveva messo le radici. Libertini gli aveva promesso una casa popolare. Noi vivevamo in otto in due camere. Ma baffone non arrivava mai e mio padre è morto senza avere un tetto. E io guardavo quelli con il Rolex e la Ferrari e mi ripetevo: "Mejo dù anni ar gabbio che stà in due camere con sei creature".

Quale è l'omicidio che le è più rimasto impresso?
Quello di Nicolino Selis. Lui temeva di finire ammazzato, ma riuscimmo a fissare un appuntamento in una villa di Ostia. Gli dissero che ero uscito dalla Banda, che mi ero messo in proprio. E lui cadde in trappola. Scavammo la buca e lo aspettammo. Mi trovò seduto su un divano ed ebbe il coraggio di scherzare: "Accattò, ma che finaccia hai fatto". Io mi girai e risposi: "non sai la fine che stai a fa te". Un secondo dopo, Abbatino tirò fuori la baiaffa da una scatola di cioccolatini e gli sparò in testa. Poi presero la mira anche gli altri.

Pentimenti?
Affrontavo le curve a 300 all'ora ed ero convinto che sarei morto a 30 anni. Ho risparmiato gente che avrebbe meritato di morire e ucciso fratelli che si fidavano di me.

E le sembra normale?
Un mio amico studioso di sciamanesimo sostiene che in fondo non sia successo niente. Il mio è solo un percorso di vita. A 12 anni volevo dominare il mondo. Quando la cavalcata epica si è trasformata in una pozzanghera di sangue, ho detto basta. La mia prima figlia era cresciuta senza un padre, non volevo che con la seconda accadesse lo stesso.

Uccideva per i soldi?
Sono stato miliardario, ma il denaro l'ho sempre disprezzato. I soldi li ho avuti ma me li sò magnati tutti. Adesso sono rovinato, dormo in uno spazio grande come una cabina telefonica. Ci siete, potete valutare.

Quanti metri quadri?
Metri? Centimetri. Sono stato io a chiedere al Comune di vivere qui in periferia. Neri, gialli, rossi. Gente che ti suona alle due di notte. "Che c'hai una birra?" Lo stagno mio.

Ieri nuotava nella criminalità.
Come Renatino De Pedis, di cui oggi si parla tanto. Con lui ruppi nel momento in cui fece uccidere Edoardo Toscano e fui contento quando l'ammazzarono. Toscano, l'operaietto, componente della banda, era un mio amico.

De Pedis non lo fu mai?
Non era più un bandito, si era imborghesito. Oggi sarebbe in Parlamento. Dalla nuova banda che si era creato tra Tor Pignattara e Marranella si faceva chiamare Presidente.

Lo pretendeva anche da voi?
Io gli sputavo in faccia. Era entrato in un giro strano con Massimo Carminati, un fascista che oggi fa i miliardi con i ristoranti.

Sabrina Minardi - l'ex compagna di De Pedis - dice che tutti sapevano che Renatino era l'uomo del Vaticano.
E del Cardinal Poletti. Renatino fu accompagnato in Vaticano da Enrico Nicoletti e Flavio Carboni. Di suo, De Pedis non sapeva "accucchià" due parole in italiano. Ma era bello. Regale. Presentabile. Mi veniva a prendere la domenica, andavamo alla pasticceria Andreotti e poi al Bolognese. Quando parlava con il potente di turno o l'onorevole si inchinava. Io lo cazziavo e lui ribatteva: "Ah Nì, adesso mi inchino io, dopo si piegheranno loro".

Che ruolo ebbe De Pedis nel rapimento Orlandi?
Guidò la macchina che servì al sequestro della ragazza. Il rapimento fu deciso da mafiosi e testaccini. C'erano soldi che non rientravano e la scelta era tra lasciare qualche cardinale a terra ai bordi della strada o colpire qualcuno che fosse vicino al Papa e che aveva rapporti economici con noi per marcare un segno. Scegliemmo la seconda strada.

Quanti soldi?
Più di duecento milioni di dollari che la banda aveva riciclato per lo Ior e che non aveva più rivisto dopo il crack dell'Ambrosiano. Io e Danilo Abbruciati nell'81 andammo a Milano, per incontrare gente del Banco legata a Calvi e alla P2. A portare a Wojtyla la foto scattata in piscina a Castelgandolfo in cui lui era circondato dalle suore fu Gelli in persona. Tutto era legato.

Abbruciati morì nell'82, ucciso da una guardia giurata dopo il fallito attentato a Roberto Rosone, vicepresidente del Banco Ambrosiano.
La guardia giurata non sparò mai e subito dopo scomparve nel nulla. Abbruciati non era uno sprovveduto. Lo ammazzò lo Stato, perché Danilo aveva visto troppo. Pensate che a Milano sarei dovuto andare io. Danilo si rifiutò: "Se viaggio io otteniamo più soldi".

