fico patuanelli

CHI DOPO LUIGINO? - OGGI, PER LA PRIMA VOLTA, IL PARTITO PUÒ ESSERE SCALATO - LE TRUPPE PARLAMENTARI VOGLIONO RIBALTARE GLI ORGANIGRAMMI DEL POTERE, PRONTE A OSTACOLARE IL RITORNO DI DI MAIO - CHI GLI REMA CONTRO SONO I "GOVERNISTI" CAPEGGIATI DAL MINISTRO PATUANELLI, CHE SPINGE PER ENTRARE NEL CAMPO DEL CENTROSINISTRA. SULLA STESSA LINEA LE TRUPPE DI ROBERTA LOMBARDI, QUELLE DI PAOLA TAVERNA E DEGLI ORTODOSSI DI FICO - E DI BATTISTA? TACE…

Federico Capurso e Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

luigi di maio foto di bacco (3)

Il regolamento prevede che il reggente avvii la scelta del successore entro trenta giorni dalle dimissioni del capo politico. Dunque, entro fine febbraio. È evidente, però, che si troverà il modo di fissare la data dell' elezione dopo gli Stati Generali, lasciando Vito Crimi al suo posto con una "deroga" da far approvare all' assemblea dei parlamentari nelle prossime settimane.

 

Così ha deciso Luigi Di Maio, come svela lui stesso dicendo che nel grande summit che ci sarà a metà marzo si parlerà del «cosa», della nuova Carta dei valori del Movimento, di «progetti e temi». Subito dopo, aggiunge, «come già d'accordo con Vito, passeremo al chi». Uno sdoppiamento in due fasi che non avrebbe senso, se non per la chiara strategia di evitare di trasformare gli Stati Generali in un vero e proprio congresso, fatto di mozioni e volti sui quali far votare gli iscritti. Di Battista tace, distante.

 

stefano patuanelli foto di bacco (2)

Ma quando al Tempio di Adriano si riaccendono le luci che illuminano gli occhi pieni di commozione, sono tanti, tutti forse, a pensare la stessa cosa: non è stato un discorso di addio, ma di arrivederci. «Non ci penso per nulla a mollare! Si chiude soltanto una fase e ci vediamo agli Stati generali, dove porterò delle idee. Ci sarò sui territori, ci sarò al lavoro per l' Italia, ci sarò per tutti coloro che avranno bisogno di sostegno. Ci sarò e non mollerò mai». Il discorso rivendica un passato, ma costruisce soprattutto una mappa per il futuro, con un programma, una linea politica più moderata, sulla quale edificare un ritorno.

di maio appendino

 

Lo sanno i semplici parlamentari, anche chi lo ha osteggiato, e lo sanno i ministri che lo hanno criticato quando si è fatto trascinare dalle sue passioni sovraniste. Ma lo sanno soprattutto i suoi collaboratori che hanno ben chiaro il suo disegno e non lo nascondono.

«Ora vediamo cosa sono in grado di fare senza di me».

 

È la scommessa dei pop corn: aspettare, far emergere le lacerazioni del Movimento e la sua ingovernabilità, dimostrare che un' alternativa non c' è e, a quel punto, forse già dopo le Regionali di maggio, tornare. Come, però? Nessuno nel partito, dai vertici fino all' ultimo dei peones, vuole un nuovo capo politico. Da quello che filtra, il progetto condiviso da più parti sarebbe quello di estendere a un organo collegiale la leadership del M5S.

beppe grillo con gianroberto e davide casaleggio

 

Di Maio vorrebbe farlo coinvolgendo prima di tutto Chiara Appendino, la prima cittadina di Torino. C' è stato un passaggio, nel discorso, indicativo delle sue intenzioni. Quando ha parlato dei sindaci del M5S sul fronte quotidiano dell'amministrazione. È a lei che pensava, a lei si è sempre sentito affine per i modi, il pragmatismo, quella moderazione istituzionale dalla quale lui, però, qualche volta ha sbandato.

emanuele dessi'

 

Eppure, quella che si apre di fronte a Di Maio è una terra inesplorata. Il Movimento 5 stelle è sempre stato una monarchia, dove le decisioni venivano prese da Gianroberto Casaleggio prima, Beppe Grillo poi, fino alla sua elezione a capo politico senza sfidanti, due anni e quattro mesi fa. Oggi, per la prima volta, il partito può essere scalato. E questo Di Maio lo sa. Un assaggio di quel che potrebbero essere gli Stati generali lo ha già avuto nelle ultime settimane. Le truppe parlamentari che vogliono ribaltare gli organigrammi del potere sono uscite allo scoperto, pronte a contarsi e ad ostacolare il tentativo di un suo ritorno. Insomma, stanno nascendo le correnti, come in ogni buon partito.

 

lombardi ruocco taverna

C' è chi lo dice chiaramente, come il deputato Giorgio Trizzino («le correnti non sono un veleno. Possono essere una risorsa») e chi, come i dissidenti del Senato capeggiati da Emanuele Dessì, lo dice tra le righe: «Non vogliamo creare una corrente per avere potere». Potere forse no, ma raccogliere firme, pesare, rivoluzionare il partito, quello sì.

 

I malpancisti di Camera e Senato non preoccupano però Di Maio. Chi mette davvero in pericolo la realizzazione del suo progetto sono i big che remano in una direzione opposta alla sua. Come i "governisti" capeggiati dal ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, sempre più idolo dei parlamentari, che spinge per entrare stabilmente nel campo del centrosinistra. Sulla stessa linea ci sono anche le truppe di Roberta Lombardi, quelle di Paola Taverna e degli ortodossi di Roberto Fico. Tutti con sfumature diverse, però, e che pesano, perché su quelle si alimenterà la corsa alle poltrone in palio nel futuro organo collegiale.

roberto fico corrucciato

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