NE’ CON LO STATO, NE’ CON I NO TAV - DA DON CIOTTI A CACCIARI, UN CORO DI CONDANNE A SABOTAGGI E “ATTENTATI” AI CANTIERI

1 - DON CIOTTI: "OPERA INUTILE MA SONO A FIANCO DI POLIZIA E PM"
Da "La Stampa"

«Libera non appartiene ad alcuna bandiera politica e non accetta strumentalizzazioni. È mossa da un solo interesse: quello del bene comune». Così in una nota don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ribadisce «con forza» la posizione dell'Associazione in relazione agli episodi avvenuti in Val di Susa, ai cantieri della Tav.

Libera è contro la violenza in qualsiasi forma si eserciti e manifesti (come non potrebbe, dato il suo impegno contro le mafie?), ed è a fianco della magistratura e delle forze di polizia nella loro opera di prevenzione e repressione dei reati. Così come è solidale con imprese e operai che hanno subito danneggiamenti e intimidazioni».

La Valsusa, osserva don Ciotti, «è una comunità di persone perbene, generose, trasparenti, che esprimono un dissenso civile. Non devono essere confuse con i violenti, con chi strumentalizza il movimento No Tav (che ha anche legittime ragioni) per altri scopi». «Restano, in tutto ciò, molti dubbi sull'utilità e la sostenibilità economica dell'opera, a maggior ragione in un momento come questo.

La priorità oggi - ammonisce il presidente di Libera - devono essere gli investimenti per il lavoro, per la scuola, per i servizi, ossia per la libertà e la dignità delle persone. Accorciare le distanze materiali senza ridurre quelle sociali ed economiche, significa mettere a grave rischio la tenuta della democrazia».


2 - "ORA BASTA, LA DEMOCRAZIA NON È UN'ASSEMBLEA PERMANENTE"
Simonetta Fiori per "La Repubblica"

«Le decisioni in democrazia si rispettano, esattamente come le sentenze. Il Tav è un'opera sbagliata, inutilmente costosa e non risolutiva? Grandi esperti lo sostengono. Ma giustificare la legittimità del sabotaggio, come hanno fatto alcuni intellettuali, mi sembra puro delirio».

Perché professor Cacciari?
«Perché la democrazia non è un'assemblea permanente. Esistono determinate procedure e a quelle devi stare. Se una grande opera non ti piace, cerchi di contrastarla in tutti i modi contemplati dalle istituzioni democratiche, con pareri tecnici argomentati e nelle sedi più opportune. Ma poi, anche se non ti convince, la decisione va rispettata».

La disobbedienza civile, il sabotaggio: sono lontani dai suoi orizzonti.
«Una follia. E, soprattutto, mi sembrano questioni irrilevanti».

Ieri notte sono saltati sette automezzi.
«Ma tenderei a escludere che Gianni Vattimo o Erri De Luca possano approvare un gesto del genere. Non c'entrano niente con questi atti di violenza».

No, certo. Predicano però la coerenza tra il dissenso e l'azione. Un terreno scivoloso.
«Sbagliano. Ma sa qual è l'errore più clamoroso? La vera questione culturale e teorica che ci divide profondamente sta altrove: ossia nella strana idea - da questi intellettuali da sempre coltivata - che la democrazia sia un dibattito infinito. Un'assemblea permanente in cui ogni cosa venga rimessa costantemente in gioco. È una filosofia politica molto diffusa, che ha portato alla cultura dei veti incrociati. Una filosofia opposta alla mia».

Non c'è spazio per il dissenso o il conflitto?
«Ma certo che pratico il dissenso. Fin quando posso, come mi è capitato con il Mose. Poi però accetto la decisione definitiva. Sennò cosa faccio, mi metto a sparare?».

Esiste una casistica della violenza? Fino a che punto può arrivare la disobbedienza civile?
«Tagliare una rete con le cesoie è cosa diversa dal far saltare una betoniera. Ma non voglio entrare in questo terreno, che non mi interessa. Se poi allarghiamo il discorso alla legittimità della violenza, talvolta è necessaria: contro le dittature o contro il gas nervino di Assad».

Qui stiamo parlando di Tav, non di Hitler.
«E allora torniamo alla obbligatorietà delle procedure. L'opera non mi piace. Ma governi di diverso orientamento politico l'hanno approvata. E bisogna prenderne atto. Chi predica il sabotaggio sbaglia».

 

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