A PECHINO, NON SI BUDDA VIA NIENTE! - XI JINPING SI AFFIDA ALLA RELIGIONE PER “MORALIZZARE” LA CINA

Ilaria Maria Sala per "La Stampa"

La campagna contro la corruzione portata avanti da Xi Jinping compie una svolta inattesa. Il presidente cinese ha chiamato in causa perfino il potere della religione allo scopo di portare maggiore moralità in un Paese che sembra aver perso alcuni parametri fondamentali.

Secondo alcune fonti citate dalla Reuters, Xi sarebbe ormai disposto a lasciare maggior spazio a quello che era fino a ieri «l'oppio dei popoli», e conta sulla sua influenza positiva per raddolcire gli animi, induriti da trent'anni di riforme economiche senz'altro credo se non quello del dio denaro.

In questo periodo ancora di assestamento della nuova amministrazione, entrata in carica lo scorso marzo, si assiste del resto a una serie di tentativi di riportare il timone in direzioni più gradite da ognuna dalle varie lobby e fazioni all'interno del potere cinese - e quella per una maggiore tolleranza religiosa starebbe ora facendo sentire la sua voce. Non tanto per improvvisa devozione, appunto, ma al fine tutto pragmatico di combattere crimine, corruzione e amoralità diffuse, tramite un timor di Dio vecchio stampo.

Xiao Wunan, direttore della Asia Pacific Exchange and Cooperation Foundation (Apecf), una Ong con il sostegno del governo centrale che si occupa in particolar modo di scambi con i Paesi e le comunità buddhiste, sostiene che il periodo maggiormente persecutorio nei confronti di religioni e culti sarebbe infatti terminato: «Xi Jinping ha forti simpatie buddhiste, come del resto l'intera sua famiglia - dice - e non è certo l'unico caso all'interno del Partito Comunista».

Come Xiao stesso, del resto, membro di Partito e fervente buddhista, che già da alcuni anni sta promuovendo la Cina come «il più grande Paese buddhista al mondo», per espandere il «soft power» cinese anche in un'area poco esplorata, come per l'appunto quella del buddhismo.

Secondo Reuters, potremmo dunque assistere presto a un progressivo rilassamento dei controlli più repressivi nei confronti delle tre religioni tradizionali cinesi - ovvero il buddhismo, cristianesimo e taoismo - ma, secondo altre fonti, anche nei confronti del cristianesimo qualcosa si starebbe muovendo.

«La Cina sta cambiando atteggiamento anche con la Chiesa cattolica», ha detto una fonte, «e comincia ormai a non sopportare più l'assenza di relazioni diplomatiche con il Vaticano: potremmo forse vedere le prime concessioni in occasione della nomina del vescovo di Shanghai».

Indiscrezioni a parte, però, le religioni che sono state esplicitamente menzionate fino ad ora non comprendono il cattolicesimo, ma si concentrano sulle tre religioni tradizionali. Si tratta però di un segnale notevole: sotto Jiang Zemin, infatti, e dal 1999 in poi, si sono avute le persecuzioni anti-religiose più forti degli ultimi anni, con la messa al bando del gruppo spirituale Falun Gong, e la scomparsa del Panchen Lama riconosciuto dal Dalai Lama, sostituito con un bambino approvato dal governo centrale.

Politiche che non sono state ripudiate sotto Hu Jintao, predecessore di Xi Jinping, e che potrebbero dunque essere ora sotto parziale riesame. «Maggiore apertura e repressione sono due facce della stessa medaglia», commenta Nicholas Bequelin, di Human Rights Watch: «In Cina, la religione è al servizio dello Stato. Se lo Stato decidesse di rilassare i controlli, lo farebbe solo per motivi pragmatici».

Xiao Wunan, del resto, sembra molto ottimista rispetto al futuro del buddhismo nel Paese, pur sottolineando che «in Tibet la situazione è diversa, e le tensioni potrebbero rimanere più a lungo».

 

Barack Obama e Xi Jinping si incontrano a SunnylandsBarack Obama e Xi Jinping si incontrano a SunnylandsLi Keqiang Manmohan Singh Li Keqiang Manmohan Singh WANG YEPING MOGLIE DI JIANG ZEMIN STRETTA DI MANO TRA HU JINTAO E JIANG ZEMIN jpeg

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