
DOPO I RAPPORTI GELIDI DEGLI ULTIMI ANNI, MACRON E MELONI SONO COSTRETTI AD ANDARE D’ACCORDO PER FAR CAPIRE A TRUMP CHE L’UE NON È SPACCATA SULL’UCRAINA E I DAZI. LA PAURA DI ENTRAMBI IN VISTA DEL VERTICE NATO DELL’AJA È CHE IL PRESIDENTE USA SI SFILI E L’EUROPA SI RITROVI DA SOLA - TRA MACRON E MELONI, FINITI A STRACCI SULLE MODALITÀ DI MEDIAZIONE CON TRUMP, SI SAREBBE DISCUSSO ANCHE DEI SATELLITI DI ELON MUSK E DELL'ACCORDO ANCORA NON CONCLUSO TRA IL GOVERNO DI ROMA E STARLINK. SGANCIARSI DEFINITIVAMENTE O NO DAL MILIARDARIO KETAMINICO È ORA IL BIVIO DI FRONTE AL QUALE SI TROVA MELONI. LA TRIANGOLAZIONE CON PARIGI E BERLINO PER UN SISTEMA SATELLITARE (SUL MODELLO DI IRIS 2) ALTERNATIVO A STARLINK – LA RICERCA DI UNA CONVERGENZA ANCHE SULLA LIBIA…
Tommaso Ciriaco e Anais Ginori per repubblica.it - Estratti
macron meloni incontro a palazzo chigi
Bastano pochi istanti per ritrovarsi d’accordo su un punto: il vertice Nato dell’Aia rischia di trasformarsi in un incubo. Faccia a faccia nel chiuso di Palazzo Chigi, Emmanuel Macron e Giorgia Meloni devono fare i conti con una realtà allarmante. Una fetta rilevante del destino dei rapporti transatlantici e delle prospettive dell’alleanza si giocherà nei prossimi venti giorni: prima al G7 in Canada, poi appunto al summit in Olanda. Donald Trump rischia di sfilarsi, l’Europa potrebbe ritrovarsi da sola. Per questo, studiano a lungo durante il bilaterale la strategia migliore per tenere a bordo il Presidente Usa. Non può, non deve sfilarsi.
«A tutti i costi», convengono. E però, l’Europa deve prepararsi ad ogni scenario. Tradotto: non c’è altra strada che rafforzare il pilastro continentale della Nato. Mostrando che le principali capitali lavorano assieme. E che sono pronte a difendersi assieme, se necessario.
elon musk e donald trump nello studio ovale
In pochi giorni è cambiato lo scenario. I due leader ora si giurano «rispetto reciproco» e pianificano nuovi incontri (al 50% è data la missione della premier a Nizza, il prossimo 10 giugno). Non si tratta più tanto di costruire convergenze sull’invio di truppe in Ucraina o sull’addestramento di militari di Kiev sul terreno, opzioni che tanto hanno fatto litigare i due leader.
macron meloni incontro a palazzo chigi
Tutto, adesso, ruota attorno a un messaggio politico che il francese consegna alla premier: «Restiamo uniti, è l’unica cosa che conta. Nelle modalità che ritieni migliori». Significa: come Germania e Polonia, anche l’Italia partecipi alle riunioni dei volenterosi, scegliendo fin dove spingersi. «Siamo ben consapevoli — sottolinea — che ogni Paese ha le sue dinamiche di politica interna da rispettare». Ad esempio, Roma potrebbe contribuire anche solo alla logistica dell’addestramento dei soldati ucraini. Conta, appunto, mostrarsi compatti: contro i russi. E per far capire a Trump che l’Unione non è spaccata. La presidente del Consiglio concorda: «Dobbiamo stanare i russi». Mostrare che è Putin a boicottare la pace.
elon musk riceve la chiave della casa bianca da donald trump
La paura condivisa da Macron e Meloni è esattamente questa: il disimpegno della Casa Bianca. Uno spettro che agita da un paio di settimana Roma e Parigi. E che ha un preciso momento di svolta, che ha cambiato il corso della storia. Tutto nasce dopo il summit di Tirana. È il 19 maggio. Trump sente di nuovo al telefono i volenterosi e coinvolge anche l’Italia, dopo giorni di tensione. A un certo punto del colloquio, il tycoon attacca frontalmente il francese. Gli imputa errori nelle politiche migratorie, allarga la critica all’Europa intera. Sostiene che la situazione è «fuori controllo» e starebbe spingendo diversi Paesi Ue «sull’orlo del collasso». La reazione di Macron, riferisce una fonte informata, è aspra: «Donald, non puoi permetterti di insultare le nostre nazioni». Da quel momento, il gelo. Nessun nuovo contatto tra Macron e Trump, nelle due settimane successive. Nei resoconti diplomatici delle cancellerie, però, il contenuto della telefonata circola. Allarma per toni e modi. E alimenta il dibattito su come reagire.
(…) Ma sul tavolo condiviso tra i due Paesi c’è però anche un altro nodo sensibile: la sicurezza dello spazio. Macron e Meloni ne discutono a lungo. Da mesi, Palazzo Chigi avrebbe avviato contatti anche con la francese Eutelsat per la fornitura di sistemi di comunicazioni satellitari sicuri. Si tratta dell’alternativa europea a Space X di Musk. Ma adesso i due leader vanno oltre e mostrano disponibilità a lavorare insieme per verificare la possibilità di costruire un consorzio satellitare dei big Ue (sul modello di Iris 2), che includa anche la Germania. Potenzialmente, una svolta che piace a Bruxelles.