Perché proprio la Orlandi?
Ve l'ho detto. Il padre di Emanuela non era un semplice messo. Era molto di più.

L'ha mai detto ai famigliari?
Quando vidi Natalina, la sorella di Emanuela, negli studi di Chi l'ha visto? le dissi esattamente così. D'altronde Nicola Cavaliere, un bravo poliziotto, inascoltato, lo disse subito. "La Orlandi è legata ai soldi della Magliana". I giudici lo ignorarono, nessun magistrato voleva un carico del genere. Ora hanno detto che mi chiamerà l'Antimafia. Sto qui, vado, non mi nascondo. Non ho paura di niente.

Non ha perso l'arroganza dei tempi d'oro.
Non è questione di arroganza, ma di verità. Quando decisi di collaborare per la prima volta erano presenti Otello Lupacchini e il questore Fiorelli. Fui chiaro: "Volete il mio aiuto? Non vi ho cercato io. Se lo volete sappiate che smonterò una a una le bugie di Abbatino". Rimasero sorpresi.

Il libro di De Cataldo?
Un bufalificio. In Romanzo criminale ha scritto che disprezzavo Pasolini dandogli del frocio. "A De Catà, io leggevo Pier Paolo quando tu ancora non eri nato".

C'è chi sostiene che la Magliana fosse anche dietro al caso Moro.
Certo, fummo noi a trovare il covo di Via Montalcini. Selis lavorava anche per Raffaele Cutolo e passò la dritta a Franco Giuseppucci, detto "er negro". Fu lui a portare la notizia a Flaminio Piccoli. Si incontrarono carbonari, sotto un ponte, vicino a Piazza Cavour. Le Br erano completamente eterodirette dai Servizi, infiltrate dallo Stato.

Qualche storico ritiene che Moro a Via Montalcini non sia stato mai.
E invece c'era. Poi non so se sia passato anche a Palazzo Caetani o a Palo Laziale, come alcuni suggeriscono. Venni a sapere che le lettere di Moro e i video degli interrogatori erano stati presi da una ex amante di Danilo Abbruciati. Un'ex partigiana al soldo del Mossad. Danilo sul sequestro dello statista Dc sapeva tanto.

Furono esponenti della Banda della Magliana a sparare a Moro?
Possibile. Non mi meraviglierebbe. Noi, la Mafia, il Vaticano, la politica. Nicoletti gestiva i nostri soldi e quelli di Andreotti, contemporaneamente. Il resto dell'arco costituzionale, a iniziare dall'esponente antiterrorismo più in vista del Pci, sapeva tutto. C'erano rapporti con i socialisti. Si parlava spesso di un siciliano, un pezzo grosso. Uno che avevamo tra le mani, cui potevamo rivolgerci senza troppi problemi e dare disposizioni.

A proposito di Andreotti. Mancini cosa sa del caso Pecorelli?
Tutto. L'abbiamo ucciso noi e i siciliani. De Pedis aveva la pistola con cui era stato ammazzato. A finirlo andarono in tre. Angelo La Barbera e Massimo Carminati.

Il terzo?
Non lo dico, è un mio amico. Quando mi interrogarono il nome lo feci, ma aggiunsi: "Se lo verbalizzate non firmo neanche sotto tortura".

Un fascista?
Non attacca.

Il vostro referente mafioso a Roma?
Con Pippo Calò andavo a mangiare, ma non mi piaceva. Noi della banda pippavamo, quelli erano sempre in doppio petto. De Pedis dormiva a Villa Borghese in un appartamento dei servizi segreti, la coca stravolgeva molti ambiti. E la Magliana li controllava tutti. Facevamo riunioni con i vertici di Carabinieri e Polizia, con i servizi segreti, con chi ci avrebbe dovuto arrestare.

Frequentavate anche gente dello spettacolo?
L'attrice Gioia Scola stava sia con Paolo Berlusconi che con un amico mio. Quando andai a riferirlo in Procura, al nome di Paolo Berlusconi, il magistrato spense il registratore. Neanche Silvio, Paolo. Vi rendete conto? Sputtanare Gioia Scola andava benissimo, Paolo Berlusconi spaventava.

Cosa sa della strage di Bologna?
Furono i fascisti manovrati dallo Stato. Forse gente intorno a Delle Chiaie, forse il gruppo di Massimiliano Fachini. Non Fioravanti e in ogni caso, qualcun altro della Banda intervenne in un secondo tempo allo scopo di depistare.

Chi Mancini?
Massimo Carminati. Un fascista che teorizzava l'ordine nel disordine. Anarcofascisti si facevano chiamare."Noi uccidiamo il potere" urlavano. Mortacci loro.

Ha le prove per dirlo?
Se sarò chiamato a fornirle, le darò.

