SORCI VERDINI - DOPO AVER SILURATO LA VECCHIA GUARDIA DEI BERLUSCONES (SCAJOLA, BONDI E BONAIUTI) IL CERCHIO MAGICO PASCALE-TOTI-ROSSI PROVA LA SPALLATA FINALE: SFANCULARE VERDINI E CON LUI GLI ACCORDI CON RENZI

Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"

Il cerchio magico vuole abbattere Denis Verdini. Per ottenere la sua testa, i nuovi pretoriani del Cavaliere martellano il patto sulle riforme siglato con Matteo Renzi, di cui il potente ras toscano è artefice e garante. Già mesi fa fu protagonista di un epico scontro notturno con Francesca Pascale a Palazzo Grazioli. E giovedì, ascoltate le parole del Cavaliere a Porta a Porta, non ha trattenuto l'amarezza: «Berlusconi terrà fede all'intesa, nonostante continuino a spingerlo verso la rottura - si è sfogato in privato - E per me, in ogni caso, quell'intesa resta valida».

Tira un'aria pessima, nella nuova sede di piazza San Lorenzo in Lucina. Tutti sognano una rimonta che sembra impossibile, sbattendo il muso contro sondaggi che per adesso restano infausti. E il cerchio magico, dopo aver collezionato scalpi importanti come quelli di Claudio Scajola, Sandro Bondi e Paolo Bonaiuti, continua a marcare stretto Berlusconi.
Abbattere Verdini, in fondo, significa conquistare una volta per tutte il controllo del ponte di comando. «Lascialo andare via, Silvio», suggeriscono.

È una sfida giocata a tutto campo, strattonando il Cavaliere per costringere in un angolo il dirigente toscano. Come l'altro ieri, quando il board politico composto da Giovanni Toti e Renato Brunetta, Deborah Bergamini e Paolo Romani si è ritrovato a Palazzo Grazioli per caricare Berlusconi in vista del passaggio tv con Bruno Vespa. Il risultato? Un violento gancio alle riforme di Renzi e un paio d'ore di gastrite per Verdini. Il quale, poco più di un mese fa, aveva già minacciato l'addio. E, in privato, continua a non sbilanciarsi: «Ogni valutazione è rimandata a dopo le Europee».

Se si dà retta al Mattinale stilato dallo staff di Brunetta, però, tutto sembra già deciso. La nota politica chiudeva ieri la porta alle riforme, arrivando a dipingere il premier come
il "Peròn de noantri". Toni che risuonano ascoltando anche il senatore Augusto Minzolini, acerrimo nemico del "Grande patto": «Ma cosa significa rispettare gli accordi? Sigliamo intese e poi, come accadde per la legge Severino, ci pentiamo amaramente... Stavolta non sarà così. E Renzi non minacci elezioni anticipate, perché si voterebbe con il proporzionale puro: è una pallottola spuntata».

Non manca, però, la fazione favorevole alle riforme. E arruola al suo interno frammenti azzurri che orbitano attorno a Verdini. «Per me - ha spiegato ieri in tv il deputato Ignazio Abrignani - il Presidente da Vespa è stato chiaro: rispetteremo l'accordo con Renzi». Vicini al dirigente toscano sono i parlamentari di Nicola Cosentino e parecchi altri senatori meridionali. Senza dimenticare Gianfranco Rotondi, che ha in mente gruppi autonomi con i delusi del Nuovo centrodestra. Attendendo il 26 maggio come il giorno del giudizio, poi - di fronte a un risultato deludente - molleranno gli ormeggi per difendere la vita delle riforme e della legislatura.

E sempre nel Mezzogiorno l'ala sudista guidata da Raffaele Fitto prepara la resa dei conti interna. «Almeno qui dovremmo resistere all'avanzata di Grillo - profetizza Clemente
Mastella - ma al Nord corriamo rischi seri». Oltre a Fitto - che punta a quadruplicare le preferenze di Toti - lavorano per spostare gli equilibri del partito a suon di consensi anche il calabrese Pino Galati, Forza Campania, Noi Sud. Il giorno dopo il voto presenteranno il conto, reclamando per il big pugliese un posto chiave nel partito o la poltrona di capogruppo della Camera su cui siede Brunetta.

 

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