L’ITALIA? È COME POMPEI (SE NON PEGGIO) - DOPO I CROLLI E I FURTI, GLI SCIOPERI SELVAGGI: GLI SCAVI SONO LA PERFETTA METAFORA DEI DIFETTI DEL NOSTRO PAESE: BUROCRAZIA OPPRIMENTE, SERVIZI DA QUARTO MONDO, LOBBY RAPACI E MANCANZA ASSOLUTA DI REGOLE

Tomaso Montanari per "il Fatto Quotidiano"

 

Pompei è la nostra grande Prova d’Orchestra, il luogo giusto per capire l’Italia di oggi, con tutto il suo groviglio di contraddizioni. Dopo il rosario di crolli causato dalle piogge monsoniche di questa primavera, dopo i furti a orologeria, ecco che in questi giorni è stato il turno delle agitazioni sindacali selvagge, che hanno lasciato migliaia di cittadini e turisti fuori dai cancelli degli scavi. Un clamoroso autogoal mediatico, che ha costretto Raffaelle Bonanni a commissariare la Cisl di Pompei.

CROLLI A POMPEI CROLLI A POMPEI

 

Al tempo stesso, tuttavia, Pompei è l’unico sito italiano che ha tutti i soldi di cui ha bisogno: 105 milioni del cofinanziamento europeo, un decimo abbondante del ridicolo bilancio di tutto il patrimonio culturale italiano. E, ulteriore paradosso, ora Pompei ha una linea di comando che funziona: il direttore del Grande Progetto Pompei è Giovanni Nistri, un generale dei carabinieri che impedisce le infiltrazioni camorristiche.

CROLLI POMPEI CROLLI POMPEI

 

Il soprintendente è Massimo Osanna, un ottimo archeologo con importanti esperienze internazionali. E, sia detto per inciso, non c’è alcun bisogno dei poteri commissariali in stile Protezione Civile previsti dal Decreto Franceschini, ora in Parlamento: poteri pericolosi perché ontologicamente criminogeni, come testimoniano l’Expo e il Mose, e comunque incompatibili con un finanziamento europeo.

DARIO FRANCESCHINI E MICHELA DI BIASE FOTO LAPRESSE DARIO FRANCESCHINI E MICHELA DI BIASE FOTO LAPRESSE

 

Ora a Pompei c’è un piccolo, ma eccezionale, gruppo di giovani archeologi e architetti assunti (grazie all’allora ministro Giancarlo Galan: è giusto riconoscerlo) in deroga allo scellerato blocco del turn over. Ora gli scavi sono puliti, i cani randagi sono spariti, il celeberrimo mosaico del Cave canem è stato restaurato, molte domus sono sul punto di riaprire. Si respira un’aria nuova, a Pompei: e si capisce che basterebbe poco, pochissimo, perché il simbolo dello sfascio italiano si trasformasse nel simbolo della rinascita. E senza ‘mecenati’, sponsor, speculatori, privati for profit, protettori, papponi.

 

E allora, cos’è che non va? Senza ironia, si potrebbe dire che non va il fatto che Pompei sia in Italia. Nel senso che a Pompei si amplificano e diventano visibilissimi tutti i difetti del nostro sistema. A cominciare da ciò che circonda gli scavi: i trasporti (la Circumvesuviana ha treni e tempi che sarebbero inaccettabili in Bangladesh), la ristorazione (gestita da Autogrill, e in effetti sembra di essere a un casello), i servizi in genere.

DARIO FRANCESCHINI E MICHELA DI BIASE FOTO LAPRESSE DARIO FRANCESCHINI E MICHELA DI BIASE FOTO LAPRESSE

 

E poi la dinamica del lavoro. Certamente la linea scelta dai sindacati è sbagliata, autolesiva, a tratti irresponsabile. Ma è pure vero che non hanno torto quando denunciano un eccessivo carico di lavoro, ritardi nei pagamenti , una gestione assurda degli orari di lavoro.

 

Ora, se Pompei è così importante (anche mediaticamente) è possibile che il ministro per i Beni culturali non trovi il modo di affrontare e risolvere questi problemi, non certo insormontabili? Se, al contrario, si rinuncia a ogni concertazione il risultato sarà inevitabilmente un muro contro muro. E il fatto che ieri Dario Franceschini abbia annunciato di voler ricorrere alla precettazione anche nel patrimonio culturale è davvero un pessimo segnale: abbiamo drammaticamente bisogno di governo, non di repressione.

 

Tra l’incapace burocrazia ministeriale romana e i sindacati, chi rischia di essere stritolato è il soprintendente, con il suo staff. Per questo Massimo Osanna dovrebbe forse quantificare una volta per tutte il reale fabbisogno di Pompei: di quanti custodi, di quanti turni, di quanti straordinari il sito ha bisogno? E di quanti manutentori qualificati (mosaicisti, giardinieri, operai specializzati...)? E di quanti ingegneri, architetti, archeologi? Qual è l’organico giusto perché Pompei funzioni come si deve? Di fronte a ogni sciopero pompeiano l’opinione pubblica si chiede se siamo di fronte a una specie di racket o alla sacrosanta difesa di diritti violati: ebbene, il soprintendente Osanna può rendere immediatamente noti questi numeri, mettendo così le parti (ministero e sindacati) di fronte alla realtà.

giancarlo galan presenta la sua difesa alla camera 2giancarlo galan presenta la sua difesa alla camera 2

 

Una realtà che non dovrebbe più consentire giochi delle parti e scaricabarile. Qualche mese fa il Mibact ha dovuto ammettere di non sapere nemmeno quanti siano i lavoratori precari cui ricorre per tenere aperto il patrimonio italiano : questo è il contesto drammatico in cui valutare il caso macroscopico di Pompei. Ed è per questo che l’esito della prova d’orchestra in corso a Pompei non riguarda solo il patrimonio culturale, ma tutto il Paese.

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