Pensa mai alle vittime?
Se è per questo anche ai carnefici. Alla P2. Con Abbruciati che come Giuseppucci, con i servizi aveva rapporti solidi, andavo nell'ufficio di Ortolani in Via Bissolati. Incontravo Luigi Cavallo, che voleva ancora fare il golpe e diceva di essere amico di Sindona. Noi volevamo salvare Francis Turatello, tirarlo fuori dal carcere e ai nostri interlocutori milanesi dell'Ambrosiano e ai piduisti l'avevamo detto chiaramente: "Ci avete chiesto Pecorelli e Moro e noi abbiamo rispettato i patti. Adesso tocca a voi".

Ma Turatello morì a Badu ‘e Carros nell'agosto 1981 in modo atroce.
Un dolore enorme. Dicono che l'abbia ucciso Pasquale Barra sventrandolo e mangiandogli il cuore, ma è una cazzata. Barra prese quattro schiaffi, gli esecutori furono altri e l'ordine di far fuori Francis lo diede Luciano Liggio in persona. Francis riceveva lettere dai politici. Lo chiamavano capo.

Per sparare ai fratelli Proietti nell'81, lei in Via di Donna Olimpia a Roma improvvisò un Far West.
Marcellone Colafigli era ossessionato dalla morte di Giuseppucci. Dormivamo nella stessa casa e a volte, di notte, si svegliava. "Nino, er negro è uscito dal televisore. Continua a ripete ‘na frase". Allora io lo assecondavo. "Che frase?" E lui: "Ahò, ma nun me vendicate mai?". Proietti era un ricattatore, bisognava farlo.

Impressiona sentirglielo dire.
Lo capisco, ma la mia vita non è stato un pranzo di gala. Ho incontrato infami e cornuti. Ho sparato,ucciso e sempre saputo che un colpo poteva ammazzare anche me. Quando te tocca te tocca, è inutile che ti guardi le spalle. Se arriva, arriva.

A De Pedis, nel '90, arrivò.
De Pedis era un cacasotto. Avrebbe dovuto morire prima, durante una pausa del processo. Colafigli che non gli aveva perdonato l'omicidio di Edoardo Toscano fremeva. Aveva preparato il laccio nel furgone dei Carabinieri. Era livido: "Stamattina je tocca". Lo fermai io. Fabiola Moretti, la mia ex compagna scrisse a Renatino: "Se te vuoi salvà mettite vicino a Nino". Lui eseguì, spaventatissimo. E io lo sfottevo: "Stà buono, non sudà". Forse così scemo non ero.

Pazzo?
Quando dividevo l'abitazione con Pasquale Belsito, un neofascista, lo vedevo sempre giocare con le bombe a mano. Io e Colafigli pippati di cocaina come scimmie eravamo terrorizzati. Se essere pazzi assomiglia a un'esistenza così, sì, lo sono stato. Mi sono anche divertito. Con Abbruciati andavamo a donne. A volte, sul più bello, lo baciavo in bocca, così per creare un diversivo. Ve li immaginate due delinquentoni come noi impegnati a scandalizzare le ragazze?

La banda oggi?
Quando ho visto la foto di Mokbel (l'imprenditore romano che avrebbe supportato l'elezione al Senato di Nicola Di Girolamo, ndr) sul giornale mi è preso un colpo. Gennaro era il mio guardaspalle. Con Roberto D'Inzillo mi veniva a prendere in moto ogni mattina. Ha fatto sue le tecniche della banda, ma il più pericoloso, il vero capo di Roma, è un altro.

Chi?
Una nostra vecchia conoscenza uscita sempre indenne dai processi. Andate a controllare e troverete il nome.

Come Flavio Carboni all'epoca della Magliana?
Non fatemi ridere. Carboni era patetico. Si travestiva con tacchi e parrucchino e faceva affari con Berlusconi. La prima volta che lo vidi però provai un sollievo assoluto. Se questo è il famoso Carboni, su Roma e sull'Italia comanderemo per tutta la vita.

C'è una morale in tutto questo?
Ho sempre diffidato delle morali e non sarei comunque la persona più adatta. Forse però aveva ragione Domenico Sica, l'ex alto commissario antimafia. Era certo che la Banda fosse più potente di Cosa Nostra e dei Servizi messi insieme. Non credo avesse torto.

 

Emanuela Orlandiantonio mancini detto accattonegenitori emanuela orlandiandreotti giulioMino Pecorelligiovanni paolo LARRESTO DI ANTONIO MANCINI jpegFlavio Carboni DePedis EnricoAldo MoroEMANUELA ORLANDI Franco Giuseppucci detto Er NegroANTONIO MANCINI DETTO ACCATTONE jpegANTONIO MANCINI DA GIOVANE jpegBANDA DELLA MAGLIANA roberto calviMAURIZIO ABBATINO PORTATO IN QUESTURA jpegLicio GelliIL CORPO DI ALDO MORO FOTO ANSA strage bolognamarcinkus-wojtylaFrancis Turatello e VallanzascaMichele Sindona

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....