E pure sulla Libia c’è molto da fare. Per non lasciare «campo libero» a turchi e russi. I due progettano dunque un input politico da consegnare alle rispettive intelligence: gli apparati, infatti, continuano a duellare — o a collaborare poco — ignorando la tregua di necessità decretata da Roma e Parigi.
INCONTRO MACRON - MELONI
Ilario Lombardo per la Stampa - Estratti
L'incontro dura quasi quattro ore. Una misura extralarge secondo il metro della diplomazia. E basta solo questo a rendere l'idea di quanto pesi il bilaterale della tregua tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron.
La premier italiana scherza con i fotografi sull'attesa che circonda questo evento.
Poi quando arriva il presidente gli abbracci, i sorrisi e le strette di mano a favore di flash, si fanno calorosi. Così devono apparire. Quattro ore sono un tempo infinito, adatto a ricucire ferite antiche e nuove. E utile per affrontare l'agenda fitta di temi comuni. E con in cima un timore, che ha un nome e un cognome: Donald Trump.
Più volte nel comunicato congiunto finale si parla di coordinare gli sforzi. Ma verso la fine c'è un passaggio in cui si esplicita l'impegno comune «per coordinare le proprie posizioni in tema di relazioni transatlantiche, nonché sulla sicurezza economica e commerciale dell'Unione Europea».
(...)
La trama di questi mesi segnati da tensioni e liti tra i due leader europei va riscritta. Tutti e due, di fronte al tornado politico che proviene da Washington, si dicono pronti a lavorare per «un'Europa più sovrana, più forte e più prospera, soprattutto orientata alla pace e capace di difendere i propri interessi e di proteggere i propri cittadini».
Il francese vuole che l'italiana possa entrare nel gruppo dei cosiddetti Volenterosi, superando le resistenze dettate dall'insofferenza verso l'attivismo del capo dell'Eliseo, ma anche da una forte pressione interna della Lega di Matteo Salvini e dalla necessità di mantenere un consenso alto in un Paese dove l'opinione pubblica non vuole sentire parlare di militari italiani inviati in Ucraina. Il comunicato evita appositamente gli argomenti più spinosi e divisivi. Non si parla di formati, anche se nel faccia a faccia se n'è discusso.
emmanuel macron giorgia meloni foto lapresse
Secondo Macron il ventaglio di possibilità è ampio e le soluzioni alternative non mancano per l'Italia. Il governo Meloni è fisso su un'idea: soldati italiani potranno essere coinvolti solo sotto mandato dell'Onu, nel caso di un cessate il fuoco che renderebbe necessaria una forza di interposizione vicina alla linea di contatto del Donbass. Se Parigi e Londra, come sembra, invieranno truppe per addestrare gli ucraini nelle retrovie, cioè nella parte più occidentale dell'Ucraina, l'Italia potrebbe fornire supporto attraverso logistica e mezzi, seguendo l'esempio di Germania e Polonia. «Il sostegno incrollabile e senza esitazioni di Francia e Italia a Kiev» resta tale. Ed «è ancora più necessario per raggiungere una soluzione equa e duratura, presupponendo un ambizioso cambiamento di scala nella difesa europea, sia in termini di investimenti che di sostegno alla difesa industriale e tecnologica europea». Parigi e Roma su questo sono più vicini di quanto si pensi, anche e soprattutto per trovare meccanismi meno gravosi sul piano fiscale per finanziare il riarmo comune.
L'ideazione dei Volenterosi ha innanzitutto un significato politico, Meloni chiede di tenere agganciati gli americani. Macron, in fondo, vuole lo stesso. Quello che bisogna capire è come. Il "backstop" degli Usa, lo scudo di deterrenza, con satelliti, intelligence, navi e mezzi aerei, è ancora da definire. E da questo passa anche un dossier molto delicato, soprattutto per l'Italia.
Tra Macron e Meloni si sarebbe discusso infatti – tra partnership nell'automotive, nella siderurgia e nell'energia nucleare – anche dei satelliti di Elon Musk e dell'accordo ancora non concluso tra il governo di Roma e Starlink. Macron, come i massimi vertici a Bruxelles, spingono per non indebolire il piano europeo, chiamato Iris 2, affidato lo scorso ottobre a un consorzio a cui partecipano anche la francese Eutelsat, ma che coinvolge anche Thales e l'italiana Leonardo. Sganciarsi definitivamente o no da Musk è ora il bivio di fronte al quale si trova Meloni. In questi mesi le distanze con Macron hanno riguardato le modalità di mediazione con Trump.
GLI AFFARI DI ELON MUSK IN ITALIA
Ma su tutte le polveriere internazionali c'è la convinzione di operare il più possibile trovando una convergenza. In Libia, per esempio, dove Macron e Meloni hanno discusso di come andare oltre la competizione di sempre per contrastare l'avanzata della Russia, che sta costruendo un avamposto militare sulla costa libica. Oppure in Medio Oriente. Il piano di riconoscimento della Palestina che Macron, d'accordo con l'Arabia Saudita e l'Indonesia, realizzerà durante una conferenza Onu a New York, non trova per ora allineato il governo Meloni. Ma è un passo che potrebbe spingere altri Paesi a fare altrettanto.
giorgia meloni emmanuel macron foto lapresse
il progetto starlink di elon musk
von der leyen macron meloni
emmanuel macron e giorgia meloni foto lapresse