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TRUMPONOMICS - ALTRO CHE DISASTRO! DA QUANDO E’ STATO ELETTO “THE DONALD”, IL DOW JONES HA GUADAGNATO IL 9% - ORA PURE I CRITICI, TRA CUI IL NOBEL STIGLITZ, AMMETTONO: IL PROTEZIONISMO POTREBBE FUNZIONARE, ALMENO NEL BREVE PERIODO - LO SCENARIO DI UNA GUERRA COMMERCIALE CON LA CINA

Federico Rampini per “la Repubblica”

 

TRUMP 1TRUMP 1

Wall Street smentendo tutte le previsioni è in luna di miele con Donald Trump, da quando lui è stato eletto l' indice Dow Jones ha guadagnato il 9% e il solo settore della finanza "vale" ben 460 miliardi di dollari in più. Perfino un radicale di sinistra come il premio Nobel dell' economia Joseph Stiglitz offre a Trump una - sia pur limitata - apertura di credito: il suo protezionismo potrebbe funzionare. Almeno nel breve termine.

 

casa trumpcasa trump

Stiglitz ragiona così: i dazi e le barriere che immagina Trump contro Cina e Messico possono violare i trattati, ma prima che arrivino le sanzioni dei tribunali internazionali (Wto) gli Stati Uniti incasserebbero un miglioramento del loro deficit estero. Inoltre l' America dipende meno della Cina dalle esportazioni. In un braccio di ferro tra i due colossi dell'economia globale, è Pechino che ha più da perdere perché il suo modello di sviluppo nell' ultimo quarto di secolo è trainato dall' export, mentre l'America è il più grosso mercato aperto ai prodotti altrui.

 

JOSEPH STIGLITZJOSEPH STIGLITZ

Siamo nell'ambito delle ipotesi, delle simulazioni, della "teoria dei giochi" su mosse e contro-mosse di un'ipotetica guerra commerciale che alla fine potrebbe danneggiare tutti.

La stessa sospensione di giudizio - almeno da parte dei mercati - vale per l' altra ipotesi di lavoro di Trump: riducendo poderosamente le tasse alla fine si ridurrà il deficit pubblico, perché una crescita più forte arricchisce tutti, fisco incluso. Né bisogna preoccuparsi degli effetti redistributivi all' incontrario - la riduzione della pressione fiscale va a vantaggio delle imprese e dei ricchi - perché chi ha più mezzi investirà di più, creando lavoro e redditi per tutti gli altri.

 

trumptrump

Queste teorie risalgono ai tempi di Ronald Reagan, quando i guru del neoliberismo erano Milton Friedman e Arthur Laffer, le mode ideologiche si chiamavano "curva dell' offerta" e " trickle- down effect". Quest' ultimo, l' effetto-cascata, sta a dire che se aiuti i ricchi quelli investendo aiutano tutti gli altri e la loro prosperità si diffonde come tanti rigagnoli che scendono giù per la piramide sociale. In quanto alle finanze pubbliche, l' idea che un forte sgravio fiscale paradossalmente finisca col curare deficit e debito, fu contestata a destra dai rigoristi dell' austerity (George Bush padre la definì " Vodoo economics", una teoria economica degna degli stregoni e della magia nera).

 

La sinistra è un po' più possibilista: i tragici effetti dell' austerity europea dimostrano che l' ossessione per ripianare i deficit uccide la crescita. Trump non è un ideologo, può procedere sperimentando. E tastando il terreno con il Congresso, che avrà quasi sempre l' ultima parola. Per l' economia, a differenza che in politica estera, i poteri del presidente sono limitati. Le grandi leggi di bilancio, entrate o spese, devono passare attraverso Camera e Senato.

predicatore a wall streetpredicatore a wall street

 

Dove c' è una corrente repubblicana di falchi anti-deficit, che può creargli dei problemi se le prime mosse di Trump sono destabilizzanti per i conti pubblici. Però all' inizio dovrebbe esserci una luna di miele anche in sede parlamentare, la maggioranza repubblicana non vorrà mettersi subito di traverso al suo presidente. Il quale ha dimostrato di saper maneggiare la comunicazione meglio di tutti i suoi avversari.

 

L' effetto-annuncio è quello che lui sta saggiando dall' 8 novembre. Con i casi Carrier e Ford, è intervenuto personalmente su due multinazionali che stavano spostando fabbriche in Messico e oplà: i top manager si sono inchinati al futuro presidente, gli stabilimenti e i posti di lavoro restano in America. Fiat Chrysler a sua volta ha annunciato un miliardo di nuovi investimenti negli Usa.

 

toro wall streettoro wall street

Trump manovra abilmente minacce, promesse, lusinghe. Offre - sempre che il Congresso glielo approvi - un formidabile sconto della tassa sugli utili, dal 35% al 15%. Di che agevolare anche il rimpatrio di capitali da parte di tutte quelle multinazionali (Apple & C.) che li hanno parcheggiati all' estero. La torta in gioco, se si guarda all' insieme degli investimenti esteri diretti delle multinazionali Usa, è di 5.000 miliardi: basterebbe farne rientrare una frazione e già sarebbe un bel colpo.

 

Il castigo per chi non sta al gioco sono dazi punitivi, fino al 35%. Probabilmente illegali, ma se il bluff funziona, forse basta agitare lo spauracchio. Nell' elenco dei favori promessi alle imprese c' è la bandiera classica della destra liberista, la deregulation. Anche finanziaria, donde l' esultanza di Wall Street. E con un forte accento sulla sua dimensione energetica e ambientale: Trump ha più volte denunciato le politiche di Obama contro il cambiamento climatico come una persecuzione dell' industria americana.

 

WALL STREETWALL STREET

Lui vuole tornare alla massima libertà di uso delle energie fossili di cui gli Stati Uniti abbondano. Il piano di investimenti in infrastrutture è la cosa più "di sinistra" che lui ha promesso di fare: Hillary Clinton e Bernie Sanders lo volevano anche loro. È anche una cosa di buon senso, vista la tremenda decrepitudine di aeroporti, autostrade, ferrovie, rete elettrica. Il problema è il costo. Mille miliardi di investimenti, sia pure in parte privati (ma con sgravi fiscali e quindi a carico del contribuente), saranno uno dei bocconi indigesti da far digerire al Congresso repubblicano.

hillaryhillary

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